1. Il fatto.
Il 21 ottobre 2013 veniva rivolta una richiesta per la prescrizione di misure cautelari, pendente la costituzione di un Tribunale Arbitrale, al Tribunale Internazionale per il diritto del mare da parte del Regno dei Paesi Bassi in una controversia contro la Federazione Russa.
La controversia aveva ad oggetto l’arresto e la detenzione della nave Arctic Sunrise e del suo equipaggio da parte delle Autorità russe.
L’Arctic Sunrise era una nave rompighiaccio di proprietà di Greenpeace International battente bandiera olandese.
Il sequestro della nave era avvenuto il 19 settembre 2013 durante un’azione di protesta contro le operazioni di trivellazione della piattaforma petrolifera “Prirazlomnaya” nel Mare Glaciale Artico.
Al fermo ed all’arresto dell’equipaggio dell’Arctic Sunrise, composto da 2 giornalisti e da 28 attivisti di Greenpeace, faceva seguito la detenzione e l’avvio di un procedimento giudiziario nei loro confronti.
In capo a questi le prime accuse mosse furono di pirateria marittima. Tuttavia, come sottolineato dalle stesse Autorità russe, mancando i requisiti essenziali alla configurazione dell’illecito di pirateria, le accuse mutarono in atti di vandalismo.
2. L’istanza di misure cautelari.
I Paesi Bassi ipotizzavano che, nel caso concreto, i poteri coercitivi esercitati dalle Autorità russe nei confronti dell’Arctic Sunrise e del suo equipaggio si ponevano in chiara ed aperta violazione delle norme della Convenzione.
Pertanto, in seguito alla cattura della nave, il 4 ottobre 2013, i Paesi Bassi sceglievano, a norma dell’art. 287, di promuovere l’istituzione di un procedimento arbitrale contro la Russia così come regolato dall’Allegato VII della Convenzione di Montego Bay.
La Russia comunicava di non voler aderire all’Arbitrato promosso dai Paesi Bassi quale Stato di bandiera della nave catturata.
In pendenza della costituzione del Tribunale Arbitrale, i Paesi Bassi, ex art. 290, comma 5, della UNCLOS, ricorrevano al Tribunale Internazionale per il diritto del mare affinché fossero adottati i seguenti provvedimenti cautelari:
a. che la Russia permetta all’Arctic Sunrise di lasciare il suo luogo di detenzione e le aree marine sotto la giurisdizione russa per esercitare la libertà della navigazione,
b. che la Russia rilasci immediatamente l’equipaggio della nave e gli consenta di lasciare il territorio di governo russo;
c. che la Russia sospenda ogni procedimento giudiziario ed amministrativo;
d. che la Russia assicuri che non sarà presa nessuna altra azione che possa aggravare o estendere la disputa.
A questo punto, appare doveroso precisare che il Tribunale può prescrivere misure cautelari se ritiene esistente prima facie la competenza del Tribunale Arbitrale e se ritiene sia presente una situazione di urgenza.
Quanto al primo profilo, giova ricordare che il giudizio principale veniva incardinato dai Paesi Bassi dinanzi ad un Collegio Arbitrale da istituirsi ai sensi dell’Allegato VII alla Convenzione di Montego Bay.
La scelta dei Paesi Bassi, peraltro, risultava pressoché obbligata, in quanto “secondo la Convenzione, se, come nel caso di specie, due parti contraenti, al momento della adesione, optano per due diverse procedure di risoluzione delle controversie sull’interpretazione e sull’applicazione delle norme della Convenzione e, se, al momento in cui tra di loro sorge una controversia, esse non riescono a raggiungere un accordo sull’organo da interpellare, la risoluzione della controversia va devoluta ad un collegio arbitrale costituito, per l’appunto, in ossequio alla disciplina di cui all’Allegato VII alla Convenzione”.
Sotto il profilo del periculum in mora e dell’urgenza, i Paesi Bassi riuscivano a provare efficacemente che la detenzione in Russia comportava gravi ed irreversibili pregiudizi sia per la nave che per il suo equipaggio.
3. La questione della contumacia della Russia.
In riferimento al caso Arctic Sunrise, con ordinanza del 25 ottobre 2013, il Presidente del Tribunale, Shunji Yanai, fissava la data di apertura dell’udienza pubblica, alle ore 10:00 del 6 novembre 2013.
In una nota verbale del 22 ottobre 2013 ricevuta dalla Cancelleria del Tribunale, l’Ambasciatore della Federazione Russa a Berlino informava il Tribunale che la Russia, al momento della ratifica, non aveva accettato espressamente le procedure previste nella Sezione II della Parte XV della Convenzione e che, per l’effetto, non accettava il procedimento arbitrale promosso dai Paesi Bassi ed, inoltre, non intendeva partecipare al procedimento dinanzi al Tribunale Internazionale per la prescrizione di misure cautelari ex art. 290, comma 5.
