Ai sensi dell’art. 540, co 2, cc, al coniuge supestite è riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, in aggiunta alla quota che gli è riconosciuta sul patrimonio del de cuius.
Il presupposto perchè sorgano a favore del coniuge supestite tali diritti è che la suddetta casa e il relativo arredamento siano di proprietà del de cuius o in comunione tra lui e il coniuge, con la conseguenza che deve negarsi la configurabilità dei descritti diritti nell’ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto e un terzo (Cass. 6691/2000).
La ratio della norma è quella di evitare che gli altri eredi possano estromettere il coniuge sopravvivente dalla casa che era adibita a residenza familiare.
Per tale finalità, i diritti di abitazione e di uso dei mobili che l’arredano hanno ad oggetto la casa coniugale, ossia quella che in concreto era adibita a residenza familiare, e non quella ove i coniugi, prima del decesso di uno di essi, avrebbero voluto fissare la residenza della famiglia.
Il coniuge che continua ad abitare la casa di abitazione coniugale in comune proprieta`, dopo la morte dell`altro (coniuge), anche per la quota di questo, in forza del diritto di abitazione che e` a lui riservato dall`art. 540 cod. civ., acquista il possesso solo rappresentativo della quota trasferita in proprieta` agli eredi del coniuge deceduto i quali, conseguentemente, subentrano egualmente, ai sensi dell`art. 1146 cod. civ., nel possesso del bene senza necessita` di materiale apprensione (Cass. 5731/1994).
Emiliana Matrone