Teofilo (Par. Inst. 4.7.7) narrava che un filius familias di nome Macedone si fosse indebitato con un usuraio tanto che, istigato dal suo avido creditore, decise di uccidere il padre per ereditare i beni paterni e così disporre delle ricchezze necessarie per estinguere i debiti e per continuare a condurre una vita dissoluta.
Durante il Principato di Vespasiano (69-79 d.C.) il senato di Roma decretò il divieto di concedere mutui ai filii familias, nell’intento di impedire in futuro che venisse commesso il nefando crimine del parricidio per motivi di interesse .
Il mutuo concesso al filius familias, nonostante il divieto imposto dal Senatoconsulto Macedoniano, restava, nella sostanza, giuridicamente valido; tanto è vero che qualora il debitore avesse versato quanto dovuto, non gli era consentito di eccepire il Sc. M. per ottenere la soluti repetitio. I prestiti ai filii soggetti alla patria potestà erano sconsigliabili solo perché risultavano privi di tutela processuale: il mutuante che si fosse rivolto al giudice per ottenere la soddisfazione della sua pretesa avrebbe visto la propria azione paralizzata da una exceptio Senatusconsulti Macedoniani.