La Corte di Cassazione, con la sentenza 5 dicembre 2007 n. 25388, ribadisce che la violazione dell’ art. 158 comma 1, lett. g del D.Lgs. n. 285 del 1992, attiene allo specifico divieto di fermata e di sosta su attraversamento pedonale. Pertanto, sussiste l’illecito anche quando lo spazio destinato a questo scopo sia stato solo parzialmente occupato ed anche quando non sia stato effettivamente cagionato un impedimento o un intralcio alla circolazione.
In ragione della presunzione di intralcio e pericolo per la circolazione richiamata dal legislatore, la Suprema Corte chiarisce che anche coloro che utilizzano gli autoveicoli per il trasporto delle persone invalide, in possesso dello specifico contrassegno, devono rispettare i divieti imposti dal citato art. 158 del Codice della Strada.
Emiliana Matrone
Cassazione civile, sez. II, 5 dicembre 2007, n. 25388
Fatto
Con ricorso depositata presso la Cancelleria del Giudice di Pace di Terni in data 4.12.01 D.F. ebbe ad opporre, ai sensi della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e segg., così come richiamati dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 205, il verbale n. (OMISSIS) del (OMISSIS) redatto da agente in forza al Comando di polizia municipale del Comune di Terni stante l’accertata violazione a suo carico dell’art. 158 C.d.S., quale conducente dell’autovettura Fiat 500 tg.
(OMISSIS).
Il predetto veicolo veniva riscontrato in sosta in c.so del Popolo n. 40 in Terni sull’attraversamento pedonale ivi esistente.
La violazione veniva contestata alla D.F. presso il locale Comando di P.M. in data 11.12.01. La D. contestava il cennato verbale con ricorso del seguente tenore: “In data 9/11/01, alle ore 15,15 circa, lasciavo la macchina Fiat 500 tg. (OMISSIS) in sosta davanti alla Banca di Roma Ag. Di Terni 1 in corso del Popolo n. 48, vicino al marciapiede e sulle strisce pedonali, per non intralciare il traffico e per non bloccare le altre autovetture regolarmente parcheggiate, per 10-15 minuti circa, il tempo di entrare nell’istituto di credito e firmare un atto senza fare file allo sportello. Uscita dalla Banca la sottoscritta trovava la contravvenzione di L. 127.020 che appare eccessiva rispetto alla trasgressione contestatagli” (così nell’atto di opposizione depositato il 4.12.2001).
Il giudice di pace di Terni, nell’emettere il decreto di fissazione d’udienza, disponeva la sospensione del verbale opposto in difetto di allegazione dei gravi motivi richiesti dalla L. n. 689 del 1981, art. 22.
Si costituiva il Comune di Terni contestando la fondatezza del proposto ricorso.
Il Giudice adito, sulla scorta di istruttoria meramente documentale, accoglieva il gravame dando lettura del dispositivo della decisione all’udienza dell’8.4.01 e depositando la parte motiva della sentenza n. 447/02 l’11.9.02 affermando testualmente: “Le ragioni esposte dalla ricorrente sono da ritenersi attendibili e l’illecito amministrativo è stato commesso per necessità, con le modalità descritte, al fine di non recare intralcio al traffico ed evitare di bloccare le auto ivi regolarmente parcheggiate. La sosta effettuata in tal modo, pertanto, e per così breve tempo, non costituiva un illecito così grave per essere penalizzata con la sanzione pecuniaria comminata, e di tale importo” (così a pag. 2 della sentenza). Il Comune di Terni ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice di Pace di Terni n. 447/02, posta in pubblicazione l’11.09.02, con due motivi di gravame. La D. F. non ha svolto difese in questo giudizio.
