1. Evoluzione culturale e giuridica del concetto di minore
Il maltrattamento e l’abuso all’infanzia non costituisce un fenomeno nuovo, ma una realtà antica, anche se per molto tempo ignorata, o addirittura tollerata e giustificata1.
Henry Kempe (1978), pediatra statunitense, precursore del movimento di tutela dei minori, non a caso, sosteneva che “il riconoscimento della realtà della violenza ai danni dei minori, la misurazione e lo studio del fenomeno, la ricerca di strumenti e di risorse efficaci a contrastarlo, rappresentassero una fase avanzata del percorso che conduce le società moderne ad una matura e responsabile protezione dell’infanzia”2.
Per minore si intende qualunque individuo di età inferiore a diciott’anni.
Il termine giuridico minore, ereditato dal diritto romano, evoca uno status d’inferiorità giuridica e sociale, una condizione di sudditanza, di soggezione ai poteri altrui3.
Lo stato di incapacità del minore, in realtà, è fisiologicamente legato all’età, al suo sviluppo psicofisico incompleto, alla sua non compiuta affermazione familiare e sociale, alla sua debolezza nei confronti degli adulti.
L’ordinamento giuridico italiano ha adottato, nel tempo, diverse forme di protezione e tutela del minore proprio per superare gli ostacoli di fatto che impediscono il pieno sviluppo della sua personalità.
I genitori, che per primi hanno la responsabilità fondamentale di assicurare al bambino le condizioni di vita necessarie alla sua crescita, hanno il dovere ed il diritto di educare, mantenere ed istruire i figli (Artt. 30 e 31 Cost).
Questi compiti, però, vanno assolti tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli (artt. 147 e 261 c.c).
Una delle mete dell’educazione, infatti, è quella di avviare bambini ed adolescenti verso l’autonomia, favorendo lo sviluppo della loro personalità e rispettando le loro facoltà ed attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità.
I Padri della nostra Costituzione, con largo anticipo rispetto alla maturazione di una nuova cultura dell’infanzia e per superare “le incrostazioni culturali” che le lingue conservano documentando la storia passata, hanno opportunamente evitato di menzionare nella carta costituzionale il termine “minore”, perché i diritti del minore non sono diversi da quelli di qualsiasi altro individuo4.
2. La nascita della cultura dell’infanzia
“L’abuso sessuale sui minori comincia ad uscire dalla dimensione di silenzio e di omertà nella quale per secoli o millenni è stato avvolto”. Iniziative culturali, legislative, istituzionali cominciano, pur limitatamente, a garantire risposte sempre più efficaci di contrasto alla violenza sessuale sui minori e di condanna della figura del perpetratore, il quale finora si era trovato a godere di una condizione di assoluta impunibilità.
Tuttavia, a causa della cecità della comunità umana e della difficoltà a riconoscere ed a contrastare la violenza all’infanzia, i bambini vittimizzati appaiono come “moderne vittime sacrificali”5.
Sappiamo che nell’antichità i bambini venivano immolati in sacrificio agli dei; nell’antica Grecia era praticata l’uccisione di bambini deformi o non desiderati; nel diritto romano il pater familias aveva il diritto di vita o di morte sui propri figli.
Tale condizione di sottomissione dei minori, ancora presente nelle famiglia di tipo patriarcale della prima metà del secolo scorso, rifletteva la convinzione della necessità di sottoporre i figli a severe punizioni fisiche per mantenere la disciplina, trasmettere le buone maniere e correggere le cattive inclinazioni.
Nella scuola, oltre che in famiglia, invero, le punizioni corporali costituivano lo strumento pedagogico più utilizzato.
Soltanto alla metà del XX Secolo, grazie allo sviluppo e la diffusione della nuova cultura dell’infanzia, furono mossi i primi passi verso il riconoscimento del problema della violenza nei confronti dei minori, con l’obiettivo di prevenire e contrastare il fenomeno6.
Inizialmente, furono sanzionati i fenomeni più facilmente percepibili all’estero, quali le percosse e l’abbandono; successivamente, furono individuate e combattute anche le forme più latenti, quali la violenza psicologica e l’abuso sessuale.
Nonostante i grandi progressi socio-culturali e giuridici, i minori sono ancora oggi vittime innocenti di maltrattamento e abuso.
