Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale non esiste un rapporto di necessaria pregiudizialità tra il processo di nullità del matrimonio e quello di separazione personale.
I due procedimenti, infatti, sono del tutto autonomi l’uno dall’altro.
In proposito, è possibile osservare che prima della pronuncia di nullità, così come in pendenza del relativo processo, i coniugi continuano ad essere trattati come tali, con reciproci diritti e doveri, mentre la sentenza di separazione non spiega efficacia di giudicato sul punto dell’esistenza e validità del vincolo matrimoniale e non preclude la dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio (Cass. 15 maggio 2007, n. 11654).
In breve, è pacifico affermare che la pendenza del giudizio di nullità del matrimonio è assunta dal legislatore come ragione sufficiente a giustificare la pronuncia di separazione temporanea dei coniugi. Tale pronuncia, invero, riveste carattere cautelare nonchè efficacia interinale e condizionata, essendo destinata a rimanere assorbita dalla declaratoria di nullità del matrimonio, con la definitiva cessazione dell’obbligo di convivenza, ovvero ad essere caducata a causa del rigetto della domanda di nullità, con conseguente ripristino del vincolo in tutti i suoi aspetti, compreso l’obbligo della convivenza, salva la facoltà, in quest’ultima ipotesi, di promuovere l’azione ordinaria di separazione (Cass. 5 giugno 2001, n. 7594).