In risposta a ciò, il 24 ottobre 2013 la Cancelleria del Tribunale riceveva una comunicazione dai Paesi Bassi con la quale invitavano il Tribunale a voler continuare il procedimento e prendere una decisione sulla richiesta di misure cautelari, in accordo all’art. 28 dello Statuto del Tribunale.
Tale articolo, infatti, fissa la regola in base alla quale, quando una delle parti non appare davanti al Tribunale o rinuncia a difendere il caso, l’altra parte può chiedere al Tribunale di continuare i procedimenti e prendere la sua decisione.
La norma, ancora, prescrive che l’assenza di una parte o la rinuncia di una parte a difendere il caso non costituisce uno ostacolo al procedimento.
La disposizione in esame, infine, stabilisce che prima di prendere una decisione, il Tribunale deve assicurarsi non solo di avere giurisdizione sulla controversia ma anche che il ricorso sia fondato in fatto ed in diritto.
L’esigenza di verificare se sia possibile procedere in contumacia di una delle parti della controversia era già emersa nel caso Filippine contro Cina, nel corso di una procedura arbitrale; però, mai in un giudizio cautelare, come quello di cui si trattava.
La mancanza di un precedente giudiziario, tuttavia, non frenava i Giudici di Amburgo nel ritenere ed ammettere l’applicabilità dell’art. 28 dello Statuto nel caso de quo.
In particolare, essi osservavano che l’assenza di una delle parti del giudizio ostacola il rapporto di cooperazione giuridica tra le parti e l’accertamento dei fatti da porre a fondamento del provvedimento cautelare, ma non impedisce la regolare prosecuzione del giudizio.
4. Lo svolgimento dell’udienza.
Il 6 novembre 2013, il Presidente Shunji Yanai dichiarava aperta l’udienza pubblica per il caso Arctic Sunrise tra Paesi Bassi e Russia per la prescrizione di misure cautelari in pendenza della costituzione di un arbitrato.
Nessun rappresentante della Federazione Russa era presente all’udienza.
Considerato che il Tribunale non includeva tra i Giudici un membro di nazionalità olandese, i Paesi Bassi sceglievano il sig. David Anderson come Giudice ad hoc ai sensi dell’art. 17, comma 3, dello Statuto.
4.1 Sulle deduzioni dello Stato richiedente.
Dichiarata aperta l’udienza, prendeva la parola Ms. Liesbeth Lijnzaad, nell’interesse dei Paesi Bassi, la quale deduceva tutto quanto segue:
– che la Federazione Russa attraverso l’illegale abbordaggio e detenzione di una nave battente bandiera olandese nel Mare Glaciale Artico, all’interno della zona economica esclusiva russa, e la detenzione del suo equipaggio senza il preventivo consenso del Governo olandese, aveva violato la libertà di navigazione dello stato della bandiera ed il suo diritto ad esercitare la giurisdizione sul natante secondo quanto disposto dall’UNCLOS.
– che, per regola generale, uno Stato costiero non può esercitare la propria giurisdizione penale su una nave battente bandiera di uno Stato terzo all’interno della propria ZEE.
– che dopo aver abbordato la nave le Autorità russe avevano arrestato ed imprigionato le trenta persone a bordo così la Russia aveva violato i diritti umani di questi individui, tra cui, in particolare, il diritto alla libertà e alla sicurezza ed il diritto di lasciare un territorio in accordo con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici.
– che la detenzione di nave ed equipaggio era continuata con l’arrivo in porto, qui le Autorità russe aveva o bloccato la Arctic Sunrise, esponendo le sue generali condizioni al deterioramento.
– che, conseguentemente, l’illecito internazionale della Russia contro i Paesi Bassi era proseguito all’arrivo nel porto e, pertanto, la disputa era stata aggravata ed estesa.
L’attore, altresì, rivelava:
– che questo caso concerneva una controversia tra due Stati sui diritti e sugli obblighi dello Stato costiero nella propria ZEE in conflitto con i diritti e i doveri di un altro Stato di cui una nave batte la bandiera.
– che la soluzione di questa controversia non doveva contrastare il godimento dei diritti individuali e delle libertà delle persone a bordo.
– che tali e tante ragioni, insieme con l’indecisa posizione legale della Federazione Russa sulla giustificazione dei suoi atti contro l’Arctic Sunrise, deponevano per l’accoglimento da parte del Tribunale delle misure cautelari avanzate dai Paesi Bassi.
In rito, i Paesi Bassi, prendendo atto dell’assenza dei rappresentanti della Russia all’udienza, chiedevano al Tribunale di continuare il procedimento in contumacia della Federazione Russa, secondo le prescrizioni dell’art. 28 dello Statuto.
I Paesi Bassi, all’uopo, precisavano che sussisteva la giurisdizione del Tribunale sulla richiesta di misure cautelari e che le richieste erano fondate in fatto ed in diritto.