Diritto
Con il primo motivo il Comune di Terni ha denunziato violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma, art. 6 Cost. (obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali), degli artt. 132 Cost., comma 2, n. 4) (“contenuto della sentenza; obbligo di concisa motivazione”) e art. 311 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – omessa, insufficiente e/o contraddittoria e/o apparente motivazione su di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Il Giudice di Pace di Terni con la sentenza precitata ha accolto l’opposizione proposta dalla D. F. ritenendo l’illegittimità dell’operato dell’agente accertatore ed annullando il verbale n. (OMISSIS) del (OMISSIS) ma omettendo di fornire motivazione congrua ed adeguata, o meglio offrendone una solo apparente, a sostegno dell’orientamento assunto e rendendo impossibile comprendere l’iter logico argomentativo seguito per giungere ad una pronuncia così chiaramente contra legem.
Giova premettere che la motivazione della sentenza consiste nella concisa e logica esposizione dei motivi in fatto ed in diritto della decisione: esposizione che deve porre in evidenza i fatti salienti della causa e le ragioni giuridiche della decisione, senza omettere l’indicazione delle norme di legge o dei principi giuridici applicati. Per adempiere all’obbligo della motivazione il giudice di merito non è tenuto a compiere una analisi particolareggiata di tutte le deduzioni delle parti e di tutti gli elementi probatori emersi nel procedimento, essendo sufficiente che egli, attraverso una valutazione globale di tutte le risultanze di causa, spieghi le ragioni che hanno determinato il suo convincimento (Cass. Civ. Sez. 2^ n. 2114/1995; Cass. 3^ n. 9744/1966; Cass. 1^ n. 2067/1998; Cass. n. 109/1957; Cass. n. 3705/1956; Cass. n. 1684/1956; Cass. n. 1603/1955).
Più volte è stato affermato che la motivazione, quale presupposto logico giuridico della sentenza, ben può servire ad integrare e non soltanto a chiarire od interpretare la effettiva statuizione contenuta nel dispositivo, dovendo per un verso la volontà espressa dal giudice esser valutata sulla base di tutte le enunciazioni contenute nella sentenza stessa vista nel suo complesso (così Cass. n. 3688/1981; Cass. n. 3800/1982); per altro verso dovendosi la motivazione di una sentenza ritenere insufficiente quando riveli nel suo insieme una obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice del merito alla formazione del suo convincimento (Cass. n. 11154/1995).
La gravata decisione, per quanto detto, risulta affetta dalle censure denunciate in quanto solo apparentemente motivata.
Ciò perchè il giudice di merito, limitandosi nel caso di specie ad affermare che “Le ragioni esposte dalla ricorrente sono da ritenersi attendibili e l’illecito amministrativo è stato commesso per necessità, con le modalità descritte, al fine di non recare intralcio al traffico ed evitare di bloccare le auto ivi regolarmente parcheggiate. La sosta effettuata in tal modo, pertanto, e per così breve tempo, non costituiva un illecito così grave per essere penalizzata con la sanzione pecuniaria comminata, e di tale importo”, ha omesso ogni argomentazione sul punto decisivo dibattuto tra le parti e dunque sull’iter logico seguito e sulla ratio decidendi posti alla base della adottata decisione.
Infatti, il punto decisivo della controversia sul quale il Giudicante doveva motivare e non ha motivato riguardava la circostanza dell’avvenuta sosta del mezzo condotta dalla D. su di un attraversamento pedonale e della ragione della sua idoneità ad invalidare l’irrogata sanzione (l’opponente, infatti, non ha neppure contestato la violazione essendosi limitata ad affermare di aver parcheggiato in C.so del Popolo onde recarsi presso la locale Banca Nazionale). Essendo questa la questione introdotta dall’opponente, peraltro contrastata dal Comune, dalla lettura della gravata decisione risulta del tutto preclusa la possibilità di ricostruire il ragionamento posto a fondamento del decisum non avendo il giudice di merito in alcun modo esplicitato le ragioni giuridiche della illegittimità dell’opposto verbale ed, anzi, la motivazione rivela una obiettiva deficienza nell’iter logico che ha condotto il giudicante alla formazione del proprio convincimento, ciò in spregio alle norme richiamate nel motivo ed ai principi enucleati dalla Suprema Corte (ulteriormente Cass. Civ. – Sez. 3^ – n. 10667/01;
Cass. Civ. – Sez. 2^ – n. 7476/01, Cass. Civ. – Sez. 3^ – n. 12803/00; Cass, Civ. – Sez. 2^ – n. 1413/99).
