Il Consiglio di Stato, con la Sentenza 9 giugno 2011, n. 3512, ritiene che il d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, avendo innalzato il limite massimo di alunni per aula, così modificando i limiti prima statuiti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, n. 331, si è dato carico delle conseguenti e prevedibili implicazioni, in termini di maggiore affollamento delle aule e di possibile inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità e vivibilità.
Con il citato art. 3, co. 2, pertanto, il suddetto decreto ha imposto al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di attendere, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, non già certo alla sola individuazione delle istituzioni scolastiche da sottrarre temporaneamente alla immediata operatività dei nuovi limiti massimi di alunni per aula, quanto piuttosto all’elaborazione di un vero e proprio atto generale, a natura programmatica, avente ad oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica, in specie di quelle istituzioni non in grado di reggere l’impatto delle nuove regole introdotte con riguardo alla formazione numerica delle classi.
Il Collegio, d’accordo sul punto con il giudice di primo grado, ritiene che l’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, imponga quindi l’elaborazione di un vero e proprio atto generale, a natura programmatica, avente ad oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica, di cui costituisce solo un segmento l’individuazione delle istituzioni scolastiche cui estendere il meccanismo di temporanea ultrattività dei limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione adottato in data 24 luglio 1998, n. 331.
Attesa la illustrata ricostruzione interpretativa del quadro normativo di riferimento, deve, pertanto, escludersi che possa considerarsi assolto l’obbligo imposto dall’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, in conseguenza dell’adozione del decreto interministeriale del 23 settembre 2009, con il quale, con il dichiarato obiettivo di definire “nell’ambito del predetto piano” un elenco di scuole per le quali potrebbero restare confermati i pregressi limiti numerici di cui al d.m. 331/98, i Ministeri appellanti hanno solo demandato a ciascun Ufficio Scolastico Regionale di individuare le scuole effettivamente inidonee, fissando al contempo il limite massimo del 28% delle strutture scolastiche complessivamente facenti capo ai rispettivi territori.
Come correttamente e condivisibilmente sostenuto dal primo giudice, l’elenco è cosa diversa dal piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica costituendo solo una misura urgente e provvisoria volta all’individuazione delle scuole che, per il solo anno scolastico 2009/2010, avrebbero potuto ottenere la citata deroga, in attesa di un vero piano di riqualificazione.
Ritiene il Collegio che, a fronte della indicata lettura dei dati normativi che vengono in rilievo, non possa essere sopravvalutato, nel sostenere una diversa interpretazione degli stessi, l’espressione “apposito piano” contenuta nell’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, che non appare incompatibile con il riconoscimento della natura generale e programmatica dello stesso.
Ecco la decisione in argomento:
Consiglio di Stato, Sezione VI,Sentenza 9 giugno 2011, n. 3512
FATTO
1. Con sentenza n. 552 del 2011 il T.A.R. Lazio, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal Codacons ai sensi del d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, ha ordinato al Ministero dell’istruzione, università e ricerca scientifica,. nonché al Ministero dell’economia e delle finanze, l’emanazione, di concerto, del piano generale di edilizia scolastica previsto dall’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81 (contenente “norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’art. 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”); ha viceversa respinto il ricorso nella parte in cui con lo stesso è stata censurata la mancata emanazione delle norme tecniche-quadro previste dall’art. 5, l. 11 gennaio 1996, n. 23.
Nel dettaglio, il primo giudice:
– ritenuta l’ammissibilità dell’azione proposta ai sensi dell’art. 1, co. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198;
– esclusa, in specie, la riferibilità alla stessa della norma transitoria di cui all’art. 7 dello stesso decreto relativa alla definizione in via preventiva degli obblighi contenuti nelle carte di servizi e degli standard qualitativi ed economici di cui al citato art. 1, comma 1;
– ha concluso per la fondatezza del ricorso nella parte in cui con lo stesso è stata dedotta la mancata adozione del piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica di cui al d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, che – avendo inciso sulla formazione numerica delle classi innalzando il limite massimo di alunni per aula rispetto alla precedenti previsioni contenute nel decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, n. 331 – ha per l’appunto previsto, al comma 2 dell’art. 3, che “per il solo anno scolastico 2009-2010 restano confermati i limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 24 luglio 1998, n. 331, e successive modificazioni, per le istituzioni scolastiche individuate in un apposito piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze”.
Insorgono le Amministrazioni appellanti sostenendo l’erroneità della sentenza di cui chiedono l’annullamento.
Propone appello incidentale il Codacons limitatamente al capo della sentenza con cui è stato respinto il ricorso di primo grado nella parte in cui con lo stesso è stata censurata la mancata emanazione delle norme tecniche-quadro previste dall’art. 5, l. 11 gennaio 1996, n. 23.
All’udienza del 24 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello principale e quello incidentale vanno respinti.
2. Come chiarito, con il ricorso proposto in primo grado il Codacons ha azionato il rimedio introdotto dell’art. 1, co. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, rimedio che, ai sensi del co. 4 dello stesso art. 1, “può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1”.
