Nel giudizio di ottemperanza, il giudice amministrativo può adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione, risolvendo eventuali problemi interpretativi, che sarebbero comunque devoluti alla propria giurisdizione, ma non può esercitare analoghi poteri di integrazione allorché la sentenza da eseguire sia stata adottata da un giudice appartenente ad un diverso ordine giurisdizionale e la questione rientri nella giurisdizione di quest’ultimo
Posto che in sede di giurisdizione esclusiva il giudicato si forma anche in relazione a profili distinti rispetto al (soltanto eventuale) dictum demolitorio, appare potersi affermare che risponde ad un criterio di economia dei mezzi processuali, e che sia rispettoso del precetto di cui al comma 2 del novellato art. 111, Cost., prescrittivo della necessità che i processi abbiano una durata ragionevole, consentire il ricorso al Giudice dell’ottemperanza al fine di determinare le condizioni affinchè l’Amministrazione ottemperi ai precetti contenuti nelle decisioni rese in materie rientranti nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. E ciò anche se l’ottemperanza riguarda anche un’Amministrazione che non sia stata parte nel giudizio.
E’ quanto si evince dalla Decisione 8 settembre 2008 n. 4288 del Consiglio di Stato .
Consiglio di Stato – Decisione 8 settembre 2008 , n. 4288
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi riuniti in appello nn. 8836/2006 e 8837/2006, proposti rispettivamente:
1) ric. n. 8836/2006 da M. L., rappresentata e difesa dall’Avv. Aristide Police con domicilio eletto in Roma piazza …omissis…;
contro
– l’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” e il – MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;
– l’AZIENDA POLICLINICO UMBERTO I, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Capparelli con domicilio eletto in Roma viale del Policlinico n. 155, presso l’Avvocatura dell’AZIENDA POLICLINICO UMBERTO I;
e nei confronti di
P. A. e B. E., costituitesi in giudizio, rappresentate e difese dagli Avv. Giorgio Recchia, Silvio Bozzi e Ugo Timoteo Casolino con domicilio eletto in Roma Corso Trieste n. 88, presso lo studio Recchia;
2) ric. n. 8837/2006 da F. G., rappresentato e difeso dall’Avv. Aristide Police con domicilio eletto in Roma piazza …omissis…;
contro
– l’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”, il MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, come sopra rappresentati e difesi;
– l’AZIENDA POLICLINICO UMBERTO I, come sopra rappresentata e difesa;
e nei confronti di
P. A. e B. E., come sopra rappresentate e difese;
per l’ottemperanza
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI n. 612/2006.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 1.7.2008 il Consigliere Fabio Taormina
Uditi per le parti gli avv.ti Aristide Police e Antonio Nardella per delega di Antonio Capparelli;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
Con distinti ricorsi del 18 ottobre 2006, F. G. e M. L. chiedevano l’ottemperanza al giudicato di cui alla sentenza n. 612/2006 di questa sezione del Consiglio di Stato e l’accertamento dell’ingiusta lesione dei loro diritti derivanti dal rapporto di impiego con l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma e l’Università degli Studi “La Sapienza” della stessa città, con conseguente condanna al risarcimento dei danni.
Con l’indicata sentenza n. 612/2006 questa sezione del Consiglio di Stato aveva confermato la sentenza n. 13084/05 del 13 ottobre/16 novembre 2004 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio che, dopo averli riuniti, aveva dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondati i due ricorsi del F. e della M. intesi ad ottenere l’annullamento del provvedimento del 19 settembre 2003, con il quale il commissario straordinario dell’azienda Policlinico Umberto I aveva rimosso i due originari ricorrenti dall’esercizio delle funzioni assistenziali di dirigente medico di secondo livello da loro al momento espletate. La Sezione tuttavia, pur rigettando l’appello proposto dai ricorrenti e confermando nella parte dispositiva la sentenza di primo grado – vertendosi in un’ipotesi di giurisdizione esclusiva – dichiarava nella parte motiva che il F. e la M., in quanto rimossi dalle funzioni assistenziali di dirigente medico di secondo livello al momento esercitate, avevano, tuttavia, diritto allo svolgimento delle funzioni assistenziali presso una struttura dell’università di pari livello di quella presso la quale erano precedentemente incardinati salvo l’eventuale risarcimento dei danni.
I ricorrenti F. e M., rilevato che l’amministrazione non aveva dato soddisfazione all’indicato diritto, come già rilevato in precedenza facevano pertanto istanza per l’ottemperanza al giudicato con la nomina di un commissario ad acta per loro reintegra nello svolgimento delle funzioni assistenziali e la condanna al pagamento delle retribuzioni ed indennità non corrisposte, oltre al risarcimento dei danni e delle spese.
