Le controversie relative alle procedure elettorali esulano dalla cognizione sia del giudice ordinario sia del giudice amministrativo, spettando in via esclusiva alla giurisdizione domestica (autodichia) degli organi parlamentari, la quale si estende all’accertamento della legittimità di tutte le operazioni elettorali, ivi comprese quelle che precedono lo svolgimento della competizione elettorale vera e propria.
E’ quanto ha osservato il TAR Lazio, nella Sentenza 27 febbraio 2008, n. 1855.
Emiliana Matrone
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio
Sezione II bis
Sentenza 27 febbraio 2008, n. 1855
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
Considerato che con ricorso e contestuale richiesta di misure cautelari, gli istanti formulavano le domande riportate in epigrafe;
Considerato che i provvedimenti sopra menzionati erano impugnati limitatamente alle parti in cui davano applicazione delle norme lì richiamate, di cui ai t.u. delle leggi per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, contenuti rispettivamente nel d.P.R. n. 361 del 1957 e nel d.lgs. 533 del 1993;
Considerato che i ricorrenti deducevano il vizio di violazione di legge degli atti indicati per illegittimità derivata dalla illegittimità costituzionale (per violazione degli artt. 117, 1° e 2° co., 48, 2° e 3° co., 58, 1° co., 67 Cost. e art. 3 Protocollo 1 C.E.D.U.), degli artt. 1, 1° co., 4, 2° co., 59, 83, 2°, 3°, 4°, e 5° co., d.P.R. n. 361 del 1957 nella parte in cui prevedono che il voto può essere espresso dagli elettori solo in favore delle liste di candidati concorrenti e non consentono il voto diretto ai singoli candidati concorrenti ed, inoltre prevedono l’attribuzione di un premio di maggioranza fino al raggiungimento dei 340 seggi della Camera dei Deputati;
Considerato che, altresì, deducevano il vizio di violazione di legge per illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale (per violazione degli artt. 117, 1° e 2° co., 48, 2° e 3° co., 56, 1° co., 67 Cost. e . 3 Protocollo 1 C.E.D.U.), degli artt. 1, 2° co., 14, 16, 17, 19, 27, d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui prevedono che il voto possa essere espresso dagli elettori a favore delle liste, “tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, sul rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta” e non consentono il voto diretto uninominale ai singoli candidati ed, inoltre, prevedono l’attribuzione di un premio di maggioranza fino al raggiungimento del 55% dei seggi del Senato assegnati alla Regione;
Considerato che, ulteriormente, censuravano l’illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale (per violazione degli artt. 1, 2° co., 92, 2° co. e 117, 1° co. Cost.), degli artt. 1, 1° co., 4, 2° co., 14 bis, 3° co., 59, 83, 2°, 3°, 4° e 5° co., d.P.R. n. 361 del 1957 e 8 e 14 d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui dispongono che il voto dell’elettore valga come indicazione dell’unico capo della coalizione nella persona che figura già inserita nella scheda elettorale;
Considerato che, conseguentemente, i ricorrenti chiedevano l’emissione delle misure cautelari in attesa della decisione della Corte costituzionale sulle questioni incidentalmente sollevate e, dunque, la trasmissione degli atti alla Corte di legittimità delle leggi;
Considerati i due atti di intervento ad adiuvandum, sopra indicati;
Considerata la difesa erariale, che chiedeva la reiezione dell’istanza cautelare e concludeva, altresì, per l’improponibilità e l’inammissibilità del ricorso;
Considerata l’ampia esposizione delle tesi in controversia all’odierna camera di consiglio fissata per la discussione dell’istanza di sospensiva;
Ritenuto che la causa possa essere decisa con sentenza succintamente motivata, sussistendone i presupposti di cui all’art. 26 l. TAR, come modificato e sentite le parti sul punto;
Considerato che gli atti impugnati, seppur riportano la medesima data, sono legati da una connessione consequenziale, come si evince dal richiamo, contenuto in premessa, che i decreti presidenziali di ripartizione dei seggi e di assegnazione alle circoscrizioni, fanno all’atto di avvio delle operazioni elettorali, consistente nel decreto di convocazione dei comizi elettorali per la Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per i giorni 13 e 14 aprile 2008;
