La Corte di Cassazione, nella Sentenza 20 marzo 2008 n. 7600, conferma la decisione della Corte di Appello di Roma, ritenendo che il Giudice di appello ha correttamente valutato che «l’interruzione della regolarità o continuità del servizio o l’abbandono volontario dello stesso è sanzionabile con la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da quattro a dieci giorni e che solo nel caso in cui il suddetto comportamento abbia comportato “danni gravi” per l’azienda o per i terzi è possibile procedere al licenziamento con preavviso, mentre deve sussistere un “forte pregiudizio” per l’ente o per i tèrzi, arrecato con comportamento doloso, perché sia giustificato il licenziamento senza preavviso»;
in particolare, ha rimarcato che «nel caso di specie la società appellante, sulla quale gravava il relativo onere probatorio, non ha in alcun modo provato l’esistenza, né l’entità del danno che sarebbe stato arrecato dal comportamento inadempiente tenuto dal proprio dipendente, per cui, in difetto di tale prova, non può che ricondursi la violazione nella meno grave fattispecie sanzionata con la sospensione dal servizio da quattro a dieci giorni per interruzione della regolarità o continuità del servizio o l’abbandono volontario dello stésso»; considerando, altresì, che «è ben vero che la violazione risulta essere stata commessa più volte, ma altresì vero che, in considerazione dei buoni precedenti lavorativi, anch’essi suscettibili di valutazione, ben avrebbe potuto la società, in un giudizio di bilanciamento, irrogare la sanzione conservativa, pur nei limiti massimi consentiti». La Corte di appello è, quindi, pervenuta alla decisione di declaratoria di illegittimità del licenziamento de quo mediante un adeguato e corretto percorso motivazionale che, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, resta incensurabile in sede di illegittimità (ex plurimis, Cass. n. 19270/2006). Nella cennata decisione appare evidente come il Giudice di appello abbia esattamente tenuto conto della specificazione in senso accentuativo della tutela del lavoratore rispetto alla regola generale della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 cod. civ. (cfr. Cass. n. 6353/2005).
Emiliana Matrone