4.2 Sulla competenza prima facie del Tribunale Arbitrale.
Prendeva la parola Mr. Thomas Henquet, consulente legale dei Paesi Bassi, intenzionato a illustrare ai Giudici la presenza del requisito della competenza prima facie del Tribunale Arbitrale da costituire secondo l’Allegato VII.
Mr. Henquet, in particolare, osservava:
– che perché il Tribunale abbia giurisdizione sulle misure cautelari dovevano essere soddisfatte due condizioni e cioè che la controversia sia stata sottoposta ad un arbitrato e che la costituzione dell’arbitrato sia pendente;
– che dette condizioni erano presenti nel caso quo agitur;
– che, in primo luogo, risultava provato che il 4 ottobre, i Paesi Bassi avevano sottoposto la disputa ad un Arbitrato secondo l’art. 287, comma 5, della Convenzione;
– che, peraltro, questa scelta era dovuta al fatto che le parti non avevano optato per lo stesso mezzo di soluzione delle controversie (al momento della ratifica, i Paesi Bassi avevano optato per la Corte Internazionale di Giustizia; mentre la Russia per l’Arbitrato);
– che le parti, inoltre, non si erano accordate su nessuna altra procedura di soluzione della controversia;
– che, in secondo luogo, risultava provata la pendenza della costituzione del Tribunale Arbitrale (i Paesi Bassi, infatti, avevano già nominato il proprio arbitratore, mentre restavano da nominare gli altri membri del Tribunale Arbitrale).
Alla luce di tanto, Mr. Henquet ribadiva che, siccome risultava con certezza che la disputa era stata sottoposta all’arbitrato e che la sua costituzione era pendente, il Tribunale aveva giurisdizione sulle misure cautelari.
Mr. Henquet evidenziava che la giurisdizione del Tribunale Arbitrale sussisteva anche ai sensi dell’art. 288 della Convenzione, secondo il quale la controversia deve essere deferita all’arbitrato secondo le previsioni della Parte XV e tale controversia deve concernere l’interpretazione o l’applicazione della UNCLOS.
Infatti, con riguardo al primo elemento, si osservava che le parti avevano scambiato numerose note diplomatiche e i rispettivi Ministri degli Affari Esteri avevano discusso del fatto per ben tre volte.
A causa di un mancato accordo la disputa era rapidamente aumentata e continuava ad aggravarsi ed estendersi tanto che la possibilità di concludere un negoziato era da escludere.
Per questo motivo i Paesi Bassi avevano sottomesso la controversia ad un Arbitrato secondo l’Allegato VII alla Convenzione.
In riferimento al secondo elemento, si precisava che la controversia concerneva l’interpretazione e l’applicazione degli artt. 56, comma 2, 58, 87, comma 1, e 110, comma 1, della Convenzione e, segnatamente, i diritti e gli obblighi della Russia come Stato costiero nella sua zona economica esclusiva, il suo diritto ad abbordare, perquisire, ispezionare, arrestare, detenere e bloccare una nave battente bandiera di uno Stato terzo.
Si ricordava che la Russia aveva dichiarato di non accettare le procedure relative alle attività di law enforcment in riguardo all’esercizio della sua giurisdizione, secondo l’art. 298 della Convenzione.
Il consulente legale dei Paesi Bassi notava che in forza di tale norma era consentito allo Stato di presentare eccezioni solo in tre casi: la prima ipotesi riguarda delimitazioni di confini marini o baie storiche; la seconda ipotesi concerne attività militari; la terza concerne controversie nelle quali il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite stava esercitando le funzioni che gli sono riconosciute dalla Carta delle Nazioni Unite; che, emblematicamente, il caso Arctic Sunrise non rientrava in nessuna di queste categorie.
4.3 Sulla fondatezza della domanda in fatto.
Mr T. Henquet asseriva che la richiesta avanzata dai Paesi Bassi era fondata in fatto.
A sostegno delle proprie ragioni, i Paesi Bassi osservavano che:
– il 19 settembre, nella zona economica esclusiva russa, agenti armati dei servizi di sicurezza russi scendevano da un elicottero in forza a tali servizi e abbordavano la Arctic Sunrise;
– gli agenti russi prendevano il controllo della nave e ne imprigionavano l’equipaggio;
– successivamente, la Guardia Costiera russa rimorchiava la nave nel porte di Murmansk;
– il giorno dopo, il 20 settembre, i Paesi Bassi chiedevano alla Russia informazioni, incluse risposte a specifiche domande, concernenti le descritte attività, invocando l’immediato rilascio della nave e del suo equipaggio;
– il 24 settembre, la Arctic Sunrise arrivava a Murmansk, dove veniva imprigionata sulla fiancata dalla nave della Guardia Costiera;
– i membri dell’equipaggio venivano trasferiti in prigione in attesa dei procedimenti giudiziari;
– la Russia restava del tutto silente alle richieste dei Paesi Bassi del 20 settembre né rispondeva alle repliche del 26 settembre;
– in data 27 settembre, le Autorità russe annunciavano l’esecuzione necessaria di indagini a bordo della nave e chiedevano la partecipazione di un rappresentante del Consolato Generale dei Paesi Bassi, i quali, però, non raccoglievano l’invito, ritenendo la detenzione del natante del tutto illegale;
– i Paesi Bassi non ricevevano alcun fascicolo del risultato di tali indagini;
– il 1° ottobre, la Russia comunicava che l’abbordaggio, le indagini e la detenzione dell’Arctic Sunrise e del suo equipaggio erano giustificate dalle previsioni generali della Convenzione relativamente alla ZEE nonché alla Piattaforma Continentale;
– inoltre, comunicava che era in corso un’indagine penale a carico dell’equipaggio della nave perché accusato del crimine di pirateria a norma della legge russa.