Parte ricorrente ha quindi evidenziato la competenza del Consiglio di Stato, in subiecta materia, posto che la sentenza confermativa del Consiglio di Stato aveva, sotto il profilo motivazionale, innovato rispetto alla pronuncia del Tar che l’amministrazione non aveva ottemperato al predetto dictum giurisdizionale;ha quindi, aggiunto che era rimasto privo di effetto ogni atto sollecitatorio indirizzato all’intimata amministrazione
Costituitasi regolarmente in giudizio, l’Università degli studi di Roma la Sapienza eccepiva, preliminarmente la carenza di interesse al ricorso ed in ogni caso l’incompetenza del Consiglio di Stato in quanto il giudizio di ottemperanza era stato proposto avverso una sentenza ad essi sfavorevole ed in più confermativa di altra decisione del Tribunale amministrativo regionale. Nel merito, inoltre, l’Università resistente escludeva che l’ottemperanda decisione contenesse statuizioni implicanti alcuna pronuncia di accertamento ovvero di condanna nei confronti dell’università, laddove ivi si era affermato che non poteva “revocarsi in dubbio il loro diritto allo svolgimento delle funzioni assistenziali presso una struttura di pari livello di quella presso la quale erano precedentemente incardinati, salvo l’eventuale risarcimento dei danni patrimoniali e morali per il periodo in cui sono stati ingiustificatamente privati dei loro compiti.”
Anche i controinteressati costituendosi nel presente giudizio hanno eccepito l’infondatezza nel merito delle doglianze prospettate e, in via preliminare,la inammissibilità del rimedio dell’ottemperanza al giudicato.
Posto che la decisione di cui si chiedeva l’ottemperanza non aveva affermato la soccombenza dell’amministrazione, il rimedio in oggetto era inammissibile; inoltre v’era il rischio di un possibile conflitto di giudicati, attesa l’avvenuta impugnativa in sede di legittimità dei provvedimenti asseritamente lesivi posti in essere dall’amministrazione.
La Sezione, con distinti provvedimenti interlocutori ha disposto incombenti di natura istruttoria.
Segnatamente, con la ordinanza n. 625/2007, del 12.12.2006, è stato disposto di “acquisire presso l’università resistente informazioni relative all’attuale posizione del F. e della M. e concernenti gli eventuali adempimenti adottati successivamente alla notificazione della decisione di cui si è chiesta l’ottemperanza.”
Con la ordinanza n. 5594/2007, del 2.7.2007, invece, si è preso atto del contenuto della la relazione depositata in data 30.04.2007 a firma del Rettore dell’ Università degli Studi di Roma “La Sapienza” in cui si fa presente che, a seguito di accoglimento delle istanze dei ricorrenti di cambio di afferenza ed assegnazione al Dipartimento di Scienze dell’ Invecchiamento:
– nei confronti del prof. F. è stato adottato il provvedimento n. 7592/2005 di conferimento di “programma interdipartimentale” ai sensi dell’art. 5, comma quarto, del d.lgs. n. 517/1999 – da ritenersi equipollente, sul piano delle funzioni di cui trattasi, alla direzione di U.O.C. – programma non portato ad esecuzione perché contestato ed opposto dal docente interessato sia in sede amministrativa che giudiziaria;
– nei confronti della prof.ssa M. è stato conferito incarico di direzione dell’ U.O.C. di “Odontoiatria Speciale Geriatria”, con messa a disposizione di spazi e strutture destinati alle funzioni assistenziali afferenti alla predetta U.O.C.-
E’ stato quindi disposto acquisirsi una documentata relazione tecnico amministrativa, dalla quale risulti l’assetto organizzativo e strutturale del Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento di nuova afferenza degli odierni ricorrenti, nei suoi profili di idoneità a consentire l’utilizzo dei predetti docenti nelle attività assistenziali peculiari al settore scientifico/disciplinare di appartenenza, muovendo dai compiti esercitati presso le strutture di provenienza e dall’esigenza di assicurare il rapporto di corrispondenza fra attività didattica ed attività assistenziale, e ciò anche in relazione all’ impiego di eventuali risorse economiche disponibili in funzione equilibratrice.
Rilevata la opportunità di affidare tale incarico a persona esterna all’amministrazione, l’incombente è stato affidato all’Ecc.mo dott. S. S., Presidente del Consiglio di Stato a.r., affidando a questi il compito di provvedere in via commissariale alla verifica, individuazione ed acquisizione degli elementi conoscitivi innanzi indicati.
Il Presidente S. ha fornito alla Sezione i richiesti chiarimenti, depositando analitici scritti (rispettivamente datati 11.12.2007, 4.6.2008) sul contenuto dei quali si sono diffusamente soffermate le parti.
Alla camera di consiglio dell’ 1.7.2008 la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
Deve preliminarmente fornirsi risposta alle eccezioni di inammissibilità formulate dalle amministrazioni e dai contro interessati (peraltro, posto che la competenza per il giudizio di ottemperanza ha carattere funzionale ed inderogabile ogni questione al riguardo poteva e doveva essere rilevata d’ufficio)
Ritiene la Sezione che esse siano infondate.
