Il Tribunale di Reggio Emilia, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 25, primo comma, 32, 102, 104, 111 e 117 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 11, commi 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Il giudice a quo premette che nel giudizio principale il ricorrente, quale beneficiario dell’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), avendo contratto epatite HCV a seguito di trasfusioni, ha chiesto l’accertamento del diritto a riscuotere la rivalutazione monetaria, sulla base del tasso di inflazione programmato, dell’indennità integrativa speciale di cui all’art. 2, comma 2, della medesima legge, costituente parte integrante dell’indennizzo in godimento.
Il rimettente pone in evidenza come la questione, concernente la rivalutazione della componente prevista dall’art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, sia stata oggetto in giurisprudenza di decisioni contrastanti. In particolare, con la sentenza del 28 luglio 2005, n. 15894, la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha affermato la necessità della rivalutazione, secondo il tasso annuale di inflazione programmata, dell’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, anche con riferimento alla componente di cui al comma 2, dell’art. 2 della medesima legge, rilevando che una diversa interpretazione non sarebbe conforme ai principi costituzionali, in quanto la misura dell’indennizzo, se non rivalutata per intero nelle sue componenti, non sarebbe equa rispetto al danno subito, da rapportare al pregiudizio alla salute, tanto più che gli aumenti Istat dell’indennizzo – al netto dell’indennità integrativa speciale – sono modesti e l’indennità stessa è rimasta ferma a lire 1.991.765, pari a euro 1.028,66 (corrispondente al valore di due mensilità, in quanto l’indennizzo è corrisposto ogni due mesi). Diversamente, con la sentenza del 13 ottobre 2010 (recte: 2009) n. 21703, la Corte di cassazione, sezione lavoro, si è discostata dal precedente orientamento, ritenendo non rivalutabile la componente di cui all’art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992.
Il rimettente sottolinea che, nonostante quest’ultima interpretazione, le Corti di merito continuano ad adeguarsi al precedente orientamento, riconoscendo la rivalutazione monetaria dell’intero indennizzo.
Sulla sollevata questione di legittimità costituzionale, la Corte Costituzionale, con la sentenza n.293/2011 del 7-9/11/2011, ha così argomentato:
“La legge n. 210 del 1992, modificata dalla legge n. 238 del 1997, stabilisce che «Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge» (art. 1, comma 1). Il medesimo art. 1, comma 3, dispone che «I benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali».
L’art. 2, comma 1, della citata legge n. 210 del 1992 (e successive modificazioni) aggiunge che l’indennizzo de quo «consiste in un assegno, reversibile per quindici anni, determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dall’articolo 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111. L’indennizzo è cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito ed è rivalutato annualmente sulla base del tasso d’inflazione programmato».
L’art. 2, comma 2 (primo periodo), della medesima legge prevede che l’indennizzo in questione sia integrato da una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale, di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza), e successive modificazioni, contemplata per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato.
La rivalutazione su base annua, secondo il tasso d’inflazione programmato, dell’assegno disciplinato dall’art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992 non era prevista dal testo iniziale di detta disposizione. Essa fu introdotta con l’art. 1, comma 1, della legge n. 238 del 1997. Nulla, invece, fu disposto al riguardo per la seconda componente dell’indennizzo, cioè per la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale, ancorché questa avesse per l’appunto funzione integrativa dell’indennizzo medesimo.
Sulla possibilità di rivalutare o meno la detta somma la giurisprudenza di legittimità si è espressa in modo contrastante (in senso favorevole alla rivalutazione, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze del 27 agosto 2007, n. 18109 e del 28 luglio 2005, n. 15894, secondo cui l’importo bimestrale corrisposto agli aventi diritto all’indennizzo deve essere rivalutato secondo il tasso d’inflazione annualmente programmato, sia con riferimento all’assegno di cui all’art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992, sia con riferimento alla somma prevista dall’art. 2, comma 2, della medesima legge; in senso contrario, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza del 19 ottobre 2009, n. 22112 e 13 ottobre 2009, n. 21703, secondo le quali la possibilità di rivalutare la somma de qua sarebbe esclusa sia dal dato testuale, sia dal rilievo che l’indennità integrativa speciale avrebbe proprio la funzione di attenuare o impedire gli effetti della svalutazione monetaria, onde sarebbe ragionevole che ne sia esclusa la rivalutabilità).
La giurisprudenza di merito ha in prevalenza seguito il primo orientamento.
In questo quadro, è intervenuta la normativa censurata, recata dall’art. 11, commi 13 e 14, del d. l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.
In particolare, il citato art. 11, comma 13, ha disposto che «Il comma 2 dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione». Il successivo comma 14 ha stabilito che «Fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto».
5.1. – Tale disciplina non è conforme al parametro dettato dall’art. 3, primo comma, Cost., in quanto risulta in violazione del principio di uguaglianza.