In proposito, i Paesi Bassi avevano eccepito la contrarietà alla Convenzione delle misure adottate dalla Russia, evidenziando come i due Stati avessero una divergenza di vedute sui diritti e sugli obblighi dello Stato costiero nella sua ZEE.
In virtù dell’urgenza dovuta alla detenzione della nave e dell’equipaggio, i Paesi Bassi avevano chiesto di procedere ad un Arbitrato con la Russia ed il prima possibile.
Questa richiesta era stata presentata il 4 ottobre, ma da quel tempo la controversia si era andata aggravando ed estendendo.
Ciò, perché la detenzione dell’equipaggio durava da ben sette settimane; perché il Capitano della Arctic Sunrise era stato condannato ad una sanzione amministrativa per non aver rispettato il comando della Guardia Costiera; perché le Autorità russe avevano irrimediabilmente sequestrato l’Arctic Sunrise.
4.4 Sulle prove.
A questo punto del procedimento, i Paesi Bassi chiedevano al Presidente di essere autorizzati ad introdurre come testimone Mr Daniel Simons, consulente legale di Greenpeace International.
Il testimone era in grado di confermare gli eventi accaduti sulla nave poiché questa era collegata in tempo reale con gli operatori di Greenpeace International a Londra.
Normalmente, i consulenti legali dei Paesi Bassi avrebbero potuto chiedere l’ammissione di ulteriori prove dei fatti, come testimonianze dei membri dell’equipaggio, il diario di bordo, registrazioni audio del ponte e delle comunicazioni radio, ma nel caso specifico, esse non erano disponibili, in quanto non erano pervenute da parte delle Autorità russe.
Nel corso dell’escussione del teste, il Giudice Golitsyn lo invitava a precisare se, in qualità di consulente legale, avesse avvisato i membri dell’equipaggio che svolgere attività nella zona di sicurezza di una piattaforma potesse costituire una violazione della legge nonché un pericolo per la sicurezza della stessa installazione secondo quanto prevede la UNCLOS.
Il testimone a domanda rispondeva che, in ogni caso, gli attivisti erano informati dei rischi legali che riguardano ogni sorta di protesta, e che, infatti, era stata data la possibilità ai partecipanti di rinunciare alla azione in oggetto qualora l’avessero ritenuta troppo rischiosa.
4.5 Sulla fondatezza della domanda in diritto.
Mr Renè Lefeber, nell’interesse dei Paesi Bassi, puntualizzava, sulla fondatezza in punto di diritto delle pretese del proprio rappresentato, che la legge applicabile nel caso in ispecie era la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
Invero, i Paesi Bassi avevano denunciato la condotta della Russia, che, in aperta violazione della Convenzione, avevano infranto la libertà di navigazione di una nave battente la bandiera olandese nonché la libertà e sicurezza dei membri dell’equipaggio.
All’uopo, è utile ricordare che la sovranità dello Stato nelle aree marine oltre il mare territoriale è limitata a specifici scopi funzionali.
Infatti, in queste aree il diritto internazionale del mare restringe il diritto dello Stato costiero di esercitare la propria autorità giudiziaria.
La Federazione Russa, abbordando la Arctic Sunrise, aveva finito per far debordare i suoi diritti di Stato costiero ed aveva violato i suoi obblighi verso lo Stato della bandiera.
Sul punto, la Convenzione proibisce l’abbordaggio di navi straniere in alto mare (UNCLOS, art. 110). Questo divieto si estende alle navi straniere nella zona economica esclusiva (UNCLOS, art. 58, comma 2).
Il diritto di visita è un’eccezione alla libertà di navigazione e alla giurisdizione dello Stato della bandiera e perciò necessita in ogni caso di specifiche giustificazioni.
É doveroso segnalare, del resto, che la Russia faceva vari inconsistenti tentativi di giustificare l’arresto dell’Arctic Sunrise.
