Il proliferare di tribunali internazionali ha incentrato l’attenzione sulla questione della procedura internazionale.
Il processo celebrato dinanzi alle varie corti internazionali permanenti nonché davanti a gran parte degli organi arbitrali e dei tribunali ad hoc presenta un notevole grado di omogeneità.
Si è affermato che la procedura internazionale si basa su alcune norme fondamentali che sono essenziali al corretto esercizio della funzione giurisdizionale.
Tali norme stabiliscono gli “standards procedimentali minimi” applicabili al processo internazionale e si traducono in regole basilari che ciascun tribunale deve rispettare non meno di quanto esso sia tenuto all’osservanza delle disposizioni del proprio statuto.
Come è noto, la disciplina del processo internazionale deriva in larga parte dall’istituto dell’arbitrato.
La procedura arbitrale si caratterizzava, inizialmente, per la sua notevole elasticità, fortemente influenzata dalla sua origine transattiva e diplomatica.
In una fase successiva, le regole di procedura si svilupparono in via consuetudinaria mano a mano che gli Stati cominciarono a far ricorso in maniera più frequente alle commissioni miste ed ai tribunali arbitrali.
Si registrò, dunque, una chiara tendenza verso la progressiva istituzionalizzazione della procedura arbitrale, soprattutto attraverso le elaborazione di regole procedurali accettate in via convenzionale.
Si iniziò, pertanto, a concepire ed organizzare una procedura strettamente contraddittoria, caratterizzata dalla presenza di rappresentanti delle parti, dalla previsione di una fase orale, dallo scambio di memorie e contro-memorie, dall’obbligo di motivare le sentenze.
Svariati sono stati i tentativi di pervenire all’elaborazione di un codice di procedura arbitrale.
Il principale progresso, in questo campo, è costituito dal ravvicinamento delle procedure arbitrali a quelle applicate dalle corti permanenti.
Nella Convenzione dell’Aja del 1928 è, quindi, possibile rinvenire una prima enunciazione delle regole procedurali applicabili all’arbitrato internazionale.
Alla Convenzione dell’Aja ha fatto seguito un ulteriore tentativo di sistemazione della materia, intrapreso, nel corso degli anni Cinquanta, dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite.
Il progetto enunciava alcuni principi fondamentali, in tema di procedura, cha la Commissione riteneva ormai consolidati o che auspicava potessero ottenere un riconoscimento generalizzato ed univoco da parte degli Stati.
Il principio dell’uguaglianza delle parti, accolto dalla dottrina internazionalistica e dalla prassi arbitrale, trova diverse conferme nelle disposizioni degli statuti e regolamenti dei tribunali internazionali.
Esso è inteso ad assicurare alle parti il godimento di pari diritti di natura procedurale. Difatti, il principio in esame si sostanzia nella garanzia di godere delle medesime opportunità offerte dalla procedura, ivi inclusa la possibilità di sottoporre al giudice le proprie argomentazioni, presentare scritti difensivi e prove negli stessi termini, produrre lo stesso numero di atti processuali, disporre dello stesso tempo utile ad esporre il proprio punto di vista nel corso della fase orale in contraddittorio con la controparte, avere pari diritto di replica.
Il principio del consenso si riferisce al fatto che l’obbligo di uno Stato sovrano di comparire dinanzi un tribunale internazionale dipende direttamente o indirettamente dalla sua volontà, sicché solo l’accordo delle parti è idoneo ad istituire la giurisdizione dell’organo e a conferirgli la necessaria competenza ad esaminare e risolvere la controversia.
In base al principio della competence-competence, in caso di dubbio o di contestazione, il giudice internazionale ha il potere di stabilire quali siano i limiti della propria competenza nel caso concreto.
In applicazione del principio jura novit curia, il giudice chiamato a risolvere una controversia in base al diritto internazionale procede autonomamente alla rilevazione ed applicazione delle norme internazionali pertinenti al caso di specie, indipendentemente dalle tesi giuridiche proposte dalle parti.
Il principio di libertà del giudice in materia di ammissione, acquisizione e valutazione delle prove è oggi codificato nelle regole di procedura delle corti internazionali permanenti.
Inoltre, il diritto internazionale riconosce sia il principio secondo cui spetta al ricorrente l’onere di provare la fondatezza delle proprie pretese, sia il principio della libera collaborazione tra le parti nell’accertamento dei fatti.
Il principio non ultra petita impone al giudice internazionale di non deliberare su questioni o punti che non rientrino tra quelli sui quali le parti abbiano espressamente richiesto una sua pronuncia.
Secondo il principio della res judicata, la sentenza internazionale regola in via definitiva la controversia ed è obbligatoria per le sole parti del processo. Ne consegue che le parti hanno l’obbligo di dare esecuzione alla sentenza a pena di responsabilità sul piano internazionale.