La Corte di Cassazione con la pronuncia 10947/1994 afferma la natura propter rem ed ambulatoria delle obbligazioni assunte ex art. 28 legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 così novellata dall’art. 8 della c.d. legge ponte 6 agosto 1967 n. 765.
Da tanto consegue che con la conseguenza che dette opere devono essere eseguite da coloro che sono proprietari al momento del rilascio della concessione edilizia e che ben possono essere persone diverse da quelle che stipularono la convenzione, per aver da queste acquistato una parte del suolo su cui far sorgere singoli o gruppi di lotti.
In altri termini, come pure è stato già rilevato da questa corte (Cass. 15 aprile 1992, n. 4572, id., Rep. 1992, voce cit., n. 575) gli accordi con i quali il privato al fine di ottenere una concessione edilizia su suoli di sua proprietà si obbliga a determinati comportamenti nei confronti della pubblica amministrazione – il cui carattere propter rem ne comporta la trascrivibilità – rientrano nello schema del c.d. modulo convenzionale nel procedimento strumentale all’emissione del provvedimento amminitrativo di cui trattasi. Tali accordi, pertanto, non assumono autonoma rilevanza rispetto al provvedimento di concessione che resta l’unica fonte di regolamento degli interessi in conflitto, modellando il proprio contenuto in relazione alle precorse convenzioni, con la conseguenza che i presunti vizi di queste non possono farsi valere con i mezzi di tutela utibilizzabili con riguardo all’attività negoziale e che la rimozione del regolamento suddetto necessariamente presuppone l’impugnazione del provvedimento stesso.
CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza 20-12-1994, n. 10947
Motivi della decisione. – Con l’unico motivo del proposto ricorso si censura l’impugnata sentenza per aver ritenuto responsabili della mancata attuazione delle opere di urbanizzazione primaria gli originari comproprietari del suolo che avevano stipulato la convenzione nel 1971 senza tener conto che l’assetto normativo-urbanistico si era modificato sia per effetto del trasferimento nel 1979 del suolo in questione con i relativi oneri ad altre società, sia per rilascio da parte del comune di licenze, peraltro non esibite – nonostante la sollecitazione di un provvedimento ex art. 213 c.p.c. – in contrasto con la prima convenzione di circa due lustri precedente, sia perché dopo la cessione dei suoli ben nota al comune, ogni possibilità di intervento sul terreno in costruzione non poteva che competere ai nuovi proprietari.
La censura è fondata. La decisione impugnata non tiene conto che gli originari lottizzanti al momento della cessione nel 1979 avevano venduto a terzi il suolo, oggetto della convenzione di lottizzazione ancora da realizzare inserendovi espressamente le prescrizioni della convenzione del resto pacificamente loro opponibile, sia perché aventi causa, sia perché la convenzione è trascritta ai sensi del 5° comma dell’art. 28 legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 così novellata dall’art. 8 della c.d. legge ponte 6 agosto 1967 n. 765.
Il rilascio di ulteriori concessioni dopo il 1979, nella vigenza della legge Bucalossi 28 gennaio 1977 n. 10 che introduce peraltro la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 16 per i provvedimenti relativi alla concessione ed ai contributi, andava effettuata nel pieno rispetto del 7° comma dell’art. 28 legge urbanistica e cioè subordinandolo all’impegno dell’attuale proprietario della contemporanea esecuzioni delle opere di urbanizzazione. Com’è giurisprudenza di questa corte (Cass. 26 novembre 1988, n. 6382, Foro it., Rep. 1989, voce Edilizia e urbanistica, n. 487) l’assunzione a carico del proprietario degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte di quelle di urbanizzazione secondaria, cui a norma del 5° comma, n. 2, del predetto art. 28 legge urbanistica 1150 del 1942 come novellato dalla l. 765/67 è subordinata l’autorizzazione per la lottizzazione, costituisce secondo il 7° comma dello stesso art. 28 un’obbligazione propter rem con la conseguenza che dette opere devono essere eseguite da coloro che sono proprietari al momento del rilascio della concessione edilizia e che ben possono essere persone diverse da quelle che stipularono la convenzione, per aver da queste acquistato una parte del suolo su cui far sorgere singoli o gruppi di lotti.
In altri termini, come pure è stato già rilevato da questa corte (Cass. 15 aprile 1992, n. 4572, id., Rep. 1992, voce cit., n. 575) gli accordi con i quali il privato al fine di ottenere una concessione edilizia su suoli di sua proprietà si obbliga a determinati comportamenti nei confronti della pubblica amministrazione – il cui carattere propter rem ne comporta la trascrivibilità – rientrano nello schema del c.d. modulo convenzionale nel procedimento strumentale all’emissione del provvedimento amminitrativo di cui trattasi. Tali accordi, pertanto, non assumono autonoma rilevanza rispetto al provvedimento di concessione che resta l’unica fonte di regolamento degli interessi in conflitto, modellando il proprio contenuto in relazione alle precorse convenzioni, con la conseguenza che i presunti vizi di queste non possono farsi valere con i mezzi di tutela utibilizzabili con riguardo all’attività negoziale e che la rimozione del regolamento suddetto necessariamente presuppone l’impugnazione del provvedimento stesso.
Alla stregua delle esposte considerazioni occorre rilevare che l’impugnata sentenza di merito non si è attenuta ai predetti principî e non ha dato conto del perché il comune non si fosse rivolto agli attuali proprietari, posto che l’obbligo assunto dalle originarie parti lottizzanti sia stato trasferito ai nuovi concessionari (Socoi ed Edilmare), proprietari del suolo oggetto delle opere di urbanizzazione. La sentenza va pertanto cassata e le parti rimesse innanzi ad altro giudice che si designa in altra sezione della Corte di appello di Firenze.