In un primo momento, la Russia aveva informato i Paesi Bassi che la cattura della nave era avvenuta perché le azioni compiute avevano le caratteristiche di atti terroristici da cui poteva discendere un disastro ecologico nella Regione Artica.
In un secondo momento, in una nota diplomatica del 1° ottobre, la Russia aveva comunicato che la cattura della nave era avvenuto in forza degli artt. 56, 60, 80 della Convenzione.
In un terzo momento, la nave era stata accusata del crimine della pirateria.
In un quanto momento, il Capitano dell’Arctic Sunrise era stato colpito da una sanzione amministrativa per non essersi fermato al comando della Guardia Costiera.
In un quinto momento, infine, le accuse erano state cambiate in atti di vandalismo secondo la legge russa.
La Difesa dei Paesi Bassi evidenziava che per giustificare l’abbordaggio di una nave sospettata di praticare la pirateria è necessario, innanzitutto, qualificare la pirateria secondo i crismi delineati dal diritto internazionale (UNCLOS, art. 101).
I Paesi Bassi, in particolare, eccepivano la totale mancanza di prove che potessero ragionevolmente fare sospettare che la nave ed il suo equipaggio avesse praticato la pirateria né alcun atto di violenza o depredazione per fini privati; né per ritenere che la nave avesse praticato la tratta degli schiavi (fatto che non era comunque allegato dalla Russia); né per ritenere che la nave avesse eseguito trasmissioni non autorizzate (comunque neppure questo fatto era allegato dalla Russia); ancora, non c’erano prove per sospettare che la Arctic Sunrise fosse priva di nazionalità o che la nave battesse bandiera russa, visto che la Russia aveva constatato che la nave batteva la bandiera dei Paesi Bassi.
La Russia avrebbe potuto giustificare l’abbordaggio dell’Arctic Sunrise ricorrendo ad ipotesi diverse da quelle disciplinate dall’art. 110 della Convenzione. Tuttavia, i Paesi Bassi, provavano che nessuna di queste ulteriori ipotesi ricorreva nel caso concreto.
Ad esempio, l’art. 73, comma 1, della Convenzione prevede che lo Stato costiero, nell’esercizio dei propri diritti di sfruttamento delle risorse, nella ZEE, possa adottare tutte le misure, compreso l’abbordaggio, necessarie a garantire i suoi diritti.
Dai fatti concreti, invece, non era emerso che la nave fosse impegnata nelle suddette attività, e, pertanto, la prefata eccezione non poteva trovare applicazione.
La Convenzione, inoltre, consente l’intervento dello Stato in caso di violazione delle norme sulla prevenzione, riduzione e controllo dell’inquinamento da navi.
I fatti non supportavano nemmeno questa ipotesi, per cui tali eccezioni non trovavano applicazione.
Sotto altro profilo, è necessario puntualizzare che le ulteriori giustificazioni formulate dalla Russia non costituivano valide eccezioni alla disciplina generale della comunità internazionale né erano supportate dalla legge nazionale.
Secondo l’art. 60 della Convenzione, lo Stato costiero può istituire una zona di sicurezza attorno un’isola artificiale, un’istallazione o una struttura. La misura di tali zone non si estende oltre la distanza di cinquecento metri intorno ad esse, salvo quanto autorizzato dalle norme internazionali o quanto raccomandato dalle competenti organizzazioni internazionali.
La legge nazionale russa prevedeva una zona di sicurezza di tre miglia nautiche attorno la piattaforma all’interno della quale era considerato pericoloso navigare ed era necessario un permesso per accedere alla zona di sicurezza.
Tale legge risulta incompatibile con la Convenzione ed, in ogni caso, lo Stato può solo prendere “misure appropriate” secondo l’art. 60 della Convenzione.
Risulta di tutta evidenza che la cattura di una nave straniera insieme ad ulteriori misure giudiziarie non sia appropriata alla violazione della zona di sicurezza.
Per quanto riguarda l’accusa rivolta al Capitano di non aver rispettato le segnalazioni delle Autorità, le leggi in materia non premettono ad uno Stato di abbordare un natante straniero.
Questo divieto si coordina con l’art. 97 della Convenzione che, in materia di incidenti o collisioni, non permette a nessuna autorità l’arresto o la detenzione della nave, se non allo Stato di bandiera.
I Paesi Bassi osservavano che l’ultima incriminazione di vandalismo poteva esser prescritta solo sotto la legge russa, poiché non aveva alcun corrispondente nel diritto internazionale.
Le azioni di Greenpeace dovevano cadere nell’ambito della libertà di espressione, dimostrazione e protesta. Queste libertà sono garantite dal diritto internazionale.
In conclusione, la cattura dell’Arctic Sunrise da parte dei Russi rappresentava una certa violazione della Convenzione e del diritto consuetudinario.
La cattura della nave costituiva un atto illecito internazionale interamente ascrivibile alla responsabilità della Federazione Russa.
