Con riferimento al contratto di ormeggio, la Cassazione, con la sentenza del 1° giugno 2004, n. 10484, ha stabilito quanto segue:
a) che il c.d. contratto di ormeggio non trova alcuna specifica regolamentazione nè nel codice civile nè in quello della navigazione, che si limita a dettare norme sulla professione di ormeggiatore (art. 116 c. 1^ n. 4 c. n. e 208 ss. reg. nav. mar.), sicché costituisce un contratto “atipico”, che il diritto non può non riconoscere, in quanto diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela (art. 1322 c. 2^ c.c.);
b) che tale contratto atipico non può, tuttavia, essere equiparato, sic et simpliciter, al deposito, sì da doversi ritenere applicabili analogicamente le disposizioni di cui agli artt. 1766 ss. c.c., potendo avere un oggetto più vario ed articolato, in dipendenza delle attrezzature e dell’organizzazione del porto turistico ed, alla fine, degli accordi tra le parti, nell’espletamento della propria autonomia contrattuale;
c) che l’oggetto del contratto in esame può limitarsi, infatti, da una parte alla messa a disposizione delle strutture, e dall’altra alla loro utilizzazione al solo fine dell’ormeggio e della sosta dell’imbarcazione, senza alcuna ulteriore prestazione: in tal caso lo stesso presenta una sostanziale affinità con la locazione (può riscontrarsi una analogia con la locazione del c.d. “posto macchina”), in cui, secondo la definizione che ne da’ l’art. 1571 c.c., “una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo” senza che tale qualificazione osti la presenza di personale del concedente, al fine di regolare gli arrivi e di riscuotere i corrispettivi;
d) che il contratto può, invece, dar luogo ad un affidamento del natante agli addetti alla struttura, e, attraverso essi, all’altro contraente (eventualmente in applicazione degli artt. 2203 ss. c.c.), che comporta l’obbligo della sua custodia, sì da renderlo assimilabile ad deposito (artt. 1766 ss. c.c.) e da rendere applicabili le relative disposizioni;
e) che, pertanto, il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo, ma il suo contenuto può del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni (sinallagmaticamente collegate al corrispettivo), quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, ed il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità;
f) che di conseguenza incombe a colui che fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell’altro contraente) sulla struttura del contratto, fornire la prova dell’oggetto e del contenuto, la prova, cioè, che il contratto ha avuto ad oggetto non la semplice utilizzazione delle strutture, ai fini dell’attracco e della sosta, ma altresì la custodia dell’imbarcazione; e, trattandosi di contratto per il quale non è richiesta alcuna forma, la relativa prova può essere data anche attraverso testimoni e può, eventualmente, essere tratta da presunzioni che presentino i connotati della gravità, della precisione e della concordanza (art. 2729 c.c.).
Quindi, la Cassazione, almeno nella più recente prospettazione dell’argomento, ha adottato una soluzione sufficientemente elastica.
In sostanza, ha argomentato nel senso che si deve indagare la volontà delle parti per ricondurre il contratto di ormeggio, che è un contratto atipico di custodia, nell’una piuttosto che nell’altra delle tre alternative possibili:
1. lo schema elementare, analogo alla locazione, in cui non c’è l’obbligo di custodia;
2. lo schema intermedio, in cui la custodia si risolve nella semplice vigilanza;
3. lo schema massimo, in cui l’ormeggiatore assume una vera e propria obbligazione custodiale in senso tecnico, che per ogni profilo rende applicabili la disciplina del contratto di deposito.