Invero non ignora la Sezione l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale deve considerarsi ” inammissibile il ricorso per l’esecuzione del giudicato, quando sia stato proposto nei confronti di un’amministrazione che non sia stata parte nel giudizio conclusosi con la sentenza di cui si deduca il mancato adempimento. Infatti, il giudizio di ottemperanza presuppone che l’amministrazione, cui si rivolge la statuizione giudiziale, non abbia soddisfatto la pretesa di colui che abbia conseguito la sentenza favorevole e può essere proposto solo quando l’amministrazione non abbia dato esecuzione ad un “dictum” giudiziale, contenuto in una sentenza che abbia disposto la sua soccombenza.(Consiglio Stato, sez. VI, 31 maggio 2006, n. 3320).
Detto insegnamento non è tuttavia predicabile nel caso di specie.
In disparte la circostanza relativa alla positiva partecipazione, nel caso di specie, dell’amministrazione asseritamente inottemperante al giudizio di merito (il che già introduce un elemento di significativa differenziazione rispetto alla ipotesi presa in esame dalla decisione sopra riportata), assume nodale importanza la considerazione che – con riguardo alle pretese degli appellanti prospettate in sede di giudizio cognitorio – pacificamente si rientrava nella giurisdizione esclusiva del plesso giurisdizionale amministrativo.
Si era in presenza, quindi, di un giudizio non limitato all’atto, ma esteso al rapporto.
Ed a questo proposito, deve evidenziarsi che costituisce affermazione consolidata, in giurisprudenza, quella per cui “nell’ambito della giurisdizione esclusiva il giudicato sul rapporto controverso si estende, oltre che sulle questioni effettivamente proposte in giudizio (dedotto), anche quelle deducibili in via di azione ed eccezione (deducibile) che costituiscono precedenti logici essenziali e necessari alla pronuncia.” (Consiglio Stato, sez. IV, 12 gennaio 2005, n. 38).
Posto, quindi, che in sede di giurisdizione esclusiva il giudicato si forma anche in relazione a profili distinti rispetto al (soltanto eventuale) dictum demolitorio, pare alla Sezione potersi affermare che risponde ad un criterio di economia dei mezzi processuali, e che sia rispettoso del precetto di cui al comma II del novellato art. 111 della Costituzione prescrittivo della necessità che i processi abbiano una durata ragionevole, consentire il ricorso al Giudice dell’ottemperanza al fine di determinare le condizioni affinchè l’amministrazione ottemperi ai precetti contenuti nelle decisioni rese in materie rientranti nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (si veda, in particolare, Consiglio Stato, sez. IV, 21 dicembre 1999, n. 1901 in ordine alla finalità del giudizio di ottemperanza, laddove si è avuto modo di precisare che “nel giudizio di ottemperanza, il giudice amministrativo può adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione, risolvendo eventuali problemi interpretativi, che sarebbero comunque devoluti alla propria giurisdizione, ma non può esercitare analoghi poteri di integrazione allorché la sentenza da eseguire sia stata adottata da un giudice appartenente ad un diverso ordine giurisdizionale e la questione rientri nella giurisdizione di quest’ultimo “).
Sotto altro profilo, la Sezione condivide l’insegnamento secondo il quale “in base all’art. 37 comma 3 l. 6 dicembre 1971 n. 1034, spetta al Consiglio di Stato la competenza in ordine ai ricorsi per l’ottemperanza alle decisioni rese da questo organo, in sede di appello, difformi dalla sentenza di primo grado appellata. “(Consiglio Stato, sez. V, 30 giugno 1987, n. 423): avuto riguardo al concreto contenuto della decisione n. 612/2006 resa dalla Sezione, non può non affermarsi la sussistenza del radicarsi in capo al Consiglio di Stato della competenza a decidere dell’ottemperanza al dictum ivi contenuto.
Nel merito, non appare revocabile in dubbio (né, sostanzialmente, è decisamente contestato dalle intimate amministrazioni) che il diritto dei ricorrenti affermato nella sentenza 612/2006 e supportante il ricorso in ottemperanza non sia stato soddisfatto in passato; non lo sia stato successivamente alla pronuncia della decisione in oggetto; e, come anche può evincersi dalle complessive analitiche relazioni rese dal Presidente S., non lo sia a tutt’oggi.
Tale condizione configura una inammissibile aporia rispetto al dictum giurisdizionale, e deve essere rimossa, dovendosi di conseguenza affermare, in accoglimento dei riuniti ricorsi in ottemperanza, l’obbligo dell’amministrazione intimata di dare completa esecuzione al precetto più volte richiamato contenuto nella sentenza della Sezione n. 612/2006, a tal fine facendo riferimento alle due relazioni predisposte dal Presidente S. da intendersi integralmente richiamate in questa sede.
Si delega all’uopo il Rettore dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza per l’adozione dei conseguenti provvedimenti, onerando altresì il medesimo a verificare la eventuale ricorrenza di profili di danno erariale sinora verificatisi a cagione dell’inottemperanza riscontrata, con successiva trasmissione di informativa alla competente Procura Contabile per gli incombenti di propria competenza.
