L’istituto dell’”affidamento condiviso”, introdotto nel nostro ordinamento giuridico ad opera della legge 8 febbraio 2006, n. 54, appare come la conseguenza normale della separazione personale dei coniugi, mentre l’affidamento esclusivo dei figli a favore di uno dei due coniugi ne rappresenta l’eccezione.
La legge in esame (entrata in vigore il 16 marzo 2006) si compone di cinque articoli.
Il primo riforma completamente l’art. 155 c.c. ed arricchisce il codice civile di cinque nuovi articoli, dal 155bis al 155sexies.
L’art. 2, invece, interviene direttamente sul codice di procedura civile, aggiungendo all’art. 708 c.p.c. un nuovo comma e introducendo l’art. 709ter c.p.c..
L’art. 3 estende la sanzione penale prevista dall’art. 12sexies della cd legge sul divorzio anche alle ipotesi di separazione personale dei coniugi.
L’art. 4 stabilisce l’applicabilità delle nuove disposizioni ai giudizi già conclusi.
L’art. 5, infine, esclude che dall’applicazione della nuova legge possano derivare nuovi oneri per la finanza pubblica.
Le disposizioni della legge 54/2006 trovano applicazione non solo nel caso di separazione personale dei coniugi, ma anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
La novità principale della legge 54/2006 è il nuovo art. 155 c.c., secondo cui: “anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Tale disposizione, dunque, scolpisce solennemente tre principi fondamentali:
1) dalla separazione dei coniugi non debbono derivare conseguenze in grado di incidere negativamente sul rapporto genitori-figli;
2) il diritto di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi i genitori;
3) il diritto del fanciullo di conservare i rapporti con i nonni e con i parenti in genere.
È possibile chiedere l’affidamento condiviso, ovviamente, non solo in caso di separazione giudiziale, ma anche, a maggior ragione, nel caso di separazione consensuale, di cui all’art. 158 c.c..
In verità, per l’affermazione di tali diritti in capo ai figli di coniugi separati, della cui esistenza non si dubitava affatto, non occorreva una legge apposita, a meno di non voler ritenere banali e superflui l’art. 30 Cost. e i diritti del fanciullo sanciti dalla Convenzione di New York del 1989.
Peraltro, era già presente nel nostro sistema uno strumento analogo di affido congiunto, introdotto dall’art. 11 della Legge n. 74/1987, che modificava l’art. 6 della legge sul divorzio (L. 898/1970), disponendo espressamente che “ove il Tribunale lo ritenga utile all’interesse dei minori, anche in relazione all’età degli stessi, può essere disposto l’affidamento congiunto o alternato”.
Pertanto, l’esigenza perseguita dal legislatore deve essere volta nella diversa direzione di rendere effettiva la tutela di questi diritti.
Di recente, la Cassazione, nella Sentenza n. 18187/2006, ha affermato che le finalità dell’affidamento condiviso attengono prioritariamente all’interesse del minore dal punto di vista del suo sereno sviluppo, del suo equilibrio psico-fisico (anche in considerazione di situazioni socio-ambientali) e del perpetuarsi dello schema educativo, già sperimentato durante il matrimonio.
È di tutta evidenza che la disgregazione di una famiglia costituisca una grave ingerenza nella vita di un minore e da sempre la dottrina e la giurisprudenza hanno manifestato il favor per l’affido condiviso dei figli, in quanto idoneo a ridurre al massimo i danni derivanti dalla crisi del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo possibile della personalità del minore, ad evitare la deresponsabilizzazione del coniuge non affidatario, etc.
Tuttavia, se il concetto di bigenitorialità, da un punto di vista socio-culturale, riceve ampi consensi, sul piano tecnico-applicativo vi sono molteplici difficoltà, per cui, a distanza di più di un anno dall’emanazione della novella, l’affido esclusivo dei figli ad uno dei genitori stenta a divenire l’eccezione.