Il Consiglio di Stato, nella Decisione 19 settembre 2008 n. 4513, afferma che quando l’amministrazione comunale a fronte della realizzazione di opere a mezzo di D.I.A. non conformi ha già consumato il suo potere inibitorio, non essendo intervenuta nei tempi e nei modi dovuti, mantiene un potere sanzionatorio ex artt. 21 quinquies e 21 sexies della L. 7 agosto 1990 n. 241, che vanno interpretati in senso sostanziale.
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato – Decisione 19 settembre 2008 , n. 4513
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2058/08, proposto da
CONDOMINIO T., via …omissis…, Laigueglia (Savona),
rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Contaldi e Carlo Rolle ed elettivamente domiciliato presso il primo, in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63;
contro
IL COMUNE DI LAIGUEGLIA,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Guido Francesco Romanelli e Ferdinando Acqua Barralis e presso il primo elettivamente domiciliato, in Roma, via Cosseria, 5;
e nei confronti di
S. E. e T. A.,
la prima dei quali costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Piscitelli e Marcello Molé ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo, in Roma, via della Farnesina, nn. 272-274.
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sez. I, n. 76 del 24 gennaio 2008, resa “inter partes”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato e del soggetto controinteressato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 17 giugno 2008, il Consigliere Eugenio Mele;
Uditi l’avv. Mario Contaldi, l’avv. Luigi Piscitelli e l’avv. Ferdinando Acqua Barralis;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Ricorre in questa sede il Condominio “T.”, di via …omissis… di Laugueglia (SV), il quale impugna la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Liguria ha dichiarato irricevibile un ricorso per silenzio-rifiuto posto in essere dall’Amministrazione comunale su espressa diffida della stessa appellante.
Rileva la suddetta appellante che due condomini avevano eseguito delle opere abusive (struttura in ferro e vetro di una veranda e cambio di destinazione d’uso ad uffici dell’immobile), che venivano condonati; successivamente; peraltro, le stesse proprietarie avevano presentato una denuncia di inizio di attività (d.i.a.) per nuove opere di trasformazione immobiliare (ricostruzione integrale), senza che venisse adottato alcun provvedimento inibitorio da parte del Comune, così che il Condominio chiedeva interventi che controllassero l’abuso, senza che peraltro venisse adottato alcunché.
Questi i motivi dell’appello:
1) “Error in iudicando”, travisamento, motivazione erronea, violazione delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale, dell’art. 72 del Regolamento edilizio, dell’art. 2 del codice della strada, degli artt. 873 e segg. del cod. civ., dell’art. 41 quinquies, comma 8, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e dell’art. 9 del decreto ministeriale n. 2 del 1968, nonché violazione degli artt. 3 e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, degli artt. 22, 23 e 33 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, oltre che violazione degli artt. 2, 19 e 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 25 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, dell’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e falsità nei presupposti.
E ciò in quanto il silenzio serbato sulla denuncia di inizio di attività è equiparabile, secondo il Tribunale amministrativo regionale, ad un atto implicito, per cui sarebbe stata necessaria l’impugnazione nei termini di decadenza, ma tale tesi è errata, in quanto l’inerzia sulla d.i.a. non dà luogo ad un provvedimento implicito, ma implica soltanto la possibilità di richiedere interventi sanzionatori all’Amministrazione comunale, la cui ulteriore inerzia non può che essere considerata silenzio-rifiuto.
L’appellante richiede anche, in via subordinata, l’errore scusabile e rileva la violazione delle distanze del fabbricato ristrutturato dal ciglio della strada.
2) Violazione degli artt. 10, 22, 23 e 33 del d.P.R. 6 giugno 2001; n. 380, violazione degli artt. 4, 5 e 21 della legge regionale 10 luglio 2002, n. 29; violazione degli artt. 2, 19 e 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 25 del d.P.R. n. 3 del 1957 e dell’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e difetto di motivazione.
E ciò perché la nuova costruzione, che contrasta in più punti con il Piano regolatore generale del Comune, non era assentibile con dichiarazione di inizio di attività.
Chiede, altresì, l’appellante il risarcimento dei danni.
Si costituiscono in giudizio, resistendo all’appello, sia il Comune di Laugueglia che la controinteressata E. S..
Il primo rileva la natura autorizzatoria evincibile dal silenzio maturato dall’Amministrazione sulla d.i.a. del privato e contesta, altresì, l’applicabilità del termine derivante della sospensione feriale dei termini.