Va premesso che, come questa Corte ha già chiarito, la menomazione della salute conseguente a trattamenti sanitari può determinare, oltre al risarcimento del danno in base alla previsione dell’art. 2043 del codice civile, il diritto ad un equo indennizzo, in forza dell’art. 32 in collegamento con l’art. 2 Cost., qualora il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale, come la sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie (fattispecie alla quale è stato assimilato il caso in cui il danno sia derivato da un trattamento sanitario che, pur non essendo giuridicamente obbligatorio, sia tuttavia, in base ad una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società: sentenza n. 27 del 1998); nonché il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma degli artt. 2 e 38, secondo comma, Cost., a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996).
La situazione giuridica di coloro che, a seguito di trasfusione, siano affetti da epatite è riconducibile all’ultima delle ipotesi ora indicate. E il legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, è intervenuto con la legge n. 210 del 1992, prevedendo (tra l’altro) un indennizzo consistente in una misura di sostegno economico, fondato sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua dei citati artt. 2 e 38 Cost., a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno (sentenza n. 342 del 2006, punto 3 del Considerato in diritto), misura che trova fondamento nella insufficienza dei controlli sanitari predisposti nel settore (sentenza n. 28 del 2009).
Le scelte del legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità, della misura, della gradualità e dei modi di erogazione delle provvidenze da adottare, rientrano nella sfera della sua discrezionalità. Tuttavia, compete a questa Corte verificare che esse non siano affette da palese arbitrarietà o irrazionalità, ovvero non comportino una lesione della parità di trattamento o del nucleo minimo della garanzia (sentenze n. 342 del 2006 e n. 226 del 2000).
Ciò posto, si deve rilevare che con l’art. 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), è stato disposto che «L’indennizzo di cui all’articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, è riconosciuto, altresì, ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco, nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della macromelia».
L’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229 (Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie) rinvia, a sua volta, ai soggetti di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992 e disciplina l’ulteriore indennizzo ai medesimi spettante, determinandone importo e modalità di erogazione (comma 1). Il comma 4 della norma statuisce che «L’intero importo dell’indennizzo, stabilito ai sensi del presente articolo, è rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT». Per il richiamo effettuato dalla legge n. 24 del 2007 all’intero art. 1 della legge n. 229 del 2005 anche quest’ultima disposizione si applica all’indennizzo riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide. Del resto, il regolamento di esecuzione dell’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007, recato dal decreto ministeriale del 2 ottobre 2009, n. 163 (Regolamento di esecuzione dell’articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco), ribadisce nell’art. 1, comma 4, che l’importo dell’indennizzo suddetto «è interamente rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT».
Orbene, come già chiarito da questa Corte, non è ravvisabile irrazionale disparità di trattamento dei soggetti danneggiati in modo irreversibile da emotrasfusioni rispetto a quanti abbiano ricevuto una menomazione permanente alla salute da vaccinazioni obbligatorie, trattandosi di situazioni diverse che non si prestano ad entrare in una visione unificatrice (sentenza n. 423 del 2000 e ordinanza n. 522 del 2000).
Non altrettanto, però, può dirsi per la situazione delle persone affette da sindrome da talidomide. Invero, la ratio del beneficio concesso a tali persone è da ravvisare nell’immissione in commercio del detto farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari sui suoi effetti, sicché esso ha fondamento analogo, se non identico, a quello del beneficio introdotto dall’art. 1, comma 3, della legge n. 210 del 1992. Nella sindrome da talidomide, come nell’epatite post-trasfusionale, i danni irreversibili subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici non legalmente imposti e neppure incentivati e promossi dall’autorità nell’ambito di una politica sanitaria pubblica. Entrambe le misure hanno natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost.
In questo quadro non si giustifica, e risulta, quindi, fonte di una irragionevole disparità di trattamento in contrasto con l’art. 3, comma primo, Cost., la situazione venutasi a creare, a seguito della normativa censurata, per le persone affette da epatite post-trasfusionale rispetto a quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide.
A questi ultimi è riconosciuta la rivalutazione annuale dell’intero indennizzo, mentre alle prime la rivalutazione (sulla base del tasso di inflazione programmato: art. 2, comma 1, legge n. 210 del 1992) è negata proprio sulla componente diretta a coprire la maggior parte dell’indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l’altro, che soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione. E ciò ad onta delle caratteristiche omogenee come sopra riscontrate tra i due benefici.
La tesi della difesa dello Stato, secondo cui essi in realtà resterebbero differenziati ab origine, «nel senso che il relativo ammontare è comunque diverso», anche a prescindere dalla rivalutabilità o meno della componente commisurata alla indennità integrativa speciale inclusa nella base di calcolo, non può essere condivisa. Infatti, il diverso ammontare dell’indennizzo attiene alla determinazione del quantum e, quindi, risponde a legittime scelte discrezionali del legislatore che non sono qui in discussione. Esse, comunque, non incidono sulle ragioni unificanti sopra evidenziate.
Conclusivamente, alla stregua delle esposte considerazioni, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 13, del d. l. n.78 del 2010, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010. La declaratoria riguarda anche il successivo comma 14, trattandosi di disposizione strettamente connessa alla precedente, in quanto diretta a regolare gli effetti intertemporali della norma interpretativa, della quale, dunque, segue la sorte”.