Ritenuto, come già sottolineato da questa Sezione in numerose pronunzie (tra le altre cfr. sent. n. 3396 del 2006) che l’ordinamento, come delineato dal d.P.R. n. 361 del 1957 (in particolare l’art. 87) e dal d.lgs. n. 533 del 1993 (in particolare art. 27, che fa rinvio alle norme per l’elezione della Camera dei deputati) riserva a ciascuna delle Camere la risoluzione delle questioni relative alle elezioni dei propri componenti, assegnando alle stesse l’autodichia;
Considerato che l’autodichia di ciascuna Camera non può essere intesa unicamente con riferimento a quanto potrebbe desumersi da una lettura di stretta interpretazione dell’art. 66 Cost., come al contrario dedotto da parte ricorrente, ma – secondo quanto voluto dal legislatore – va interpretata come estesa all’accertamento della legittimità di tutte le operazioni elettorali e, quindi anche di quelle ricomprese nella fase precedente lo svolgimento della competizione elettorale vera e propria;
Ritenuto, con riferimento al caso in esame, che la stessa disciplina legislativa che regola la procedura elettorale, ha predisposto una formula di tale ampiezza della verifica di regolarità delle operazioni elettorali, come rientrante nella predetta autodichia delle Camere, che ricomprende anche la fase di indizione dei comizi;
Ritenuto, pertanto, che il sindacato sul decreto di indizione dei comizi elettorali sia sottratto a questo giudice, per difetto assoluto di giurisdizione;
Ritenuto, altresì, che gli altri atti impugnati si manifestano come adempimenti conseguenti al decreto di indizione dei comizi elettorali e che, pertanto, la giurisdizione sugli stessi è attratta dalle stesse regole che governano la verifica della regolarità dell’intero procedimento elettorale, sopra evidenziato;
Considerato, peraltro, che tale scelta del legislatore e, prima ancora del costituente, trova il proprio fondamento nella salvaguardia dell’autonomia del Parlamento e nel principio di separazione dei poteri, che si risolve nell’attribuzione a corpi politici, di una funzione che per sua natura vorrebbe essere affidata a giudici terzi;
Considerato, tra l’altro, che, allo stato, neppure è dato sapere quali siano le forze politiche che effettivamente parteciperanno alla competizione elettorale nelle singole circoscrizioni, né quali saranno le liste e non è, dunque, neppure concretamente identificabile l’interesse ad una particolare forma di distribuzione dei seggi alle liste concorrenti alle votazioni;
Ritenuto, tuttavia, de iure condito, che la natura di corpo politico di ciascuna Camera non esclude che essa, allorché insorga un eventuale concreto interesse alla verifica di legittimità delle operazioni elettorali, decidendo in sede di verifica dei poteri, operi alla stregua di un vero corpo giudicante, con criteri e procedure di carattere giurisdizionale e che, anzi, a tal riguardo, sono le stesse parti ricorrenti ed intervenienti a dedurre che la Giunta delle elezioni è dotata del potere di introdurre l’incidente di costituzionalità (v. memoria prodotta in data odierna, pg. 4);
Ritenuto che, alla luce della carenza di giurisdizione in ordine ai provvedimenti censurati, non compete a questo giudice il rinvio delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle parti e che, in ogni caso la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 15 del 2008, chiamata a pronunziarsi in ordine alla richiesta referendaria, ha evidenziato la necessità che la riflessione in ordine al sistema elettorale avvenga nella sede politica sua propria, segnalando al “Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi”;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione di questo Giudice e, che, in ragione della particolarità della questione affrontata, sussistano giusti motivi per la compensazione delle spese di lite tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. Seconda bis, dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe per difetto di giurisdizione.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.