Condanna le intimate amministrazioni, in solido, al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti che appare equo quantificare in complessivi euro 5.000.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie nei termini di cui alla motivazione i ricorsi riuniti in epigrafe, e per l’effetto,
ORDINA
alle intimate amministrazioni di porre in essere attività adempitiva del giudicato nei sensi di cui alla motivazione, assegna a tal fine il termine di giorni 60 (sessanta) a decorrere dalla comunicazione o dalla notifica, se anteriore, della presente decisione.
Condanna le intimate amministrazioni, in solido, al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti quantificate in complessivi euro 5.000.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 1-7-2008 Con la circolare 5 settembre 2008 n. 8 il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, dr. Renato Brunetta, ha fornito indicazioni operative in merito alle assenze dal servizio dei pubblici dipendenti, con particolare riguardo all’applicazione della Legge n. 104/1992 sui portatori di handicap.
Emiliana Matrone
CIRCOLARE Dip. Funzione Pubblica 5 settembre 2008, n. 8
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Dipartimento della Funzione Pubblica
Ufficio Personale Pubbliche Amministrazioni
Servizio Trattamento del Personale
CIRCOLARE 5 settembre 2008, n. 8
DFP-0040319-05/09/2008-1.2.3.3
Decreto legge n. 112 del 2008 convertito in legge n. 133 del 2008 – “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” – art. 71 – assenze dal servizio dei pubblici dipendenti – ulteriori chiarimenti.
Alle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001
Con legge n. 133 del 2008, pubblicata sul Supplemento ordinario n. 196 alla Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008, è stato convertito in legge con modifiche il d.l. n. 112 del 2008, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.
A seguito delle modifiche apportate all’originario provvedimento normativo e considerati i numerosi quesiti pervenuti dalle amministrazioni circa l’applicazione della nuova disciplina si ritiene opportuno fornire ulteriori indicazioni ad integrazione di quelle già date con la precedente circolare n. 7 del 2008.
La materia è di estrema delicatezza e di assoluta rilevanza, in quanto riguarda sia la sfera privata dei dipendenti pubblici, sia la correttezza dei loro rapporti con l’amministrazione, con i colleghi e con i cittadini. Peraltro, data la sua complessità, si pregano le amministrazioni di far conoscere le eventuali criticità riscontrate nell’applicazione delle norme anche per consentire un intervento finalizzato al loro riordino attraverso interventi legislativi.
1. Assenze per malattia
Si segnala innanzi tutto che la legge di conversione ha operato una modifica integrativa introducendo dopo il primo comma dell’art. 71 in esame un comma 1 bis. Tale disposizione stabilisce che: “Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al comparto sicurezza e difesa per le malattie conseguenti a lesioni riportate in attività operative ed addestrative.”. Con la modifica pertanto è stata introdotta un’esclusione espressa dall’ambito di applicazione della nuova disciplina. Tale esclusione riguarda dal punto di vista soggettivo il personale del comparto sicurezza e difesa e dal punto di vista oggettivo gli eventi di malattia conseguenti a lesioni riportate in attività operative ed addestrative. E’ rimasta per il momento esclusa la componente dei vigili del fuoco, in altri casi doverosamente equiparata al comparto sicurezza e difesa. In proposito, si segnala sin da ora che il Dipartimento della funzione pubblica si adopererà in sede parlamentare per prevedere un’integrazione alla normativa per quanto riguarda gli eventi di malattia conseguenti a lesioni riportate in attività operative ed addestrative.
Considerate le richieste di chiarimento giunte all’attenzione del Dipartimento, si rende necessario dare indicazioni circa le nuove modalità di decurtazione della retribuzione in caso di assenza per malattia in applicazione dell’art. 71 comma 1. La disposizione stabilisce che, salvo le eccezioni previste, “nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio”. La norma prescrive una decurtazione “permanente” nel senso che la trattenuta opera per ogni episodio di assenza (anche di un solo giorno) e per tutti i dieci giorni anche se l’assenza si protrae per più di dieci giorni. Pertanto, nel caso di assenza protratta per un periodo superiore a dieci giorni (ad esempio per undici giorni o più) i primi dieci giorni debbono essere assoggettati alle ritenute prescritte mentre per i successivi occorre applicare il regime giuridico – economico previsto dai CCNL ed accordi di comparto per le assenze per malattia. In sostanza, i dieci giorni non sono un contingente predefinito massimo esaurito il quale si applicano le regole contrattuali e l’assenza per malattia che si protrae oltre il decimo giorno non consente la corresponsione della retribuzione contrattuale (individuata dai CCNL e dagli accordi di comparto) a partire dal primo giorno, ma il trattamento deve essere comunque “scontato” relativamente ai primi dieci giorni.