La seconda rileva la inammissibilità dell’appello da vari punti di vista e l’infondatezza nel merito dell’appello medesimo.
La causa passa in decisione alla camera di consiglio del 17 giugno 2008.
DIRITTO
Tutta la vicenda posta all’esame del Collegio ruota attorno alla natura giuridica da dare al complesso procedimento consistente nella presentazione di una dichiarazione di inizio di attività e della conseguente (ed eventuale) inibitoria dell’Amministrazione comunale, con il compimento di una fattispecie a formazione progressiva, per cui il progressivo intervento di un atto (la dichiarazione di inizio di attività) e di un fatto (l’inerzia dell’Amministrazione) dà luogo alla concreta eseguibilità delle opere richieste con la d.i.a.
Il problema posto all’attenzione del Collegio è se questa fattispecie sia da considerare un atto implicito (una “fictio iuris” del tipo del silenzio-assenso), così come opina il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ovvero debba considerarsi una vicenda diversa, in cui il mancato intervento inibitorio del Comune funge solo da presupposto legittimante per l’esecuzione delle opere così come richieste e programmate dal privato.
In altre parole, la fattispecie complessa prima individuata si atteggia alla stregua di un silenzio-assenso, oppure è semplicemente un’inerzia dell’Amministrazione che consente che certi lavori vengano eseguiti (in questo caso, l’unico atto che campeggia è quello privato di dichiarazione di inizio di attività).
Come è noto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato è ampiamente orientata a considerare l’inerzia dell’Amministrazione sulla dichiarazione di inizio di attività alla stregua di un fatto, anziché di un atto implicito o tacito (cfr. Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2007, n. 848 e Cons. St., sez. IV, 22 luglio 2005, n. 3960), anche se una sentenza isolata (Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2007, n. 1550) ha disposto in maniera diversa.
A questo punto della vicenda, pacifico che non vi è un atto, neppure “fictus” e quindi non vi è nulla da annullare, occorre ricostruire sistematicamente la questione normativa portata dagli artt. 21 quinquies e 21 sexies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che prevedono la possibilità per l’Amministrazione di procedere in via di autotutela ai sensi dell’art. 21 octies della stessa legge n. 241 del 1990 (annullamento d’uffici).
Premesso, come si è detto, che può annullarsi solo ciò che c’è e non ciò che non c’è e che le norme giuridiche non possono mai andare contro natura, ma devono invece assecondare questa e rendere le stesse le più aderenti possibili alle aspettative umane, per le quali solo le norme medesime sono dettate, appare evidente che le norme in parola, allorquando si riferiscono all’annullamento d’ufficio, hanno e non possono che avere un valore sostanziale, nel senso che l’Amministrazione, al di là del silenzio serbato, conserva comunque, non più un potere inibitorio, che ha comunque consumato, ma un potere sanzionatorio per verificare che i fatti denunciati e le opere eseguite siano conformi alle fattispecie regolamentari esistenti; da ciò non può che trarsi la conseguenza che l’Amministrazione, pur dopo l’esaurimento del potere inibitorio, può sempre comunque intervenire per sanzionare l’esistenza di opere abusivamente realizzate e ordinare in proposito ciò che ritiene legittimo ed opportuno per la risistemazione della fattispecie (a seconda dei casi, ordine di demolizione, pagamento di sanzione pecuniaria, richiesta di permesso di costruire, ecc.).
Ciò rilevato, appare corretta l’impugnazione del silenzio-rifiuto nel termine previsto da parte del Condominio e illegittimo è, conseguentemente, il rifiuto silenzioso opposto dal Comune di Laugueglia, il quale dovrà, pertanto, provvedere, nel termine di trenta giorni dalla notificazione della presente sentenza, a dare concreta e puntuale risposta al richiedente, in ordine alle domande formulate nell’istanza presentata al Comune.
La domanda di risarcimento dei danni, naturalmente, non può essere accolta in questa sede, sia perché un danno derivato da fatto illecito ancora non si è verificato e sia perché esso non è configurabile in questa sede giudiziaria nell’ambito di un contenzioso fra soggetti privati, per i quali la giurisdizione appartiene ad un altro giudice.
L’appello va, pertanto, accolto, con riforma della sentenza appellata e con l’obbligo per l’appellato Comune di Laigueglia di provvedere a fornire risposta al richiedente Condominio.
Le spese di giudizio del doppio grado possono essere integralmente compensate fra le parti.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado ed ordina all’Amministrazione di provvedere nei termini indicati in motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 17 giugno 2008