L’arresto e la detenzione delle persone a bordo dell’Arctic Sunrise costituiva una violazione non solo del diritto del mare, ma anche della tutela internazionale dei diritti umani (Patto Internazionale sui diritti civili e politici, artt. 9 e 12).
Giunti a tal punto, il rappresentante dei Paesi Bassi enunciava i motivi a sostegno della richiesta di misure cautelari.
Lo stato di detenzione dell’Arctic Sunrise precludeva l’esercizio della libertà di navigazione di una nave battente bandiera olandese ed impediva l’esercizio della giurisdizione sul natante da parte dei Paesi Bassi.
Per di più, la nave era esposta al rischio di deperimento senza adeguate misure necessarie per preservare la sua capacità operativa.
Questa realtà era aggravata dalle condizioni del clima rigido ed ostile delle regioni artiche.
I tecnici dell’Arctic Sunrise avevano fatto notare che tenere fermo un natante senza manutenzione per lunghi periodi in acque gelide avrebbe potuto causare danni ai macchinari nonché incendio o inquinamento con rischio per la sicurezza e la salute.
Risulta di comune esperienza, infatti, che una nave rompighiaccio necessiti di intense attività di manutenzione per mantenere la propria capacità operativa.
In tal proposito, il rappresentante dei Paesi Bassi sottolineava che la detenzione della nave e del suo equipaggio avrebbe avuto conseguenze irreversibili. Non solo la nave era esposta al rischio di deperimento, ma ogni giorno passato in carcere dagli uomini dell’equipaggio era di per sé un danno irreversibile.
Il prolungarsi della detenzione, nelle more della costituzione dell’Arbitrato, avrebbe pregiudicato i diritti dei Paesi Bassi così come aveva già avuto modo di sostenere il Tribunale nel caso Saiga, nel quale: “i diritti del richiedente non possono essere preservati se, pendente la decisione finale, la nave, il capitano e gli altri membri dell’equipaggio, i proprietari o i tecnici sono sottoposti a qualsiasi misura giudiziaria o amministrativa in connessione con l’arresto e la detenzione della nave ed il conseguente fermo dell’equipaggio”.
Sussisteva, inoltre, una situazione di urgenza in considerazione del tempo necessario per la formazione del Tribunale.
Infatti, la Russia non aveva accettato l’Arbitrato promosso dai Paesi Bassi tanto che non aveva provveduto a nominare un proprio arbitratore. In conseguenza di ciò, era possibile prevedere un lungo periodo di tempo per arrivare alla costituzione del Tribunale arbitrale e prima che l’Arbitrato potesse entrare in funzione.
In conclusione, a sommesso avviso della Difesa dei Paesi Bassi, l’adozione delle richieste misure cautelari era non solo appropriata, ma non poteva tollerare ogni ulteriore ritardo.
4.6 Sulle conclusioni.
Ms. Lijnzaad, nell’interesse dei Paesi Bassi, nel caso concernente la controversia dell’Arctic Sunrise rassegnava le conclusioni:
Voglia il Tribunale adito ritenere ed accertare che:
a. il Tribunale ha competenza ad imporre misure cautelari nel caso di specie;
b. il Tribunale Arbitrale al quale viene deferita la controversia ha giurisdizione prima facie;
c. il ricorso è fondato in fatto ed in diritto;
per l’effetto, ordinare alla Russia:
a. di permettere immediatamente all’Arctic Sunrise di essere rifornita, di lasciare il suo luogo di detenzione e gli spazi marini sotto la giurisdizione russa per esercitare la libertà di navigazione;
b. di rilasciare immediatamente i membri dell’equipaggio dell’Arctic Sunrise e consentire loro di lasciare il territorio e gli spazi marini sotto la giurisdizione russa;
c. di sospendere ogni procedimento giudiziario ed amministrativo, non iniziare alcun altro procedimento in connessione con gli eventi della controversia concernente l’Arctic Sunrise ed evitare ogni misura giudiziaria o amministrativa contro la nave, l’equipaggio, i proprietari ed i tecnici;
d. di assicurare che non sarà presa nessun’altra azione che possa aggravare o estendere la controversia.
5. La decisione.
Il 22 novembre 2013 il Presidente del Tribunale dava lettura della Sentenza, con la quale, in via preliminare e pregiudiziale, considerava che l’assenza della Federazione Russa non costituiva un ostacolo al procedimento, dal momento che ampie opportunità di presentare osservazioni erano state date alla Russia, ma questa le aveva ignorate.
Il Tribunale, quindi, stabiliva che non potevano derivare per i Paesi Bassi svantaggi dovuti alla contumacia della Federazione Russa.
Il Tribunale, ancora, riteneva ed accertava che la disputa tra Paesi Bassi e Russia concerneva l’interpretazione e l’applicazione delle norme della Convenzione sui diritti e i doveri dello Stato costiero nella Zona Economica Esclusiva, sui diritti ed i doveri degli stati terzi nella Zona Economica Esclusiva, le isole artificiali, le installazioni e le strutture nella Zona Economica Esclusiva, la libertà dell’alto mare ed il diritto di visita.