Si ribadisce inoltre che, per le parti non incompatibili con il nuovo regime legale, continuano ad applicarsi le clausole dei contratti collettivi e degli accordi negoziali di riferimento. La decurtazione retributiva di cui al comma 1 dell’art. 71 opera in tutte le fasce retributive previste dai CCNL in caso di assenza per malattia. In proposito, come noto, i vigenti CCNL già disciplinano una decurtazione retributiva che è di diversa entità a seconda dei periodi di assenza. Queste decurtazioni non sono state soppresse dalla nuova disciplina legale e permangono, cosicchè la trattenuta di cui al comma 1 dell’art. 71 opera per i primi dieci giorni sovrapponendosi al regime contrattuale relativo alla retribuzione in caso di malattia.
1.2. Le assenze per visite specialistiche, terapie e accertamenti diagnostici
Numerosi quesiti sono pervenuti circa le modalità con cui considerare, alla luce della nuova normativa, le assenze dovute a visite specialistiche, ad esami diagnostici o terapie effettuati dai dipendenti, se, cioè, esse vadano considerate come assenza per malattia con assoggettamento al relativo trattamento e al nuovo regime.
In proposito, è opportuno evidenziare che il d.l. n. 112 del 2008 non ha modificato le modalità di imputazione delle assenze in questione. Quindi, anche dopo l’entrata in vigore del provvedimento, tali assenze continuano ad essere imputate come in precedenza. Gli istituti cui il dipendente può ricorrere per la giustificazione dell’assenza sono: i permessi brevi, soggetti a recupero, secondo le previsioni dei CCNL di comparto o degli accordi recepiti in d.P.R. ovvero secondo le specifiche normative di settore; i permessi per documentati motivi personali, secondo i CCNL di comparto, gli accordi recepiti in d.P.R. ovvero secondo le specifiche normative di settore (3 giorni all’anno); l’assenza per malattia, giustificata mediante certificazione medica, nei casi in cui ne ricorrono i presupposti (secondo l’orientamento della giurisprudenza: Cass. civ., n. 5027 del 5 settembre 1988; Cass. civ. n. 3578 del 14 giugno 1985); gli altri permessi per ciascuna specifica situazione previsti da leggi o contratti; le ferie. Il ricorso all’uno o all’altro istituto dipende dalle circostanze concrete, tra cui anche la durata dell’assenza, dalle valutazioni del dipendente e del medico competente (che redige il certificato o la prescrizione).
Si precisa che, dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008, in linea generale, se l’assenza per effettuare visite specialistiche, cure o esami diagnostici – ricorrendone i presupposti – è imputata a malattia, si applica il nuovo regime sia per quanto concerne le modalità di certificazione, sia per quanto riguarda la retribuzione. Pertanto, salvo quanto di seguito specificato, le assenze in questione saranno trattate dall’amministrazione come assenze per malattia ai fini dell’applicazione della relativa disciplina. Esse quindi debbono essere considerate per la decurtazione retributiva ai fini dell’art. 71, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008 e debbono essere calcolate quali giornate di malattia ai fini dell’applicazione dell’art. 71, comma 2. In proposito, si fa rinvio a quanto già detto nella circolare n. 7 del 2008.
Quanto alle modalità di certificazione di queste assenze, nel caso in cui l’assenza venga a coincidere con il terzo o successivo evento nell’arco dell’anno solare ovvero l’assenza per malattia si protragga oltre il decimo giorno, qualora il dipendente debba o voglia sottoporsi ad una prestazione specialistica presso una struttura privata dovrà produrre, unitamente all’attestazione da quest’ultima rilasciata, la relativa prescrizione effettuata da una struttura pubblica o del medico convenzionato con il S.S.N.
E’ opportuno evidenziare che, nel caso di imputazione dell’assenza per effettuare visite specialistiche, cure o esami diagnostici a malattia, l’amministrazione che ha conoscenza della circostanza a seguito della comunicazione del dipendente deve valutare di volta in volta, in relazione alla specificità delle situazioni, se richiedere la visita domiciliare di controllo per i giorni di riferimento. In tal caso possono ricorrere quelle “esigenze funzionali ed organizzative” di cui si deve tener conto nel richiedere la visita fiscale secondo l’art. 71, comma 3, del d.l. n. 112 del 2008. Infatti, il tentativo di effettuare l’accesso al domicilio del lavoratore da parte del medico della struttura competente potrebbe configurarsi come ingiustificato aggravio di spesa per l’amministrazione in quanto, in assenza del dipendente, potrebbe non avere lo scopo di convalidare la prognosi.
Si rammenta che la nuova normativa ha tenuto in particolare considerazione le assenze per malattia dovute a patologie gravi che richiedono terapie salvavita. Infatti, il secondo periodo del comma 1 dell’art. 71 stabilisce: “Resta fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita.”.
