Come è noto, l’espressione “lavoro nero” o “lavoro irregolare” non ha una chiara definizione giuridica.
Per tentare di dare una definizione a tale espressione si può ricorrere all’art. 3, commi 3, 4 e 5, del decreto legge 22 febbraio 2002 n. 12, convertito in legge 23 aprile 2002 n. 73 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), nonché all’art. 36-bis della legge 28 luglio 2006, n. 248, (il c.d decreto Bersani del 2007), che nell’introdurre le sanzioni per “lavoro nero”, stabiliscono che è tale: “l’impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie”.
L’utilizzo della locuzione “impiego di personale” amplia di per sé l’ambito di applicazione della norma, non limitandolo esclusivamente al lavoro subordinato ex art. 2094 c.c..
Nel tentativo di definire il “lavoro nero” si colloca la recente sentenza del 28 giugno 2013, n. 16340, con la quale la Corte di Cassazione ha confermato la sanzione per lavoro nero ad un imprenditore edile, per aver impiegato occasionalmente e in modo non continuativo un lavoratore, nonostante questi fosse regolarmente iscritto all’albo delle imprese artigiane.
La Suprema Corte ha ritenuto irrilevante sia l’iscrizione all’albo degli artigiani e sia l’occasionalità della prestazione lavorativa svolta dall’artigiano.
Secondo il ragionamento dei Giudici la presunzione di lavoro nero si basa sul fatto che il lavoratore era di fatto soggetto al potere direttivo dell’imprenditore e non svolgeva, quindi, attività autonoma.
A seguito di controllo effettuato da Funzionari dell’lNPS di Arezzo presso un cantiere edile, veniva individuato un lavoratore irregolare tal sig. B., sicché l’Agenzia delle Entrate di Pesaro procedeva a notificare l’avviso con il quale irrogava nei confronti dell’imprenditore edile – ex art. 3, comma 3, L. 23-4-2002, n.73 – sanzione amministrativa pecuniaria per la complessiva somma di euro 45.859,32.
La CTP di Pesaro accoglieva il ricorso proposto dall’imprenditore edile avverso il predetto avviso di irrogazione sanzioni, in quanto riteneva trattarsi di attività occasionale e non continuativa, senza elementi di lavoro subordinato.
La CTR Marche rigettava l’appello, affermando che, data la occasionalità e la non continuità del lavoro del B., non vi erano sicuri elementi per ritenerlo lavoratore dipendente in nero. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate.
La Cassazione, nel caso in specie, rileva che la CTR non ha spiegato in alcun modo né perché il rapporto di lavoro in questione viene ritenuto occasionale e non continuativo né perché un rapporto di lavoro, sia pur occasionale e non continuativo, non possa avere natura di rapporto di lavoro dipendente, e cioè di rapporto di lavoro caratterizzato dall’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro.
La Suprema Corte, ancora, soggiunge che “nessuna rilevanza decisiva possono di per sé avere, invece, al riguardo, in senso contrario, l’iscrizione del B. nell’albo delle imprese artigiane e la breve durata del rapporto”. Alla stregua di tanto, la Cassazione stabilisce che la sentenza impugnata va cassata, con rinvio per nuovo esame alla CTP Marche.
Emiliana Matrone