3. Le forme di violenza all’infanzia
Nella definizione di maltrattamento all’infanzia rientrano tutte quelle forme di incuria, di abusi sessuali, di trascuratezza o di trattamento trascurante, di sfruttamento commerciale o altre, che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, la sua sopravvivenza, il suo sviluppo o la sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, di fiducia o di potere7.
È possibile distinguere tra abuso subito in forma diretta e quello in forma indiretta8.
Il primo consiste, ad esempio, nell’abuso sessuale, nel maltrattamento psicologico o fisico, nella trascuratezza, mentre il secondo implica un contesto familiare inadeguato, caratterizzato, ad esempio, da alcolismo o tossicodipendenza dei genitori, da malattie psichiatriche, etc 9.
3.1 La patologia delle cure
La patologia delle cure consiste non solo nella carenza di cure, ma anche nella inadeguatezza delle cure fisiche e psicologiche offerte. In particolare, si parla di incuria quando le cure sono omesse; di discuria quando le cure sono distorte, ed, infine, di ipercura quando le cure sono eccessive.
3.1.1 L’incuria
Si ha l’incuria in tutti quei casi in cui le persone legalmente responsabili del minore non provvedono ai suoi bisogni nutrizionali, affettivi, emotivi e di socializzazione.
Questo tipo di violenza può assumere diversi aspetti dall’abbandono al disinteresse per i bisogni emotivi del bambino.
3.1.2 La discuria
Nei casi di discuria le cure prestate sono inadeguate rispetto al momento evolutivo del minore oppure distorte dalla percezione anacronistica del figlio o dall’immagine di un figlio diverso o ideale.
In questi casi, in genere, i genitori non si rendono conto di esercitare una violenza sui figli, pensando, al contrario, di agire per il loro bene.
3.1.3 L’ipercuria
L’ipercura consiste nel fornire cure eccessive al minore. La forma più grave è la sindrome di Münchhausen per procura, nella quale il bambino rischia seri danni fisici e psicologici e, spesso, la vita, perché sottoposto dai genitori ad analisi, cure e persino operazioni chirurgiche inutili.
3.2 Il maltrattamento fisico e quello psicologico
Il maltrattamento può essere fisico o psicologico10.
Il primo è la forma di abuso più manifesta e facilmente riconoscibile; esso si realizza attraverso aggressioni fisiche, percosse, punizioni corporali o gravi attentati all’integrità fisica e alla vita del minore.
Quello psicologico, invece, è l’abuso più difficile da individuare, in quanto si manifesta solo dopo aver determinato gli effetti devastanti sullo sviluppo della personalità del bambino.
Il maltrattamento psicologico può derivare da ripetute e continue pressioni psicologiche, ricatti affettivi, indifferenza, rifiuto, denigrazione e svalutazioni che danneggiano o inibiscono lo sviluppo di competenze cognitive ed emotive fondamentali quali l’intelligenza, l’attenzione, la percezione, la memoria.
3.3 L’abuso sessuale
L’abuso sessuale può essere definito come il coinvolgimento di un minore in atti sessuali, con o senza contatto fisico, a cui non può liberamente consentire in ragione dell’età e della preminenza dell’abusante, lo sfruttamento sessuale di un bambino o adolescente, la prostituzione infantile e la pedo-pornografia11.
L’abuso sessuale può essere realizzato sia attraverso il compimento di atti sessuali direttamente sul corpo del bambino, sia costringendo quest’ultimo ad assistere a rapporti sessuali.
Si tratta di episodi di pedofilia, di stupro, d’incesto ed in generale di sfruttamento sessuale dei minori.
Ciascuno di questi episodi, dal più blando al più feroce, è idoneo a turbare i processi di sviluppo della personalità e di maturazione della sessualità del minore, incidendo negativamente sulla vita psicologica e sulle relazioni sociali del minore.
3.3.1 Diversi tipi di abuso sessuale
É possibile classificare l’abuso sessuale in:
a. l’abuso sessuale intra-familiare attuato da membri della famiglia nucleare (genitori, compresi quelli adottivi e affidatari, patrigni, conviventi, fratelli) o da membri della famiglia allargata (nonni, zii, cugini ecc.; amici stretti della famiglia);
b. l’abuso sessuale extra-familiare attuato, di solito, da persone conosciute dal minore (vicini di casa, conoscenti ecc.);
c. l’abuso istituzionale, attuato da maestri, bidelli, educatori, assistenti di comunità, allenatori, medici, infermieri, religiosi, ecc., ovvero da tutti coloro ai quali i minori vengono affidati per ragioni di cura, custodia, educazione, gestione del tempo libero, all’interno delle diverse istituzioni e organizzazioni;
d. i cd abusi di strada attuati da parte di persone sconosciute;
e. lo sfruttamento sessuale a fini di lucro da parte di singoli o di gruppi criminali organizzati (quali le organizzazioni per la produzione di materiale pornografico, per lo sfruttamento della prostituzione, agenzie per il turismo sessuale);
f. la violenza da parte di gruppi organizzati (sette, gruppi di pedofili, ecc.).