In specie, l’odierna appellata ha proposto l’azione ex art. 1, co. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, prima parte, deducendo la mancata emanazione ad opera delle Amministrazioni intimate di due atti, dallo stesso Codacons qualificati come “atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento”:
– il piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica di cui all’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81;
– le norme tecniche-quadro previste dall’art. 5, l. 11 gennaio 1996, n. 23.
3. Ritiene il Collegio che la sentenza gravata meriti conferma tanto nella parte in cui ha accolto il ricorso ordinando l’adozione del piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica di cui all’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, quanto laddove lo ha respinto ritenendo la natura normativa delle norme tecniche-quadro previste dall’art. 5, l. 11 gennaio 1996, n. 23, e concludendo, quindi, per la non invocabilità, al riguardo, dell’art. 1, co. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, che riconosce l’esperibilità del rimedio giurisdizionale di nuovo conio a condizione che si lamenti “una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo”.
3.1. Muovendo dall’appello principale, vanno disattesi i primi due motivi con cui si sostiene che la disciplina recata dall’art. 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dall’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, impone al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di adottare, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, non già – come ritenuto dal giudice di primo grado – un vero e proprio atto generale, a natura programmatica, avente ad oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica, ma solo un atto contenente l’individuazione delle istituzioni scolastiche temporaneamente sottratte alla immediata operatività dei nuovi limiti massimi di alunni per aula.
3.1.1. Per una più agevole comprensione delle questioni interpretative dedotte si impone una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
Il d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, in l. 6 agosto 2008, n. 133, recante “disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, all’art. 64, ha previsto l’adozione, a decorrere dall’anno scolastico 2009/2010 e ai fini di una “migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente”, di interventi e misure volti ad “incrementare gradualmente di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l’anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei tenendo anche conto delle necessità relative agli alunni diversamente abili”.
Ha a tal fine disposto che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, predisponesse, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, “un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, demandando all’Esecutivo l’emanazione, entro dodici mesi, di “uno o più regolamenti in modo da assicurare comunque la puntuale attuazione del piano programmatico”.
Tra i regolamenti attuativi, il d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, recante “norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’art. 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”, ha innalzato il limite massimo di alunni per aula, così modificando i limiti prima statuiti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, n. 331, abrogato in parte qua.
Al contempo, lo stesso d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, al comma 2 dell’art. 3, ha previsto che “per il solo anno scolastico 2009-2010 restano confermati i limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 24 luglio 1998, n. 331, e successive modificazioni, per le istituzioni scolastiche individuate in un apposito piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze”.
3.1.2. Ebbene, questo essendo il quadro normativo di riferimento, ritiene il Collegio obbligata l’interpretazione che dello stesso ha fornito il giudice di primo grado.
Non vi è dubbio, invero, che quest’ultima norma vada interpretata tenendo conto delle novità che il disegno di riforma ha introdotto e degli effetti di tipo organizzativo che in conseguenza delle stesse si è ritenuto di poter prevedere.
Con maggiore impegno esplicativo, il d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, avendo innalzato il limite massimo di alunni per aula, così modificando i limiti prima statuiti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, n. 331, si è dato carico delle conseguenti e prevedibili implicazioni, in termini di maggiore affollamento delle aule e di possibile inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità e vivibilità.
Con il citato art. 3, co. 2, pertanto, il suddetto decreto ha imposto al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di attendere, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, non già certo alla sola individuazione delle istituzioni scolastiche da sottrarre temporaneamente alla immediata operatività dei nuovi limiti massimi di alunni per aula, quanto piuttosto all’elaborazione di un vero e proprio atto generale, a natura programmatica, avente ad oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica, in specie di quelle istituzioni non in grado di reggere l’impatto delle nuove regole introdotte con riguardo alla formazione numerica delle classi.
Il Collegio, d’accordo sul punto con il giudice di primo grado, ritiene che l’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, imponga quindi l’elaborazione di un vero e proprio atto generale, a natura programmatica, avente ad oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica, di cui costituisce solo un segmento l’individuazione delle istituzioni scolastiche cui estendere il meccanismo di temporanea ultrattività dei limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione adottato in data 24 luglio 1998, n. 331.
La differente opzione interpretativa proposta dai Ministeri appellanti, volta ad assegnare all’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, la sola finalità di consentire la deroga in favore di un elenco di scuole disagiate – oltre ad essere con evidenza confliggente non solo con la suillustrata ratio complessiva del disegno di riforma – è contraddetta dalla circostanza per cui la stessa previsione normativa espressamente e chiaramente limita la deroga al “solo” anno scolastico 2009-2010, sicché, in assenza di un piano organico di riqualificazione, il problema sarebbe inevitabilmente destinato a riproporsi per gli anni scolastici successivi.
Attesa la illustrata ricostruzione interpretativa del quadro normativo di riferimento, deve, pertanto, escludersi che possa considerarsi assolto l’obbligo imposto dall’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, in conseguenza dell’adozione del decreto interministeriale del 23 settembre 2009, con il quale, con il dichiarato obiettivo di definire “nell’ambito del predetto piano” un elenco di scuole per le quali potrebbero restare confermati i pregressi limiti numerici di cui al d.m. 331/98, i Ministeri appellanti hanno solo demandato a ciascun Ufficio Scolastico Regionale di individuare le scuole effettivamente inidonee, fissando al contempo il limite massimo del 28% delle strutture scolastiche complessivamente facenti capo ai rispettivi territori.
