È costituzionalmente legittimo non prevedere alcuna forma di rivalutazione monetaria per l’indennità di buonuscita che i dipendenti delle Poste Italiane Spa hanno maturato fino al 28 febbraio 1998, data di trasformazione dell’Ente Poste in Società per azioni, e che gli stessi dipendenti, alla data in cui si risolverà il loro rapporto di lavoro, potranno percepire unitamente al Tfr (trattamento di fine rapporto) maturato dal 1° marzo 1998 fino alla cessazione dal servizio.
IlTribunale di Roma afferma che la mancata previsione di un meccanismo di rivalutazione dell’indennità di buonuscita si pone in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione perché determina una disparità di trattamento ai danni dei ricorrenti rispetto sia alla generalità dei lavoratori privati che fruiscono del Tfr i cui accantonamenti sono rivalutati anno dopo anno, sia di quei dipendenti postali che, dopo il 28 febbraio 1998, andando in pensione prima degli altri, fruiscono di un valore della buonuscita superiore a quello di cui potranno fruire coloro che cesseranno dopo un periodo più lungo a partire da quella data.
Con sentenza n. 366/2006 la Corte Costituzionale, in primo luogo, ha ritenuto che la trasformazione del rapporto di lavoro da pubblico a privato e la correlata distinzione del trattamento globale di fine rapporto in due elementi quali l’indennità di buonuscita e il Tfr, connotano una condizione peculiare ai soli dipendenti postali che non consente di dedurre che il trattamento riservato ai postali sia ingiustificatamente deteriore rispetto al Tfr stabilito per la generalità dei lavoratori privati. Inoltre, il lamentato contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, denunciato con riguardo alla disparità di trattamento che si verificherebbe in relazione ai diversi tempi di cessazione dei rapporti di lavoro e quindi di percezione della buonuscita, non sussiste neppure all’interno della disciplina propria dei lavoratori postali perché, tra l’altro, quanto più lungo sarà il periodo intercorrente tra la determinazione della buonuscita e il pagamento del Tfr, tanto minore sarà l’incidenza della prima sull’entità globale del trattamento erogato alla cessazione del rapporto di lavoro.
La Corte Costituzionale ha considerato che l’affermazione secondo cui tutti i trattamenti di fine rapporto hanno natura di retribuzione differita e che a essi si estende la tutela dell’articolo 36 della Costituzione con la salvaguardia del potere d’acquisto secondo idonee discipline, è corretta. Tuttavia ha ritenuto che nelle ipotesi come quella di specie di trattamento globale costituito da più componenti, il rispetto dello stesso articolo 36 della Costituzione va valutato non con riguardo a ciascun elemento, ma con riferimento alla totalità dell’emolumento.
Emiliana Matrone