Al riguardo, si coglie peraltro l’occasione per segnalare la previsione dell’art. 12 bis del d.lgs. n. 61 del 2000, innovato da ultimo dalla legge finanziaria per il 2008 (Ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale.) a proposito del lavoro part-time dei dipendenti affetti da patologie oncologiche per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita. Tale disposizione accorda al dipendente del settore pubblico o privato interessato un diritto alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale in caso di richiesta e, successivamente alla trasformazione, un diritto alla riconversione a tempo pieno. Questa norma, in quanto lex specialis approvata in favore di una specifica categoria di soggetti, deve ritenersi ancora vigente nonostante la successiva entrata in vigore dell’art. 73 del d.l. n. 112 del 2008 (che ha innovato il regime della trasformazione da tempo pieno a tempo parziale) dei rapporti di lavoro con le amministrazioni. Il medesimo art. 12 bis – alle condizioni previste – accorda poi anche una precedenza rispetto agli altri lavoratori ad ottenere la trasformazione per i dipendenti che assistono i malati oncologici o soggetti riconosciuti inabili al lavoro (comma 2) e per i genitori di figli conviventi di età minore di tredici anni o portatori di handicap (comma 3). Per queste ultime ipotesi la precedenza opera in base al nuovo regime del part-time risultante dalle innovazioni apportate dal citato art. 73.
Si raccomanda ai dirigenti competenti di dare le opportune indicazioni al personale circa la necessità per i dipendenti di comunicare l’assenza per malattia con tempestività, comunicando il domicilio di reperibilità e inviando il relativo certificato. Si chiede quindi l’osservanza di quanto prescritto in materia dagli accordi collettivi (es.: art. 21 commi 8 ss. CCNL del 16 maggio 1995 per il personale del comparto ministeri: “8. L’assenza per malattia deve essere comunicata all’ufficio di appartenenza tempestivamente e comunque all’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui si verifica, anche nel caso di eventuale prosecuzione dell’assenza, salvo comprovato impedimento. 9. Il dipendente è tenuto a recapitare o spedire a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento il certificato medico di giustificazione dell’assenza entro i due giorni successivi all’inizio della malattia o alla eventuale prosecuzione della stessa. Qualora tale termine scada in giorno festivo esso è prorogato al primo giorno lavorativo successivo. …10. Il dipendente che, durante l’assenza, per particolari motivi, dimori in luogo diverso da quello di residenza, deve darne tempestiva comunicazione, precisando l’indirizzo dove può essere reperito.”). Ciò sia per permettere all’amministrazione di organizzare l’attività in maniera da non recare detrimento alla funzionalità e all’offerta di servizi sia per consentire l’effettuazione dei prescritti controlli.
2. Permessi retribuiti
Altra questione su cui sono pervenute numerose richieste di chiarimento riguarda la tematica dei permessi per i portatori di handicap grave e per i loro assistenti disciplinati dalla l. n. 104 del 1992.
2.1. Le modifiche in sede di conversione del d.l. n. 112 del 2008
Preliminarmente si segnala che la legge di conversione è intervenuta a modificare il comma 5 dell’art. 71 del d.l. n. 112 del 2008 sostituendo il riferimento al comma 3 dell’art. 33 della l. n. 104 del 1992 con quello al comma 6. In base al testo attualmente vigente si prevede che: “5. Le assenze dal servizio dei dipendenti di cui al comma 1 non sono equiparate alla presenza in servizio ai fini della distribuzione delle somme dei fondi per la contrattazione integrativa. Fanno eccezione le assenze per congedo di maternità, compresa l’interdizione anticipata dal lavoro, e per congedo di paternità, le assenze dovute alla fruizione di permessi per lutto, per citazione a testimoniare e per l’espletamento delle funzioni di giudice popolare, nonché le assenze previste dall’articolo 4, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, e per i soli dipendenti portatori di handicap grave, i permessi di cui all’articolo 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.”. Quindi, la disciplina relativa alla distribuzione dei fondi destinati alla contrattazione collettiva contenuta nel comma 5 dell’art. 71 prevede ora una deroga espressa per tutte le tipologie di permesso fruibili dai portatori di handicap grave, sia quelli giornalieri (previsti dal comma 3 dell’art. 33 della l. n. 104 del 1992) sia quelli orari (previsti dal comma 2 del medesimo articolo), entrambi richiamati nel testo del comma 6 dell’art. 33.
2.2. Permessi previsti in favore delle persone con handicap in situazione di gravità
Per quanto riguarda le tipologie e la fruizione dei permessi in questione, si ritiene opportuno precisare quanto segue.
L’art. 33, comma 6, della l. n. 104 del 1992 prevede che i portatori di handicap grave possono fruire alternativamente dei permessi di cui al comma 2 o di quelli di cui al comma 3 del medesimo articolo. Il comma 2 dell’articolo prevede per questi soggetti la possibilità di fruire di permessi orari giornalieri per due ore al giorno senza indicazione di un contingente massimo. Il comma 3 stabilisce invece la possibilità di fruire di permessi giornalieri per tre giorni al mese. Le due modalità di fruizione sono alternative (comma 6 dell’art. 33) e pertanto, in base alla norma, non possono essere fruiti cumulativamente i permessi giornalieri e i permessi orari di cui ai commi 2 e 3 nel corso dello stesso mese.
