L’istituto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie è uno strumento di risoluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione, da intendere sia come una risposta adeguata agli eccessivi costi e ritardi della giustizia ordinaria, sia come risposta qualitativa, nel senso che consente di perseguire anche scopi extragiudiziali quali, ad esempio, la conservazione delle relazioni sociali e professionali, che non potrebbero trovare accoglimento nel provvedimento di un Magistrato, a prescindere dall’efficienza del sistema giudiziario.
Nel panorama normativo europeo ed internazionale la conciliazione e gli altri strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione (cd ADR – Alternative Dispute Resolution) sono una realtà consolidata, efficiente ed in continua crescita.
Il concetto culturale alla base di tale scelta si evidenzia nel fatto che il dissenso non rappresenta più una condizione irregolare del rapporto, estraneo ad esso, ma piuttosto una diversa circostanza, in cui persiste l’esigenza di salvaguardare il rapporto fiduciario originario anche nel momento più difficile: quello del contrasto e della controversia.
Questo ci fa capire, però, che le ADR sono una scelta naturalmente evolutiva di un processo socio-culturale e, in quanto tali, le ADR non possono non risentire dell’influenza dei diversi e differenti contesti socio-colturali nei quali si sviluppano.
Non è casuale, infatti, la circostanza che il comune denominatore delle diverse risoluzioni di cd giustizia alternativa è la volontà delle parti di favorire lo strumento “alternativo” a quello ordinario del ricorso alla magistratura.
Il diritto, che è vivo, ha recepito la descritta evoluzione colturale, dettando la disciplina dei procedimenti e delle procedure ADR.
L’istituto della conciliazione nasce e si sviluppa nel secondo dopo guerra, in particolare, nel mondo anglosassone dove si chiama “mediation”. Per mediazione si intende l’interposizione di un terzo tra due o più parti in conflitto, il cui intervento comporta un obbligo di mezzi e non di risultato.
Nella prassi italiana per riferirsi alla mediation si utilizza indifferentemente il termine mediazione e conciliazione.
In verità non esiste una vera e propria distinzione se non terminologica.
In genere, si utilizza il termine conciliazione per riferirsi a fattispecie tecniche e regolate dalla legge (es conciliazione di lavoro, giudiziale, extragiudiziale, commerciale), mentre si parla di mediazione per riferirsi alle prassi più relazionali e meno normate ( es. m. scolastica, familiare, ambientale, etc).
Tuttavia è bene precisare che la mediazione in argomento non è va confusa con un’altra fattispecie giuridica da noi conosciuta come mediazione d’affari e disciplinata dagli artt. 1754 e ss cc. La mediazione d’affari, infatti, prescinde dall’esistenza di una controversia tra le parti e obbliga il mediatore a farle giungere, appunto, alla conclusione di un affare, in ragione del quale egli riceverà il suo compenso provvisionale.
Perché si parli di conciliazione è inevitabile che ci siano delle esigenze contrapposte tra due o più parti tra cui mediare.
Il conciliatore è un terzo, indipendente, neutrale ed imparziale, che non decide la controversia, ma, grazie alla sua capacità e preparazione, facilita ed aiuta le parti in lite a trovare la soluzione al conflitto e a raggiungere un accordo soddisfacente e vantaggioso.
Tradizionalmente il procedimento di conciliazione si avvia attraverso il deposito di una domanda presso la segreteria dell’organismo. Le parti possono depositare domande congiunte o contestuali.
L’istanza di conciliazione deve contenere il nome e l’indirizzo delle parti, l’oggetto della domanda, il valore economico della lite, l’accettazione del regolamento e delle tariffe.
La segreteria invita l’altra parte alla conciliazione.
Se questi rifiuta l’invito la procedura si conclude con verbale di mancata adesione conciliativa.
Se, invece, accetta l’invito, viene designato un conciliatore e fissata la data dell’incontro.
Il conciliatore non decide la controversia, ma aiuta le parti a trovare un accordo soddisfacente.
La sede dell’incontro è presso gli uffici dell’organismo di conciliazione.
Le parti partecipano all’incontro personalmente o mediante un proprio rappresentante e possono farsi assistere da un avvocato.
Il conciliatore conduce l’incontro senza formalità di procedura, sentendo le parti separatamente e congiuntamente
Se le parti raggiungono l’accordo la conciliazione si conclude con un verbale di avvenuta conciliazione, in caso contrario si redige verbale di fallita conciliazione.
La conciliazione è caratterizzata dalla riservatezza, nel senso che le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di conciliazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato dopo l’insuccesso della conciliazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio.
Quanto al tariffario, appare interessante osservare che i diritti di segreteria da versare a cura della parte istante ammontano ad € 30,00, ad esempio secondo il tariffario delle conciliazioni innanzi alla camera del commercio. I diritti di segreteria non sono dovuti quando una delle parti è un consumatore, quando il tentativo di conciliazione è previsto come obbligatorio dalla legge, quando le parti depositano una domanda di conciliazione congiunta.
Le spese di conciliazione sono molto modeste: per ciascuna parte € 40,00 quando il valore della lite è fino a € 1000,00; € 100,00 se il valore della lite è compreso tra € 1001,00 e € 5.000,00; le parti versano € 200,00 se il valore della lite è compreso tra € 5.001,00 e 10.000,00, etc.
Il pagamento deve avvenire prima dell’inizio dell’incontro. Esse comprendono anche l’onorario del conciliatore e coprono l’intero procedimento indipendentemente dal numero degli incontri.
Emiliana Matrone
www.consulenza-legale.info