L’usura è un fenomeno antichissimo che, per la sua pericolosità e per gli aspetti perversi che determina, ha sempre interessato studiosi e giuristi che su di esso hanno riversato veri e propri fiumi d’inchiostro.
Questo fenomeno sociale di grande rilievo politico per la tutela dei debitori delle classe povere, particolarmente grave nel tempo delle lotte tra il patriziato e la plebe , preoccupò fin dai tempi più antichi il legislatore romano che cercò di porvi rimedio dettando una serie di provvedimenti , di cui taluni rivolti a fissare un limite massimo di interessi che non era lecito superare.
Nella storia del diritto romano questo massimo non è stato sempre lo stesso, né con riguardo alle modalità di calcolo, né per la misura .
Già una disposizione delle XII Tavole stabiliva che il limite massimo dell’interesse era l’ u n c i a (da cui fenus unciarium) che corrispondeva ad un dodicesimo del capitale.
È incerto se si trattasse di un dodicesimo all’anno o al mese. Secondo quest’ultima ipotesi l’interesse era dell’8,33 per cento al mese e quindi dopo un anno il debitore era tenuto a restituire il doppio di quanto ricevuto.