Inoltre, l’abuso sessuale può essere manifesto o mascherato12.
Gli abusi sessuali manifesti sono, di solito, gli abusi di tipo incestuoso, consumati nella maggior parte dei casi da figure maschili con figlie femmine, ma anche tra padri e figli maschi; tra madri e figli maschi; tra fratelli e sorelle.
Gli abusi sessuali mascherati sono pratiche genitali inconsuete, quali frequenti lavaggi del bambino, ispezioni ripetute e applicazioni di creme e preparati medicinali.
Si parla di pseudo-abusi quando in realtà gli abusi non sono stati concretamente consumati per: o convinzione errata, a volte delirante, che il/la figlio/a (più frequentemente la figlia) sia stato/a abusato/a; dietro a tali convinzioni c’è talvolta la proiezione sul/la figlio/a di esperienze di abuso subite nella propria infanzia dal genitore; o consapevole accusa all’ipotetico autore di abuso sessuale finalizzato ad aggredirlo, screditarlo, perseguirlo giudizialmente; siffatte accuse vengono formulate di frequente da parte di madri o nonne contro i padri nel corso delle separazioni; o dichiarazione inventata dall’adolescente, per sovvertire una situazione familiare insostenibile.
Anche se l’abuso non si è realizzato, sono situazioni che vanno sempre prese in considerazione perché indicano che il minore ha sicuramente un disagio e, pertanto, deve essere aiutato.
Infine, si utilizza l’espressione di abuso sessuale “assistito”, quando il minore assiste all’abuso che un genitore agisce su un fratello o una sorella, o viene fatto assistere alle attività sessuali dei genitori.
Gli abusi possono essere limitati ad un solo episodio o possono ripetersi per anni.
3.3.2 Gli indicatori dell’abuso sessuale
Gli indicatori di abuso sessuale possono essere definiti come comportamenti atipici comuni ad un ampia percentuale di minori vittime di abuso e di maltrattamenti. È importante ricordare che la presenza di uno o più di questi comportamenti in un minore, non indica che il minore stesso sia stato di sicuro vittima di abuso, né la loro assenza sicuramente prova il contrario.
Gli indicatori dell’abuso sessuale si distinguono in: indicatori cognitivi, fisici e comportamentali o emotivi.
Tra gli indicatori cognitivi si annoverano le conoscenze sessuali inadeguate per l’età, le modalità di rivelazione da parte del bambino dell’abuso sessuale, i dettagli dell’abuso. Per scoprire questi indicatori, le aree da indagare sono: il livello di coerenza delle dichiarazioni, l’elaborazione fantastica, la distinzione tra il vero e il falso, il giudizio morale e la chiarezza semantica.
Gli indicatori fisici di abuso sessuale sono: la deflorazione, la rottura del frenulo, le ecchimosi e i lividi in zona perineale, i sintomi di malattie veneree ed altri che devono considerarsi più equivoci per le molteplici cause che possono averli generati, come le incisure imenali, le neovascolarizzazioni a livello del derma nelle grandi labbra (nelle bambine) o le irritazioni del glande o del prepuzio (nei bambini) oltrechè arrossamenti e infiammazioni aspecifiche localizzate.
Gli indicatori comportamentali ed emotivi comprendono sentimenti di paura, depressione, disturbi del sonno e dell’alimentazione, un comportamento ipervigilante che indica la paura della ripetizione del trauma, la mancanza di interesse verso le attività ludiche con i compagni, l’alterazione significativa della personalità con possibili sintomi psiconevrotici (isteria, fobie, ipocondria). La timidezza e la paura si manifestano soprattutto in presenza del genitore abusante o nei confronti di adulti di tal sesso. A causa dei sensi di colpa e delle minacce che ricevono, i bambini abusati possono mettere in atto comportamenti autodistruttivi fino al suicidio.
