Il concetto di obbligazione indica un rapporto giuridico in virtù del quale un soggetto, detto debitore, è tenuto ad un comportamento, consistente in un dare o in un fare o in un non fare, in confronto di un altro soggetto, detto creditore. Questi per ottenere il soddisfacimento del proprio interesse ha bisogno necessariamente della collaborazione del debitore, che, per il caso d’inadempimento, risponde nei confronti del primo .
‘Noi moderni siamo abituati a considerare il credito come il fondamento dell’attività di scambio nella circolazione dei beni’, invece nell’epoca dell’antica Roma ‘il credito era considerato come un fatto pressoché anormale’ .
Per i Romani chi aveva bisogno di altri o di res di altri era un soggetto negativamente valutato sul piano sociale: di lui si diffidava e veniva chiamato reus, ossia responsabile, ‘qualcuno di cui già si sa che ha commesso una malefatta’ .
Le obbligazioni erano sempre descritte in termini patologici, processuali e contenziosi. Si riteneva che la tendenza naturale del debitore fosse quella di non adempiere spontaneamente: affinché nascesse il rapporto debitorio era indispensabile che si ponesse in essere una garanzia per l’adempimento . Da qui l’esigenza, ‘quasi maniacale’ di far accompagnare le obbligazioni da garanzie d’ogni genere.
Siffatta garanzia consisteva, originariamente, nell’asservimento materiale di una persona al dominium del creditore. Il diritto di credito più antico, dunque, appariva come qualcosa di ben diverso da ciò che per esso intendiamo noi oggi ed intendevano gli stessi Romani in età classica.
L’obligatio si sostanziava nel ‘vincolamento’ di un uomo ad un altro uomo .
La stessa terminologia dell’obligatio dava l’idea della costrizione fisica: infatti il verbo obligo aveva la sua etimologia in ligo che significava “stringere fisicamente”, “legare”, cui corrispondeva ex adverso l’uso dei verbi solvere e liberare per indicare lo scioglimento in senso proprio del rapporto obbligatorio.
Il debitor, dovendosi attivare per il soddisfacimento della pretesa creditoria, non poteva di certo rimanere nella materiale disponibilità del creditore, ecco che sottoponeva al potere di questi non se stesso, bensì un altro soggetto, un amico o un familiare, a garanzia del suo debito e fino a quando il medesimo non fosse stato estinto.
Le prime forme di etero-garanzia si concretizzarono nelle figure dei vades e dei praedes , terze persone tenute in vincoli a garanzia dell’aspettativa del creditore.
Con il successivo affermarsi della figura dello sponsor, che si impegnava con un giuramento sacrale per il fatto di un terzo, il vincolo materiale sull’obligatus venne sostituito da uno meramente potenziale, destinato a realizzarsi soltanto nel momento in cui si fosse verificato l’inadempimento da parte del soggetto su cui gravava l’obbligo di comportamento .
Il n e x u s , invece, era un soggetto che, mediante il gestum per aes et libram, poneva se stesso, nella condizione di ostaggio del creditore, a garanzia di un proprio debito, fino al giorno del riscatto.
La pratica del nexum dilagò in Roma in epoca più recente rispetto alle primitive fattispecie della vadiatura e della prediatura e, con molta probalità, fu conseguenza della crisi economica che esplose negli anni a cavallo tra il VI e V secolo a. C., quando, per sopravvivere, fu necessario alla massa urbana dei proletarii, dopo aver venduto quanto fu possibile vendere, filii compresi, chiedere crediti ai più abbienti e questi non ebbero scrupolo a pretendere in cambio l’auto-assoggettamento dei debitori .
Si può ritenere che, almeno in origine, il nexum fu la sola forma per dare giuridicità a rapporti personali che non si volesse lasciare sul piano del sociale. Solo molto più tardi, dal IV secolo, fu praticata come inumana, ma “efficacissima garanzia del credito” .
I nexi, nonostante la subiectio, rimanevano cittadini liberi e giuridicamente capaci. Ma ciò solo in punto di diritto. Nella realtà quotidiana la situazione era molto diversa.
Il nexus conservava una qualche libertà di muoversi : poteva allontanarsi dalla domus in cui si trovava in vinculis e svolgere attività lavorative per altri. Tuttavia il creditore avrebbe potuto ‘richiamarlo all’ordine’ in ogni momento: impossessandosi dei suoi acquisti o sfruttandolo come forza lavoro o, addirittura, affittandolo o vendendolo come schiavo. Insomma, per il creditore era molto conveniente avere in servitute, in potestate un nexus, tanto che esso costituiva, nel contesto socio-economico dell’epoca, un bene di rilevante valore economico .