Da ciò ne discende la fondatezza delle censure.
Il ricorrente denuncia con il secondo motivo violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (“onere della prova”), art. 2699 c.c. (“atto pubblico”), art. 2700 c.c. (“efficacia dell’atto pubblico”), dell’art. 115 c.p.c. (“disponibilità della prova”);
della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 6 (“giudizio di opposizione – potere di disporre d’ufficio mezzi di prova necessari …”), del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 158, comma 1, lett. g) e art. 159, comma 1, lett. b) (“divieto di fermata e sosta sui passaggi e attraversamenti pedonali, rimozione veicoli nei casi di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 159, comma 1, lett. b”), art. 4, dell’art. 54 c.p. (stato di necessità), dell’art. 99 c.p.c. (“principio della domanda”) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Il Giudice di Pace di Terni con la sentenza precitata ha accolto l’opposizione proposta dalla D.F. ritenendo l’illegittimità dell’operato dell’agente accertatore ed annullando il verbale n. (OMISSIS) del 9.11.01.
La gravata decisione risulta ulteriormente affetta dalle censure del ricorrente.
Ciò in considerazione delle totali carenze probatorie in ordine ai motivi di opposizione svolti dalla D., la quale non ha fornito la prova della mancanza di parcheggi liberi nè tanto meno di essersi effettivamente recata presso la Banca di Roma in Terni C.so del Popolo. L’infondatezza della svolta opposizione, del resto, emerge ancor più evidente se si considerano le diverse risultanze della documentazione in atti versati nel giudizio di merito (in specie il verbale opposto; doc. 1 fascicolo di parte del Comune).
L’avvenuta sosta del mezzo condotto dalla D. su attraversamento pedonale, infatti, oltre che non contestata dall’opponente, è chiaramente rilevabile dal predetto verbale che su tale fatto fa fede fino a querela di falso.
Il giudice di pace di Terni, ciò nonostante, ha ritenuto di dar credito alle indimostrate affermazioni della ricorrente (a conferma della quale non è stata richiesta nè tanto meno svolta attività istruttoria da parte della D.), disattendendo immotivatamente le risultanze dei documenti offerti in giudizio dal Comune di Terni che rendevano palese l’infondatezza della svolta opposizione.
Il giudice, in mancanza assoluta di tali elementi di prova, non poteva considerare i motivi mossi all’accertamento fondati ed in quanto tali meritevoli di accoglimento.
Anzi, proprio in virtù della carenza di prove concrete e certe sulle doglianze introdotte dalla ricorrente il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere rilevante e decisivo: a) quanto verbalizzato dall’agente di polizia municipale; al verbale opposto, infatti, l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, ha attribuito il valore di atto pubblico ex art. 2700 c.c., seppur limitatamente alla autenticità del documento, alla sua provenienza ed ai fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza (Cass. n. 788/88; Cass. Sez. Lav. n. 5237/1989; Cass. n. 7913/1990; Cass. 3127/1990); b) la presunzione di colpa in ordine al fatto vietato posta a carico di colui che l’ha commesso dalla L. n. 689 del 1981, art. 3 (Cass. 1^, n. 664/00; 3^, n. 536/00, n. L’opponente non ha fornito prova alcuna della mancanza di spazi liberi da adibire a parcheggio nè di essersi effettivamente recato in C.so del Popolo.