Come correttamente e condivisibilmente sostenuto dal primo giudice, l’elenco è cosa diversa dal piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica costituendo solo una misura urgente e provvisoria volta all’individuazione delle scuole che, per il solo anno scolastico 2009/2010, avrebbero potuto ottenere la citata deroga, in attesa di un vero piano di riqualificazione.
Ritiene il Collegio che, a fronte della indicata lettura dei dati normativi che vengono in rilievo, non possa essere sopravvalutato, nel sostenere una diversa interpretazione degli stessi, l’espressione “apposito piano” contenuta nell’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, che non appare incompatibile con il riconoscimento della natura generale e programmatica dello stesso.
D’altra parte, non senza rimarcare che non è in contestazione la legittimità dell’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, l’interpretazione sopra illustrata pare al Collegio la sola coerente con la sua formulazione testuale e, ancor prima, con la ratio complessiva del disegno normativo recato dal richiamato regolamento, sicché non è agevole cogliere la portata della censura dedotta con il secondo motivo dell’appello principale.
3.2. Vanno pure disattesi i motivi dell’appello principale con cui si deduce l’erronea applicazione della disciplina dettata d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, e in particolare dell’art. 1, co. 1: ritiene infatti il Collegio che ricorrano nel caso di specie tutti i presupposti cui la disposizione richiamata subordina l’esperibilità del rimedio previsto.
Nessun pregio può essere in particolare riconosciuto all’assunto, sostenuto nell’appello principale, secondo cui nel caso di specie il piano di cui all’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, è stato formalmente adottato con il decreto interministeriale del 23 settembre 2009, sicché, allorché se ne intenda contestare la legittimità, il rimedio esperibile sarebbe quello di annullamento, non già quello contemplato dall’art. 1, co. 1., d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, che invece presuppone “la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento”.
Non senza rimarcare la necessità di evitare interpretazioni formalistiche del citato art. 1, co. 1., d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, idonee ad offrire alle amministrazioni tenute all’adozione di atti amministrativi generali modalità troppo agevoli di elusiva sterilizzazione della tutela aggiuntiva dalla stessa disposizione introdotta, è sufficiente osservare che, come chiarito sub n. 3.1.2, l’elenco contenuto nel succitato decreto interministeriale è cosa diversa dal piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica costituendo solo una misura urgente e provvisoria volta all’individuazione delle scuole che, per il solo anno scolastico 2009/2010, avrebbero potuto ottenere la più volte citata deroga, in attesa di un vero piano di riqualificazione.
Va parimenti disattesa la censura con cui si sostiene che per l’adozione del piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica l’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, non indica un termine sicché non sarebbe applicabile il citato art. 1, co. 1, d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, laddove richiede per la proponibilità dell’azione ivi disciplinata “la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento”.
Ebbene, nessun dubbio potendo sorgere in merito alla natura generale e obbligatoria del piano di riqualificazione, così come per quel che attiene alla concretezza ed attualità della lesione derivante dalla sua mancata adozione, non può il Collegio – quanto alla adozione dello stesso entro un termine normativamente previsto – che concordare con il giudice di primo grado laddove ha condivisibilmente sostenuto che la previsione del termine è agevolmente desumibile dal riferimento, contenuto nell’art. 3, co. 2, d.P.R. 20 marzo 2009 n. 81, al “solo” anno scolastico 2009-2010, così lasciando intendere che per gli anni successivi debba già essere stato adottato il piano di riqualificazione.
3.3. Alla stregua delle esposte ragioni va pertanto respinto l’appello principale.
3.4. Va parimenti disatteso l’appello incidentale con cui si deduce l’erroneità della sentenza gravata laddove non ha ordinato l’emanazione delle norme tecniche-quadro previste dall’art. 5, l. 11 gennaio 1996, n. 23.
E’ sufficiente osservare, al riguardo, che, per precisa scelta legislativa, l’ art. 1, co. 1., d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, richiede per la proponibilità dell’azione ivi disciplinata “la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento”; va esclusa, pertanto, l’ammissibilità dell’azione allorché con la stessa si lamenti la mancata emanazione di atti a contenuto normativo.
Correttamente, pertanto, il primo giudice ha concluso per l’inammissibilità in parte qua del ricorso di primo grado, attesa la natura normativa che lo stesso art. 5, l. 11 gennaio 1996, n. 23, esplicitamente riconosce alle previsioni tecniche-quadro la cui adozione la stessa disposizione imponeva entro il termine di 90 gg. dalla propria entrata in vigore.
4. Alla stregua delle esposte ragioni vanno respinti l’appello principale e quello incidentale.
5. Attesa la delicatezza e novità dei profili involti, il Collegio dispone la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello principale, lo respinge.
Respinge l’appello incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.