Gli indicatori da soli non possono, tuttavia, essere considerati gli indici certi di un avvenuto abuso sessuale: sono necessarie ulteriori indagini e accertamenti.
3.3.3 Le conseguenze dell’abuso sessuale
La violenza all’interno della famiglia può causare una serie di conseguenze altamente pregiudizievoli per le vittime, quali gravi danni fisici, disturbi psicologici a breve e a lungo termine.
Tra le conseguenze a breve termine si registrano: sintomi fisici, quali disturbi del sonno, disturbi della condotta alimentare; sintomi psico-comportamentali, quali ansia, silenzio, mutismo, basso livello di autostima, timidezza estrema,difficoltà di apprendimento, rabbia intensa, depressione, percezione di sé come vittima, sfiducia nelle proprie capacità, fobie”.
Tra le conseguenze a lungo termine vi sono: il bisogno di andare via di casa, tendenza a delinquere, tentativi di suicidio”.
Ovviamente le conseguenze della vittimizzazione dipendono dalla natura e dal tipo di atto abusivo (percosse, abuso sessuale, etc.) nonché da una serie di altri elementi, tra i quali la frequenza, intensità e durata dell’abuso.
Le conseguenze dell’abuso, peraltro, variano a seconda delle caratteristiche individuali della vittima (ad esempio l’età), della natura della relazione tra vittima e abusante (coniuge, patrigno, ecc.), della risposta degli altri all’abuso (sostegno sociale, intervento legale o psicologico e soprattutto reazione della famiglia).
Sulle conseguenze incidono significativamente tutti quei fattori che possono esasperare gli effetti dell’abuso stesso o sostenere alcune delle sue conseguenze, si pensi al caos familiare precedente all’atto abusivo.
3.3.4 I principali reati sessuali sui minori
Nel nostro ordinamento giuridico sono state tipizzate diverse fattispecie che puniscono con sanzioni penali tutte quelle condotte legate alla sfera sessuale umana caratterizzate dal coinvolgimento dei minori13.
Il nuovo art. 609bis del codice penale, introdotto dalla Legge n. 66 del 1996 (“Norme contro la violenza sessuale”), sotto la rubrica “violenza sessuale”, riconosce e punisce come reato:
a) il fatto di chi, con violenza o minaccia, o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali;
b) il fatto di chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
c) il fatto di chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali, traendo in inganno la persona offesa, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Tale disposizione tutela, dunque, qualsiasi persona da illecite e conturbanti invasioni nella propria sfera di libertà, sia essa maschio o femmina, adulto o minore. Una tutela particolare è riservata a quest’ultimo in considerazione della sua immaturità psichica e fisica, della sua conseguente incapacità di esprimere un consenso automaticamente libero e cosciente, della sua inesperienza e delle conseguenze altamente dannose per un suo equilibrato ed armonico processo di crescita14.
Infatti, l’art. 609ter c.p. stabilisce un aggravamento di pena se i fatti di cui all’art. 609bis c.p. sono commessi in danno di persona che non ha compiuto gli anni quattordici.
L’art. 609quater c.p., invece, fa espressamente riferimento al delitto di “atti sessuali con minorenne”.
L’art. 609quinquies introduce il reato di “corruzione di minorenni”.
L’art. 601 c.p. punisce chiunque faccia tratta e commercio di minori per finalità di prostituzione.
L’art. 600quinquies c.p. pone severe sanzioni avverso quelle iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (il cd turismo sessuale).
L’art. 600ter punisce il reato di “Pornografia minorile”. Nel concetto di pornografia rientra la rappresentazione di immagini e di scene che richiamano il rapporto sessuale od equivalenti abnormi situazioni, nonché gli atti di libidine ed altri atteggiamenti chiaramente erotizzanti.
L’art. 600bis punisce sia la condotta di chi sfrutta, induce o favorisce la “prostituzione minorile” che colui il quale consuma con il minore l’atto sessuale oggetto della prostituzione.
3.4 L’abuso emozionale
L’abuso emozionale è emblematicamente sottostante al maltrattamento fisico, alla trascuratezza e all’abuso sessuale.
Le forme di abuso emozionale generano pesanti e gravi danni evolutivi, poiché incidono sulla strutturazione del senso di Sé, producono una percezione interna di svalutazione, di non meritare rispetto e amore, danneggiano il sistema nervoso, il funzionamento intellettivo ed emozionale e creano le premesse ad uno stato di grande vulnerabilità.
Maria Luisa Massimo