Il Tribunale dava atto del fatto che erano esistenti differenti opinioni tra gli Stati parti sull’applicazione della norma della Convenzione in materia di diritti e obblighi degli Stati nell’esercizio della propria giurisdizione.
In base a ciò il Tribunale rilevava l’esistenza di una giurisdizione prima facie del Tribunale Arbitrale ex Allegato VII sulla controversia.
Il Tribunale riconosceva che “sotto le circostanze del presente caso, in accordo all’art. 290, comma 5, della Convenzione, l’urgenza della situazione richieda la prescrizione di misure cautelari” e, sulla scorta di tanto, riteneva “appropriato che la nave Arctic Sunrise e tutte le persone detenute in connessione con la presente controversia siano rilasciate previa la consegna di una garanzia o altra sicurezza finanziaria da parte dei Paesi Bassi, e che la nave e le persone siano autorizzate a lasciare il territorio e gli spazi marini sotto la giurisdizione della Federazione Russa”.
La sentenza in commento poneva una cauzione a scopo di garanzia di euro tremilioniseicentomila, da consegnarsi da parte dei Paesi Bassi alla Russia nella forma di un titolo bancario.
Il Tribunale richiedeva alle parti di comunicare l’adempimento delle misure cautelari prescritte, entro il 2 dicembre 2013.
In questo modo, il Tribunale, con 19 voti contro 2, pronunciava il seguente provvedimento decisorio:
A. la Federazione Russa deve immediatamente rilasciare la nave Arctic Sunrise e tutte le persone detenute previa il rilascio della cauzione da parte dei Paesi Bassi;
B. la Federazione Russa deve assicurare che la nave Arctic Sunrise e tutte le persone detenute siano messe in condizione di lasciare il territorio e gli spazi marini sotto la giurisdizione russa.
6. Opinione dissenziente del Giudice Golitsyn.
Il Giudice Golitsyn esprimeva un voto contrario alla sentenza emessa dal Tribunale allegando alla medesima la propria opinione dissenziente.
Secondo il Giudice dissenziente, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la richiesta di prescrizione di misure cautelari perché non era stato rispettato l’art. 283, comma 1, della Convenzione.
Orbene, tale norma prevede che quando tra gli Stati contraenti sorge una controversia relativa all’interpretazione o applicazione della Convenzione le parti devono procedere ad uno scambio di vedute sulla soluzione della disputa attraverso negoziati o mezzi pacifici.
Consegue da tanto che quando sorge una disputa tra Stati questi devono prima di tutto tentare una negoziazione o un’altra soluzione pacifica. In altre parole, i predetti mezzi di soluzione della controversia non possono mancare.
Lo stesso Tribunale in precedenza aveva sostenuto l’importanza della prescrizione contenuta nell’art. 283, comma 1, nel caso Malesia contro Singapore, del 8 ottobre 2003.
Dalle informazioni rilasciate dai Paesi Bassi risultava che le Autorità olandesi non avevano mai avuto uno scambio di vedute con la Russia e che, quindi, non avevano mai tentato di trovare una soluzione pacifica della controversia.
7. Opinione dissenziente del Giudice Kulyk.
Nella sua opinione dissenziente allegata alla Sentenza del Tribunale, il Giudice Kulyk eccepiva che non era stata chiarita la situazione di irreparabilità o di irreversibilità sulla quale si voleva basare l’urgenza di prescrizione di misure cautelari.
In udienza, i Paesi Bassi avevano argomentato che la nave richiedeva intensa manutenzione, senza la quale vi sarebbero state irreversibili conseguenze.
Si voleva confermare questa posizione anche attraverso un memorandum del Ministero dei Trasporti dei Paesi Bassi. Tuttavia, lo stesso memorandum era ambiguo nel dichiarare che “lasciare una nave senza capacità operativa non è di per sé necessariamente causa di problemi”.
Il Giudice dissenziente evidenziava, in primo luogo, che nulla veniva detto circa i danni irreversibili ed, in secondo luogo, che i rischi di danneggiamento a causa della mancata manutenzione dovevano considerarsi bassi.
Per tali motivi non c’erano le condizioni necessarie per l’applicazione dell’art. 290, comma 5, della Convenzione.
Inoltre, il Tribunale non aveva avuto la possibilità di ascoltare le posizioni dell’altra parte della controversia e non aveva avuto l’opportunità di consultare ulteriori documenti o testimoni.
8. Dichiarazione del giudice ad hoc.
Il Giudice Anderson, membro ad hoc del Tribunale per il caso Arctic Sunrise, allegava alla sentenza una propria dichiarazione dove affrontava la mancata comparizione della Russia e la questione relativa all’art. 283 della Convenzione.
