Dal Tribunale di Nocera Inferiore è stato definitivamente sdoganato, con una scelta innovativa e coraggiosa, oltre che di grande civiltà socio-giuridica, il vecchio schema che, in caso di separazione personale dei coniugi con prole, vedeva l’indicazione della madre come “collocataria principale e privilegiata” dei figli minori.
Il punto di svolta è stato segnato dall’ordinanza del 05.05.2015, pubblicata il 28.05.2015, con la quale il Tribunale di Nocera Inferiore, nella persona dei magistrati: dott. Gustavo Danise, Presidente, dott.ssa Enza Faracchio, Giudice, e Dott.ssa Raffaella Cappiello, Giudice Relatore, nel procedimento ex art. 710 cpc, iscritto al n. rg 452/2014, modificava le condizioni della separazione consensuale omologata con decreto del 15.12.2012, nel senso di prevedere la collocazione delle figlie minori presso il padre; disponendo, conseguentemente, l’assegnazione della casa coniugale al marito e fissando un contributo per il mantenimento delle figlie a carico della moglie.
Tale “rivoluzionario” provvedimento, al fine di meglio garantire il superiore interesse della prole, stravolgeva — mirabilmente — i patti assunti dai coniugi ed omologati in sede di separazione consensuale, solcando così la scia per il superamento dell’orientamento che in passato veniva apaticamente seguito per la scelta del genitore, dapprima, affidatario e, poi, collocatario della prole.
Nel caso concreto, l’ex moglie, con ricorso del 27.03.2014, sollecitava la modifica delle condizioni di separazione consensuale, chiedendo, in ragione di un sopravvenuto deterioramento dei rapporti con l’ex coniuge, di procedere ad una puntuale regolamentazione del diritto di visita dello stesso nonché, per quanto concerneva la statuizione di carattere squisitamente economico, di rideterminare l’assegno di mantenimento, aumentandolo ad € 1.000,00, in considerazione delle peggiorate condizioni economiche e di disporre, contestualmente, che l’ex coniuge le consentisse l’utilizzo della autovettura di sua proprietà, onde poter accompagnare le minori a scuola di danza.
Si costituiva il marito, richiedendo il rigetto della domanda avanzata dalla ricorrente nonché, in riconvenzionale, la collocazione presso di sé delle figlie minori.
Il Tribunale investito della decisione, dopo aver evidenziato, in via preliminare, che la disciplina dei cui all’art. 710 cpc fosse applicabile anche ai verbali di separazione consensuali omologati dal tribunale (Trib. Ravenna 22.11.1989) e che l’affidamento condiviso rappresentasse la regola che tendenzialmente dovesse essere garantita, passava a valutare presso quale dei due coniugi era più opportuno collocare le minori.
Orbene, il Tribunale ricorreva opportunamente all’audizione delle minori con il supporto di un CTU ed, a tal uopo, nominava un proprio ausiliario all’ascolto.
Dalle dichiarazioni rese dalle minori in sede di ascolto, emergeva come le stesse preferissero la collocazione presso la residenza paterna, pur dichiarando di avere un sereno rapporto con la madre e di voler mantenere con la stessa un rapporto costante.
I Giudici decidevano di condividere le osservazioni del consulente psicologico nominato quale ausiliario dall’ascolto delle minori, perché questi, a parere del Collegio Giudicante, aveva ben delineato il complessivo atteggiamento delle minori rispetto alle figure genitoriali e l’incidenza che lo stato di separazione aveva avuto rispetto al rapporto con le stesse, ricorrendo ad una metodologia, essenzialmente incentrata sull’osservazione del minore nella fase del colloquio, attraverso l‘ausilio anche di strumenti tecnici, quale il gioco degli animali, in grado di garantire risultati esaustivi ed attendibili.
Il CTU, infatti, aveva messo in evidenza che le minori avevano congrua età per esprimere i propri bisogni e che le stesse avevano espresso chiaramente di voler vivere con il padre.
Dall’elaborato peritale, risultava che “le minori vivevano una fase di idealizzazione della figura paterna”, mentre percepivano “la madre più raccolta all’esterno, più attenta al suo essere donna che all’essere madre”.
Peraltro, tali osservazioni avevano trovato pieno riscontro nei colloqui intervenuti in udienza con le minori, onde era emerso che l’una bambina associava la madre ad “un animale che cambia spesso umore” e l’altra riferiva che la madre “mangiava da sola mentre noi rimanevamo in cameretta. Lei in cucina parlava al telefono. Mi ricordo che mamma quando stavamo a volte dopo cena sul divano e parlavamo fra noi, se riceveva una telefonata andava via in cucina a parlare al telefono”.
Il Collegio argomentava nel senso che “La mancanza di spirito collaborativo tra i genitori e la difficoltà di comunicazione tra gli stessi o ancora la presenza del conflitto in sé non impedisce pertanto di adottare la soluzione dell’affidamento condiviso”.
Tuttavia, ferma restando la necessità dell’affido condiviso e della costruzione e mantenimento di un rapporto stabile ed equilibrato delle minore con entrambe le figure genitoriali, il Giudice Relatore dell’ordinanza in commento, dott.ssa Raffaella Cappiello, con atteggiamento coraggioso e di rara sensibilità, soggiungeva che non sussistevano motivi per discostarsi dalla volontà delle minori, anzi che una scelta contraria potesse essere controproducente per il rapporto tra le minori e la madre, sicchè, in modificazione del decreto di separazione consensuale e contrapponendosi fermamente a tutte le richieste formulate dalla stessa parte ricorrente, concludeva per la collocazione delle figlie minori presso il padre; disciplinava puntualmente il diritto di visita della madre; disponeva l’assegnazione della casa coniugale, con tutti i mobili che l’arredavano, al marito perché l’abitasse insieme alle figlie; poneva a carico della moglie un assegno di € 200,00 a titolo di mantenimento per le figlie nonché il 50% delle spese straordinarie.
La decisione esposta, con indiscussa sapienza giuridica, dal Giudice relatore, dott.ssa Raffaella Cappiello, ravvisando nel padre il collocatario migliore per le figlie minori, appariva ancor più innovativa, coraggiosa e “rivoluzionaria” per il fatto che una delle figlie si trovava in età adolescenziale.
Tale provvedimento, in effetti, riconoscendo nel padre anche la figura di guida psicologica e sostegno morale nell’età critica adolescenziale di una delle figlie, chiamata a gestire i primi innamoramenti, i suoi mutamenti fisici e corporei e l’avvicinamento all’età più adulta, sovvertiva la tradizionale concezione secondo la quale nei problemi di una figlia adolescente solo la madre poteva essere deputata a sorreggere la figlia in questo difficile progredire.
Emiliana Matrone