La sospensione della copertura assicurativa per il mancato pagamento della prima rata del premio non è opponibile al danneggiato.
Tanto ha affermato la Cassazione Civile, nella Sentenza 8 novembre 2007, n. 23313. In proposito, la Corte ribadisce che la L. n. 990 del 1969, art. 7, fa salvo il disposto del solo comma 2, per cui se l’assicurato non paga i premi successivi, la copertura assicurativa resta sospesa e la sospensione è opponibile al danneggiato (Cass. 19.4.1996, n. 3726; Cass. 28.1.1991, n. 812); se l’assicurato non paga il premio (pattuito in unica soluzione) o la prima rata di esso, si produce ugualmente la sospensione della copertura assicurativa, ma essa non è opponibile al danneggiato, sicchè l’assicuratore deve risarcire il danno e può soltanto esperire l’azione di rivalsa nei confronti dell’assicurato a norma della L. n. 990 del 1969, art. 18 (Cass. 6.6.1987, n. 4960).
Emiliana Matrone
Cassazione Civile, sez. III, 8 novembre 2007, n. 23313
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.G. e Z.S. convenivano innanzi al Tribunale di Roma la società Ausonia e la s.p.a. Elettromivar, la prima nella qualità di assicuratrice e la seconda in quella di proprietaria dell’autovettura che aveva causato l’incidente nel quale avevano riportato danni, per sentirle condannare in solido o in alternativa al risarcimento.
Integrato il contraddittorio nei confronti di M.F., acquirente dell’autovettura, che chiamava in causa il fallimento della s.n.c. Epol 86, la Intercontinentale assicurazioni e C.M., titolare della targa di prova apposta all’autovettura, il Tribunale con sentenza non definitiva rigettava le domande contro la Elettromivar, il M. e l’Intercontinentale e rimetteva la causa in istruttoria per il prosieguo.
Con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c., il G.I. rigettava la domanda nei confronti dell’Ausonia a causa del mancato pagamento del premio assicurativo successivo a quello iniziale e la accoglieva nei confronti del C..
Dopo avere rinunciato alla sentenza, quest’ultimo proponeva gravame;
resistevano il P. e la Z. che, a loro volta, proponevano gravame principale ed incidentale.
Con sentenza resa il 17.6.2002 la corte di appello di Roma accoglieva il gravame del C., dichiarando prescritto il diritto al risarcimento dei danni, ed in accoglimento del gravame del P. e della Z. compensava le spese di entrambi i gradi.
Per quanto ancora interessa la corte ha così motivato.
Attesa la natura decisoria dell’ordinanza, è ammissibile il gravame del C.; è fondata l’eccezione di prescrizione proposta da quest’ultimo, trovando applicazione la prescrizione breve di cui all’art. 2947 c.c., ed essendo maturato il relativo termine;
correttamente è stata ritenuta l’inefficacia del contratto di assicurazione, non essendo stata pagata la rata di premio scaduta il 14.1.1987; le rimanenti questioni e deduzioni rimangono assorbite.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione il P. e la Z., affidandosi a tre motivi; ha resistito con controricorso il C..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 186 quater c.p.c.; vizi di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5); la Corte di merito – si sostiene – ha rigettato con motivazione insufficiente l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta sotto il profilo che, attesa la pendenza del giudizio nei confronti dell’Ausonia, mancava la possibilità di rinunciare alla sentenza; avrebbe dovuto, viceversa, accogliere l’eccezione, considerato che: 1) la rinuncia alla sentenza non produce effetti quando, come nella specie, intervenga in un processo con pluralità di parti e domande; 2) il danno è stato liquidato in misura nettamente inferiore; 3) è stata respinta la domanda concernente l’Ausonia; il rigetto dell’eccezione ha comportato l’illegittima soppressione del diritto di ottenere la sentenza tutelato dagli artt. 24 e 25 Cost..