E’ importante chiarire che i permessi accordati alle persone con handicap in situazione di gravità sono istituiti dalla legge, con previsione generale per il settore pubblico e per quello privato. Quindi, secondo quanto previsto dall’art. 71, comma 4, primo periodo, eventuali limitazioni con fissazione di un monte ore sono rimesse alla disciplina legislativa (“4. La contrattazione collettiva ovvero le specifiche normative di settore … definiscono i termini e le modalità di fruizione delle stesse, con l’obbligo di stabilire una quantificazione esclusivamente ad ore delle tipologie di permesso retribuito, per le quali la legge, i regolamenti, i contratti collettivi o gli accordi sindacali prevedano una fruizione alternativa in ore o in giorni.”).
Il trattamento giuridico di queste agevolazioni non è stato innovato dal d.l. n. 112 del 2008. Si chiarisce quindi che, in base alla legge vigente, i portatori di handicap grave possono fruire alternativamente nel corso del mese di:
– tre giorni interi di permesso (a prescindere dall’orario della giornata)
– o di due ore di permesso al giorno (per ciascun giorno lavorativo del mese).
Si aggiunge poi che alcuni contratti collettivi (ad es. comparto ministeri, CCNL del 16 maggio 2001, art. 9; comparto regioni ee.ll., CCNL 6 luglio 1995, art. 19; comparto agenzie fiscali, CCNL 28 maggio 2004, art. 46; comparto Presidenza Consiglio ministri, CCNL 17 maggio 2004, art. 44) le clausole prevedono la possibilità di fruire in maniera frazionata ad ore le tre giornate intere di permesso (di cui al comma 3 dell’art. 33), fissando allo scopo un contingente massimo (18 ore). In tali casi è data facoltà al dipendente di scegliere se fruire di una o più giornate intere di permesso oppure di frazionarle a seconda delle esigenze. Considerato che i tre giorni di permesso sono accordati direttamente dalla legge senza indicazione di un monte ore massimo fruibile, la limitazione a 18 ore contenuta nei CCNL vale solo nel caso di fruizione frazionata. Naturalmente, la modalità di fruizione dei permessi mensili deve essere programmata in anticipo al fine di consentire al servizio del personale il calcolo dei giorni o delle ore spettanti e accordabili.
E’ importante chiarire che queste previsioni non incidono sulla possibilità alternativa per il dipendente di fruire delle due ore di permesso al giorno, che, come detto, sono accordate direttamente dalla legge e quindi restano salve.
In buona sostanza, se i CCNL di comparto prevedono la possibilità di frazionamento ad ore dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, fissando il tetto delle 18 ore, i portatori di handicap grave nel corso del mese possono fruire alternativamente di:
– due ore di permesso al giorno per ciascun giorno lavorativo del mese (comma 2 dell’art. 33);
– tre giorni interi di permesso a prescindere dall’orario della giornata (comma 3 dell’art. 33) ovvero 18 ore mensili, da ripartire nelle giornate lavorative secondo le esigenze, cioè con articolazione anche diversa rispetto a quella delle due ore giornaliere (secondo le previsioni dei CCNL che stabiliscono la frazionabilità ad ore dei permessi di tre giorni).
2.3. Permessi per coloro che assistono le persone con handicap in situazione di gravità
In base al combinato disposto dell’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 e dell’art. 20 della l. n. 53 del 2000, soggetti legittimati alla fruizione di permessi sono i genitori e i parenti o affini entro il terzo grado che assistono una persona con handicap in situazione di gravità, conviventi o, ancorché non conviventi, se l’assistenza è caratterizzata da continuità ed esclusività.
Secondo l’art. 33, comma 3, della l. n. 104 in esame, i genitori di figli con handicap grave e gli altri soggetti legittimati possono fruire di tre giorni di permesso mensile. In questa ipotesi la legge non prevede alternativa rispetto alla tipologia di permesso, che è giornaliero. Tuttavia in alcuni contratti collettivi, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori che prestano assistenza, è stato stabilito che tali permessi giornalieri possono essere fruiti anche in maniera frazionata, cioè ad ore, ed è stato fissato il contingente massimo di ore (18). Anche in questo caso vale il ragionamento sopra esposto: poiché questi permessi giornalieri sono disciplinati direttamente dalla legge, è la legge stessa che dovrà stabilire un eventuale monte ore, mentre il contingente delle 18 ore previsto dal CCNL vale solo nel caso in cui il dipendente opti per una fruizione frazionata del permesso giornaliero.
