La Cassazione, nella sentenza del 4 marzo 2008 n. 5795, afferma che il danno morale è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale consente al giudice di stabilire che l’integrità morale valga la metà di quella fisica. Infatti, si osserva che, nel caso di accertamento di un danno biologico di rilevante entità e di duratura permanenza, il danno morale, come lesione della integrità morale della persona (artt. 2 e 3 Cost., in relazione al valore della dignità anche sociale, ed in correlazione alla salute come valore della identità biologica e genetica) non può essere liquidato in automatico e pro quota come una lesione di minor conto. Il danno morale ha una propria fisionomia, e precisi referenti costituzionali, attenendo alla dignità della persona umana, e dunque il suo ristoro deve essere tendenzialmente satisfattivo e non simbolico.
La Corte soggiunge che, nel caso concreto, il principio di diritto violato, cui il giudice di rinvio deve attenersi, è il seguente: nella valutazione del danno biologico, come lesione della salute, il medico legale deve considerare, con valutazione scientifica, la gravità del danno, tenendo conto di tutte le componenti fisiche, psichiche, interrelazionali, estetiche, dinamiche e di perdita della capacità lavorativa generica, avvalendosi eventualmente di elaborati scientifici, e considerando tutte le circostanze dedotte o esaminate in relazione alla stabile invalidità ed al mutamento delle condizioni biologiche di vita della parte lesa; il giudice, a sua volta, applicando alla caratura del ed danno biologico le tabelle attuariali vigenti nel tribunale o nella Corte, ovvero le tabelle maggiormente testate a livello nazionale (e tali sono le tabelle milanesi, per comune opinione degli esperti in materia) dovrà liquidare il danno reale ai valori attuali, tenendo conto del momento della liquidazione, ed applicando rivalutazione e interessi ed, compensativi o da ritardo, secondo i noti criteri indicati da questa Corte a SSUU civili il 17 febbraio 1995 nella sentenza n. 1712.
Il principio del risarcimento del danno integrale della salute è costituzionalmente garantito (cfr. Corte Cost. 14 giugno 1986 n. 184, e direttamente, i precetti degli artt. 2, 3, 32 Cost. tra di loro coordinati) e la garanzia esige una attenta e logica valutazione da parte dei giudici del merito, che devono tendere, nella equità di cui agli artt. 2056 e 1226 cod. civ., al ristoro del danno reale ai valori attuali al tempo della liquidazione, posto che la lite civile deriva dal mancato tempestivo adempimento dell’obbligo risarcitorio (fatta salva la verifica del fondamento delle pretese nel contraddittorio tra le parti) dei responsabili civili e della solidale assicurazione.
Emiliana Matrone