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, nell’ipotesi di cause inscindibili, come quella presente di risarcimento del danno da responsabilità civile connessa alla circolazione stradale, ove il giudice pronunci ordinanza anticipatoria di condanna ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c., nei confronti di tutti i convenuti, basta che uno di essi rinunci ritualmente alla sentenza perchè l’ordinanza si trasformi in sentenza e diventi impugnabile anche da parte dei convenuti rimasti contumaci, rilevando in proposito la finalità acceleratoria del processo e l’esigenza di unitaria trattazione delle cause inscindibili (ex plurimis Cass. 22.6.2004, n. 11611; Cass. 19.10.2006, n. 22401; Cass. 30.3.2005, n. 6729).
1.3. Nè a diversa conclusione può indurre la circostanza che il danno sia stato liquidato in misura inferiore e sia stata respinta la domanda concernente l’Ausonia.
Questa Corte ha affermato il principio che l’ordinanza che pronuncia su alcuni capi della domanda produce gli effetti di una sentenza definitiva sull’intero oggetto della domanda se è fatta rinuncia alla sentenza, con la conseguenza che le parti possono impugnarla in ragione del loro interesse ad una diversa pronuncia ed, ove la impugnino, il giudice dell’impugnazione che ne sia richiesto deve pronunciare anche sui capi della domanda in relazione ai quali è mancata la pronuncia (Cass. 13.2.2002, n. 2079).
L’enunciato principio a maggior ragione vale nel presente caso in cui vi è stata non solo pronuncia di parziale accoglimento di domande, ma anche di rigetto di esse.
2. Con il secondo motivo, nel denunciarsi violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, si lamenta che la corte di merito non abbia neppure esaminato la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 186 quater c.p.c., sollevata sotto il profilo che comporta automatica soppressione del diritto ad ottenere una pronuncia garantito dagli artt. 24 e 25 Cost., tutte le volte che le domande ricevano parziale accoglimento o siano addirittura rigettate nei confronti di alcune parti.
2.1. Il motivo non può essere accolto.
2.2. La mancata pronuncia su una questione di legittimità costituzionale non può essere fatta valere come violazione dell’art. 112 c.p.c; peraltro la mancata pronuncia su domande o eccezioni deve essere denunciata come violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ed, ove sia denunciata come violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la denuncia è inammissibile (Cass. 1.8.2001, n. 10471, Cass. 10.4.2000, n. 4496).
2.3. E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale riproposta in questa sede: l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c., costituisce una forma di giudizio abbreviato ispirata a fini essenzialmente deflattivi del contenzioso che si realizza mediante il meccanismo di fare acquistare all’ordinanza (esecutiva ex lege) l’efficacia della sentenza a seguito di rinuncia alla pronuncia di merito da parte dell’intimato;
questa forma di giudizio rappresenta estrinsecazione della potestà discrezionale del legislatore di conformare gli istituti processuali ed è razionalmente spiegabile in rapporto alla previsione che l’ordinanza sia riassorbita dalla sentenza o acquisti l’efficacia della sentenza impugnabile.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1901 c.c., L. n. 990 del 1969, art. 18 e segg., art. 100 c.p.c.; vizi di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5); perchè la corte di merito potesse dichiarare “inefficace” la garanzia assicurativa sarebbe stato necessario che l’assicuratore deducesse ed, in caso di contestazione, provasse il mancato pagamento del premio assicurativo; niente di tutto questo è avvenuto nella specie, essendo stata la “inefficacia” pronunciata sulla base della dichiarazione del danneggiante C. di non avere pagato il premio; è, pertanto, evidente l’errore della sentenza impugnata;
ritenuta operante la garanzia assicurativa la corte di merito avrebbe dovuto affermare anzichè escludere l’obbligo risarcitorio della società assicuratrice.