2.4. Permessi per documentati motivi personali e familiari
Diversamente, per quanto riguarda i permessi giornalieri documentati per particolari motivi personali e famigliari disciplinati dai contratti collettivi (ad es.: CCNL del 16 maggio 2001 del comparto ministeri, art. 9; CCNL del 28 maggio 2004 del comparto agenzie fiscali, art. 46; CCNL del 17 maggio 2004 del comparto Presidenza del Consiglio) e dagli accordi negoziali recepiti in d.P.R. (d.P.R. n. 105 del 4 aprile 2008 per il personale della carriera prefettizia; d.P.R. n. 107 del 20 gennaio 2006), nel caso di previsione da parte dei medesimi contratti della possibilità di fruizione frazionata degli stessi con fissazione del monte ore (18), trova applicazione la nuova disciplina di cui all’art. 71, comma 4, del d.l. n. 112 del 2008, come chiarito nella circolare n. 7. (Art. 71, comma 4, secondo periodo: “Nel caso di fruizione dell’intera giornata lavorativa, l’incidenza dell’assenza sul monte ore a disposizione del dipendente, per ciascuna tipologia, viene computata con riferimento all’orario di lavoro che il medesimo avrebbe dovuto osservare nella giornata di assenza.”).
Per quanto riguarda il periodo transitorio, il decreto legge non ha previsto una specifica disciplina per il calcolo dei permessi. Un utile criterio per l’anno 2008 in corso può essere il seguente: al fine di poter conteggiare le ore di permesso fruibili in applicazione della nuova disciplina, le eventuali giornate fruite per motivi personali precedentemente al 25 giugno 2008 (dal 2 gennaio al 24 giugno 2008) andranno considerate figurativamente come pari a 6 ore a giornata; le ore eventualmente godute in eccesso rispetto all’ammontare di 18 ore annue previste dalla contrattazione collettiva non saranno soggette a recupero in quanto fruite prima della vigenza dell’art. 71 del d.l. n. 112 del 2008.
2.5. Permessi per donazioni di sangue e midollo osseo
La Legge 13 luglio 1967, n. 584, all’art. 1, stabilisce che i donatori di sangue e di emocomponenti con rapporto di lavoro dipendente hanno diritto ad astenersi dal lavoro per l’intera giornata in cui effettuano la donazione, conservando la normale retribuzione per l’intera giornata lavorativa. Per quanto riguarda i donatori di midollo osseo, l’art. 5 della legge 6 marzo 2001, n. 52, riconosce al lavoratore dipendente il diritto a conservare la normale retribuzione per le giornate di degenza ospedaliera occorrenti al prelievo del sangue midollare nonché per le successive giornate di convalescenza che l’équipe medica che ha effettuato il trapianto ritenga necessarie ai fini del completo ripristino dello stato fisico del donatore stesso. La legge prevede inoltre il diritto a conservare la normale retribuzione anche per i permessi orari concessi al lavoratore per il tempo occorrente all’espletamento di vari atti preliminari alla donazione, fissati per legge.
Tali casistiche non sono state contemplate specificamente dal decreto – legge e dalla legge n. 133, ma non sono state neanche espressamente abrogate o modificate. Considerata la rilevanza e la delicatezza della materia in questione, il Dipartimento della funzione pubblica intende promuovere delle iniziative normative per evitare discriminazioni o compromissioni alle importanti attività in questione che sono il frutto di ammirevoli atti di solidarietà.
3. La programmazione delle presenze e delle assenze dal servizio per la funzionalità dell’amministrazione
Si raccomanda ai dirigenti competenti di ciascuna amministrazione di verificare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dei permessi, di chiedere e di verificare la documentazione a supporto per la fruizione dei permessi stessi (ove previsto dalla normativa vigente) e a giustificazione dell’assenza. Sarà cura inoltre dei dirigenti competenti organizzare l’attività lavorativa in maniera tale da evitare che le assenze giustificate del personale possano andare a detrimento della funzionalità e dell’offerta di servizi. In quest’ottica, è particolarmente rilevante l’attività di programmazione da parte del dirigente anche relativamente alle presenze e alle assenze dal servizio; quindi dovranno essere date chiare indicazioni ai dipendenti affinché nei limiti del possibile le richieste di permesso siano presentate con congruo anticipo.
4. Il monitoraggio sui permessi di cui alla l. n. 104 del 1992
Si pregano infine le amministrazioni in indirizzo di cooperare al monitoraggio sulla corretta attuazione della legge n. 104 del 1992 in materia di permessi di assenza dal lavoro che questo Dipartimento intende avviare, anche in previsione di un eventuale riordino della disciplina allo scopo di garantire un autentico ed efficace supporto sia ai dipendenti pubblici portatori di handicap grave, sia ai dipendenti pubblici ai quali incombe la necessità di assistere, in maniera continuativa ed esclusiva, familiari con handicap in situazione di gravità. Il monitoraggio, nel pieno rispetto della tutela della riservatezza dei soggetti interessati, sarà volto ad acquisire i dati relativi alla consistenza delle situazioni di handicap grave certificate dalle strutture competenti, la loro reale incidenza sull’organizzazione del lavoro, e anche le difficoltà riscontrate dagli stessi dipendenti pubblici, titolari di permessi, nell’applicazione complessiva della legge. Il monitoraggio sarà finalizzato al riconoscimento effettivo dei diritti di accesso alla legge n. 104 del 1992, ad un corretto funzionamento della legge nell’interesse degli aventi diritto e ad una maggiore efficienza della pubblica amministrazione.
Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione
RENATO BRUNETTA