Nei tempi primitivi del ius privatum, per quegli atti che la c.d. Pandettistica del XIX secolo denominò ‘negozi giuridici’, la forma era tutto e non assumevano alcuna importanza la volontà e la causa .
Rilevava esclusivamente l’esteriorità dell’atto, consistente per lo più in formule orali o mimiche gestuali.
I Romani cominciarono ad acquistare coscienza dell’essenzialità della causa nei negozi del ius privatum solo quando il formalismo perse il suo carattere esclusivistico delle origini . La causa divenne l’elemento indispensabile per la qualificazione del negozio come lecito o come illecito e parametro prezioso per l’individuazione della tipicità dei vari negozi e quindi per la determinazione del regolamento applicabile in concreto a ciascuno di essi .
La messa a temporanea e piena disponibilità (meglio, in proprietà) del mutuatario di una somma di denaro (o di altri fungibili), importo da restituire poi al mutuante nell’esatto equivalente era la causa del mutuum.
I giuristi classici avevano della datio mutui una nozione piuttosto elastica . Non era necessario che fosse il mutuante in persona ad eseguire la dazione, ma era sufficiente che il mutuatario acquistasse la proprietà delle cose a titolo di mutuo per volontà del mutuante, pur se l’acquisto fosse avvenuto a carico di un terzo.
Il Viard sostiene che la datio mutui bastasse da sola ad obbligare il mutuatario alla restituzione, senza necessità di ricorrere ad una autonoma convenzione. Al contrario altri (Sarrao, Sacconi, Chevallier) rilevavano che la datio era sempre collegata a una (sia pure implicita, ma specifica) volontà contrattuale diretta a dare e ricevere per poi restituire il tantundem.
Le due tesi trovarono un motivo di conciliazione quando – in avanzata età postdecemvirale – si formulò l’escogitazione interpretativa secondo cui si era in presenza di mutuo quando la datio attribuiva la proprietà delle res ad altri e poiché non c’era nessuna altra ‘causa’ (donazione, dote, pagamento) che giustificasse la ritenzione per sempre da parte dell’accipiente delle res stesse, queste dovevano essere restituite in equivalente.
Dunque, era l’assenza di altra causa che faceva ‘presumere’ che le volontà fossero dirette ad un mutuo. Questo principio caratterizzò l’istituto per tutta l’esperienza romana, influenzando direttamente anche gli ordinamenti moderni .