3.1. Il motivo è fondato e va accolto.
3.2. Si rileva in proposito che in tema di mancato pagamento del premio l’art. 1901 c.c., distingue l’ipotesi in cui non venga pagato il premio o la prima rata di esso (comma 1) da quella in cui non siano pagati i premi successivi (comma 2).
Poichè la L. n. 990 del 1969, art. 7, fa salvo il disposto del solo comma 2, se l’assicurato non paga i premi successivi, la copertura assicurativa resta sospesa e la sospensione è opponibile al danneggiato (Cass. 19.4.1996, n. 3726; Cass. 28.1.1991, n. 812); se l’assicurato non paga il premio (pattuito in unica soluzione) o la prima rata di esso, si produce ugualmente la sospensione della copertura assicurativa, ma essa non è opponibile al danneggiato, sicchè l’assicuratore deve risarcire il danno e può soltanto esperire l’azione di rivalsa nei confronti dell’assicurato a norma della L. n. 990 del 1969, art. 18 (Cass. 6.6.1987, n. 4960).
Come questa Corte ha chiarito, la disciplina prevista nell’art. 1901 c.c., commi 1 e 2, a seconda che il mancato pagamento riguardi il premio o la prima rata di premio oppure i premi successivi non mira a distinguere tra l’ipotesi dell’unicità del premio (contratto di assicurazione annuale) e quella della pluralità di premi (contratto pluriennale), con conseguente esclusione dall’ambito di operatività della disciplina del secondo comma della norma nel caso in cui, pur essendo unico il premio, non venga pagata una rata di esso successiva alla prima, ma tende solo a contrapporre un inadempimento iniziale ad un inadempimento nel corso del rapporto assicurativo, riferibili, rispettivamente, all’espressa menzione nel primo comma del premio o della prima rata di esso e nel secondo dei premi successivi (Cass. 15.9.1983, n. 5576).
3.3. Qualora l’assicuratore contesti l’esistenza del rapporto assicurativo, il danneggiato, quale terzo estraneo al rapporto stesso, è tenuto a provare l’esistenza della garanzia o, quanto meno, la presenza del contrassegno assicurativo sul veicolo danneggiante ed all’uopo può avvalersi anche di elementi presuntivi, indipendentemente dalla sufficienza di essi nei rapporti tra assicurato ed assicuratore (Cass. 25.5.1998, n. 5194).
L’assicuratore, dal canto suo, per paralizzare la domanda è tenuto a dimostrare l’inesistenza della coperture assicurativa o la sua sospensione a norma dell’art. 1901 c.c., comma 2.
L’esistenza del contrassegno genera una presunzione di esistenza del rapporto assicurativo vincibile con prova contraria.
Tale principio vale anche per la targa di prova, sicchè è sufficiente che essa sia utilizzata perchè l’assicuratore sia tenuto a risarcire il danno al terzo, risultando inopponibile allo stesso l’inosservanza dell’art. 63 vecchio C.d.S. (ora art. 98 C.d.S.) (Cass. 25.2.1992, n. 2332).
3.4. La sospensione dell’assicurazione prevista dall’art. 1901 c.c., comma 2, è stabilita a tutela dell’interesse individuale dell’assicuratore, sicchè può esser eccepita solo da lui e non pure dal danneggiante assicurato, ancorchè possa avervi interesse.
Poichè attiene ad un diritto disponibile, può essere oggetto di rinuncia anche tacita configurabile quando il comportamento dell’assicuratore evidenzi una volontà ricognitiva del diritto all’indennizzo ed abdicativa rispetto all’applicazione delle clausole contrattuali a sè favorevoli (Cass. 22.3.1990, n. 2383).
3.5. Agli indicati principi non si è attenuta la corte di merito, ond’è che la sentenza impugnata va cassata “in parte qua” con rinvio per nuovo esame sulla base dei principi medesimi e pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione ad altra sezione della corte di appello di Roma.
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo motivo del ricorso; rigetta gli altri motivi; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della corte di appello di Roma.