Ne discende che la sentenza è stata emessa in palese violazione dell’onere probatorio imposto dal combinato disposto dall’art. 2697 c.c., nonchè del divieto di fermata e sosta sugli attraversamenti pedonali dettato dal menzionato D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 158, comma 1, lett. g (C.d.S.).
Va ancora sottolineato che la violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 158, comma 1, lett. g, neppure contestata dall’opponente, attiene allo specifico divieto di fermata e di sosta su attraversamento pedonale. La Corte di Cassazione, con decisione del 21.6.1960, (in riv. giur. circ. trasp. 1960, 603) ha confermato la specifica configurazione dell’illecito anche quando lo spazio destinato a questo scopo sia stato solo parzialmente occupato ed anche quando non sia stato effettivamente cagionato un impedimento o un intralcio alla circolazione.
Peraltro, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 158 citato e di cui al successivo art. 159, comma 1, lett. a) sempre disposta (quindi obbligatoria senza alcun apprezzamento discrezionale da parte degli organi di polizia stradale) la sanzione amministrativa accessoria della rimozione del veicolo trovato in sosta nelle situazioni specificatamente indicate dal citato art. 158, commi 1, 2 e 3.
Il legislatore dal 1992 ha voluto, pertanto, assegnare ai citati divieti, per il solo fatto di essere violati, la caratteristica di intralcio o pericolo per la circolazione prevedendo espressamente ed obbligatoriamente la sanzione accessoria della rimozione del veicolo onde eliminare gli elementi di sussistenza della pericolosità del comportamento violativo accertato e censurato.
A tal riguardo, anche coloro che utilizzano gli autoveicoli per il trasporto delle persone invalide (in possesso dello specifico contrassegno, cosa da escludere nella vicenda che occupa per non esser stato rinvenuto dall’agente accertatore sull’autovettura e per non averne l’opponente neppure invocato l’utilizzo) nonostante alcune agevolazioni accordate a tale tipologia di utenza (sosta nelle zone vietate dalla specifica segnaletica, circolazione e sosta nelle aree tutelate – Z.T.L. ed aree Pedonali -, sosta senza limiti di tempo nelle aree destinate a sosta regolamentata, sosta nei parcheggi a pagamento senza corresponsione del rispettivo ticket, circolazione nelle corsie preferenziali), devono rispettare i divieti imposti dal citato art. 158, proprio per la presunzione accordata dal legislatore di intralcio e pericolo per la circolazione nel caso delle specifiche violazioni. Ne deriva, pertanto, che l’opponente non poteva posizionare il veicolo sull’attraversamento pedonale solo per il fatto di non riuscire a trovare altro parcheggio e di doversi recare presso un istituto di credito, circostanze peraltro soltanto dichiarate e non sopportate da alcuna prova.
Va ancora rilevato che il giudice di pace ha del tutto illegittimamente ed erroneamente ravvisato nel comportamento dell’opponente uno “stato di necessità”, ciò in base a prove e/o allegazioni e/o circostanze rispettivamente, come detto, non offerte nè idonee ai fini della configurabilità della esimente.
L’assunto avverso, secondo cui la commissione della violazione dell’art. 158 C.d.S., comma 1, lett. g, del D.Lgs. n. 285 del 1992 (sosta su attraversamento pedonale) sarebbe riconducibile alla mancanza di spazi liberi ed alla necessità recarsi presso l’agenzia della banca di Roma sita in Terni C.so del Popolo, oltre ad essere privo di riscontro probatorio, è del tutto estraneo allo “stato di necessità” considerato dalla L. n. 689 del 1981, art. 4, come causa di esclusione della responsabilità.
Il ricorso, pertanto, deve essere accolto e la Corte, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., rigetta l’opposizione e condanna D.F. al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida come in dispositivo; compensa le spese di 1^ grado.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; condanna D.F. al pagamento delle spese di questo giudizio, che liquida in Euro 100,00 per spese ed in Euro 300,00 per onorari di avvocato; compensa le spese di 1^ grado.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2007