Quanto al primo punto, si osservava che il Tribunale non aveva avuto il beneficio di ricevere la posizione della Russia sui fatti del 18 e del 19 settembre 2013. Mentre le posizioni dei Paesi Bassi erano state dichiarate con chiarezza.
L’incompletezza e l’inconsistenza della posizione assunta dalla Russia rendeva il lavoro del Tribunale più difficile. Infatti, la contumacia non permetteva l’efficiente applicazione delle norme della Convenzione e delle regole del Diritto Internazionale.
In riferimento, poi, allo scambio di vedute prescritto dall’art. 283 dell’UNCLOS, si evidenziava che il proposito principale della norma era quello di evitare che uno Stato si trovasse preso completamente di sorpresa dall’istituzione di un procedimento nei suoi confronti.
Correttamente il Tribunale aveva notato che c’erano stati diversi contatti diplomatici tra le parti prima dell’istituzione del procedimento.
9. L’esito.
In ossequio alla decisione del Tribunale Internazionale per il diritto del mare, i Paesi Bassi depositavano una garanzia bancaria per la somma fissata dai Giudici a titolo di cauzione.
La Russia, d’altra parte, provvedeva a liberare gli attivisti di Greenpeace con l’approvazione di un provvedimento nazionale di amnistia, grazie anche all’intervento delle varie Autorità Consolari e al versamento di cauzioni in denaro.
Ultima a essere liberata era la Arctic Sunrise che in data 6 giugno 2014 veniva finalmente autorizzata a lasciare il porto di Murmansk.
Oggi la nave continua la sua attività al servizio di Greenpeace International.
10. Riflessioni.
Fin dalla istituzione della zona economica esclusiva, era stato necessario conciliare i poteri dello Stato costiero con quello degli Stati terzi.
In effetti, lo Stato costiero gode di diritti esclusivi sulle risorse economiche presenti nella ZEE (UNCLOS, art. 56), tuttavia, agli Stati terzi deve essere consentito esercitare nella predetta zona la libertà di navigare, sorvolare, posare cavi e condotte (UNCLOS, art. 58).
Da tanto deriva che le attività di law enforcement da parte dello Stato costiero nella ZEE possono essere giustificate solo dall’esigenza di tutelare le risorse economiche dell’area marina medesima.
Nel caso Arctic Sunrise, l’esercizio dei poteri di imperio da parte delle Autorità russe risulta palesemente illegittimo e non confortato da alcuna norma di diritto internazionale.
Inizialmente, le Autorità russe tentarono di giustificare le operazioni ipotizzando che la nave praticasse la pirateria.
Quindi, indipendentemente dai poteri dello Stato nella ZEE, se l’accusa di pirateria fosse stata confermata, la cattura dell’Arctic Sunrise sarebbe stata legittima secondo il principio di giurisdizione universale previsto dall’art. 105 della Convenzione.
In ragione di tale principio, si ricorderà, qualunque Stato può catturare la nave pirata ed il suo equipaggio.
Tuttavia, radicalmente diversa è la situazione reale dal momento che l’incriminazione di pirateria è stata successivamente mutata in accusa di vandalismo.
Neppure il sospetto di tale illecito risulta fondato, che, peraltro, non rientra né tra i casi in cui sussiste la giurisdizione universale, né tra i casi in cui la Convenzione ammette eccezioni alla giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera.
Pertanto, le misure coercitive e d’imperio prese dalle autorità russe nei confronti dell’Arctic Sunrise e del suo equipaggio violano le norme della Convenzione.
Ma vi è di più. La privazione di libertà dei membri dell’equipaggio da’ luogo ad una violazione dei diritti umani fondamentali, quali la libertà di lasciare qualsiasi Paese e la libertà di espressione, tanto da rendere ammissibile un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per violazione della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
11. Sviluppi conclusivi del caso Arctic Sunrise.
In conclusione, il 25 agosto 2015, la Corte Permanente di Arbitrato dell’Aja dichiarava illegale il sequestro della nave di Greenpeace e del suo equipaggio.
Per la Corte, invero, l’abbordaggio e la cattura dell’imbarcazione costituivano un illecito internazionale ed una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
Inoltre, la Corte condannava la Federazione Russa – la quale anche in tale occasione si era determinata a non prendere parte al procedimento di arbitrato, non riconoscendone la giurisdizione sul caso specifico – ad un risarcimento in favore dei Paesi Bassi per i danni subiti dall’Arctic Sunrise.
I Giudici dell’Aja, in particolare, soggiungevano che l’istituzione di una zona di sicurezza di tre miglia nautiche attorno alla piattaforma petrolifera non aveva alcuna base legale e le Autorità Russe, quindi, non potevano abbordare la nave battente bandiera olandese, che protestava pacificamente contro le trivellazioni nell’Artico, senza il consenso del Governo olandese.
Giuseppe Matrone