Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno, nella sentenza 15 maggio 2009 n. 2277, stabilisce che le controversie relative sia al riconoscimento e sia alla restituzione del contributo contemplato dalla L. 14 maggio 1981 n. 219 per la ricostruzione e riparazione degli immobili danneggiati dal terremoto del 1980 spettano alla cognizione del giudice ordinario, atteso che si verte in materia in cui l’attività della p.A. è rigidamente predeterminata dalla legge, sostanziandosi nella verifica della sussistenza o meno dei requisiti che danno luogo alla corresponsione del contributo. (E ciò tanto più nel caso di specie, nel quale il “petitum” sostanziale consiste nella domanda del ricorrente di vedersi dichiarare il proprio diritto soggettivo al mantenimento del contributo a fronte della dichiarazione di decadenza formulata dall’Amministrazione ed oggetto di gravame).
Emiliana Matrone
TAR Campania- Salerno Sentenza 15 maggio 2009 n. 2277
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2294 del 1996, proposto da:
S. R. e F. S.n.c., rappresentato e difeso dall’avv. ….
contro
Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Gen. Stato, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N. 58; Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distr. Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N. 58;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
a) del decreto n. 65 EST MICA del 22.3.1996 e della relativa nota di trasmissione prot. 166952 del 4.6.96, pervenuti il 14.6.1996, recanti la dichiarazione di decadenza dai benefici economici di cui all’art. 21 della l. 219/81 e l’invito al pagamento di lire 75.683.190 in restituzione di contributi erogati in acconto, maggiorati di interessi, sotto comminatoria di esecuzione coattiva; b) della nota D.G. Produzione Industriale prot. 170555 dell’8.11.1995, di comunicazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio; c) della relazione della struttura prot. 165226 del 29.2.1996; d) della nota 1479 del 30.3.1995 del Capo di Gabinetto; e) della nota della D.G. della Produzione Industriale 21 SAP 8, atti tutti non meglio conosciuti; f) di ogni altro atto anteriore, connesso e conseguente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19/03/2009 il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Con ricorso notificato in data 25 settembre 1996 e ritualmente depositato il successivo 1^ ottobre, la s.n.c. R. S. e F. ha impugnato gli atti di cui in epigrafe, invocandone l’annullamento.
Ha premesso che:
– era titolare di uno stabilimento industriale per la produzione di conserve alimentari, sito nel comune di Nocera Inferiore, danneggiato dal sismo dell’80 e per il quale fu presentata istanza di contributo per la riparazione della struttura immobiliare danneggiata ai densi dell’art. 21 della l.n. 219/81;
– con successivi provvedimenti ministeriali furono riconosciuti prima degli acconti sul contributo, fino a concorrenza dell’importo di 43.544.000 lire, quindi fu determinato l’ammontare complessivo dello stesso per un importo pari a lire 75.201.250;
– avendo eseguito ed ultimato fin dal 1984 i lavori di riattazione dell’immobile, con nota 16.12.1987, chiese il collaudo delle opere, onde conseguire il saldo dovuto, ma furono necessari tre anni per la nomina della Commissione di Collaudo ed altri cinque per reintegrare i componenti dimissionari;
– nel frattempo, a causa della crisi che ha interessato il settore produttivo delle conserve alimentari, la società ricorrente ha dovuto cessare l’attività, con conseguente attivazione della procedura di liquidazione, non ancora conclusa al momento del ricorso;
– senonché, con l’atto impugnato, il Ministero intimato ha comminato la decadenza dal finanziamento per la mancanza dei “presupposti per il mantenimento dei benefici in quanto la Ditta stessa non esercita l’attività produttiva nell’opificio oggetto dell’intervento ammesso a contributo”, revocando contestualmente i provvedimenti di ammissione al finanziamento e di erogazione degli acconti ed intimando la restituzione di questi ultimi con gli interessi e sotto comminatoria di esecuzione di ufficio.
Ha quindi impugnato tale determinazione, deducendo quanto segue:
1) violazione dell’art. 21 della l. 14.5.1981, n. 219 e succ. mod. ed int. (ora art. 27 d.l.vo 30.3.1990, n. 76), in quanto il caso in esame ricade nella ipotesi di cui alla lettera a) dell’art. citato, con la conseguenza che deve ritenersi perfettamente assolta la condizione prevista dalla norma con la effettiva ultimazione delle opere ai fini del ripristino dell’efficienza produttiva dell’impianto;
2) ulteriore violazione delle norme di cui al precedente motivo. Eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti atti. Ingiustizia manifesta. Difetto assoluto dei presupposti, in quanto il beneficio in oggetto è stato concesso solo ai fini dell’esecuzione dei lavori di ripristino e non anche per il (mancato) proseguimento dell’attività industriale, che invece l’Amministrazione pone a fondamento del beneficio;
3) violazione dei principi in tema di autotutela, in quanto l’Amministrazione, nel rinnovare la valutazione dell’interesse pubblico a base del provvedimento di concessione del beneficio, ha violato il principio di irretrattabilità degli effetti;
4) violazione dell’art. 39, 11^ comma, d.l.vo 30.3.1990, n. 76 e succ. mod. ed int.. Difetto assoluto dei presupposti, in quanto pur essendo stata richiamata dall’Amministrazione in seno al provvedimento impugnato, la norma non riguarda il caso di specie perché si riferisce alle nuove iniziative imprenditoriali invece che a quelle preesistenti.
Ha concluso invocando l’annullamento, previa sospensiva, degli atti impugnati.
Si è costituita la Difesa erariale, resistendo.
Alla Camera di Consiglio del 23 ottobre 1996, la domanda di sospensiva è stata accolta con decisione confermata in seconde cure (C. Stato, n. 832/97).
Alla Pubblica Udienza del 19 marzo 2009 il ricorso, sulla base delle conclusioni delle parti costituite, è trattenuto in decisione.
Il Collegio deve rilevare, su eccezione di parte resistente, l’improponibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo nella materia controversa la giurisdizione del giudice ordinario.
Come riportato in narrativa, la questione agitata in ricorso afferisce alla sussistenza o meno dei presupposti per la restituzione delle somme a suo tempo corrisposte alla ricorrente a titolo di contributo ai sensi della legge n. 219/81. Orbene, le controversie relative sia al riconoscimento e sia alla restituzione del contributo contemplato dalla l. 14 maggio 1981 n. 219 per la ricostruzione e riparazione degli immobili danneggiati dal terremoto del 1980 spettano alla cognizione del giudice ordinario, atteso che si verte in materia in cui l’attività della P.A. è rigidamente predeterminata dalla legge, sostanziandosi nella verifica della sussistenza o meno dei requisiti che danno luogo alla corresponsione del contributo (cfr. T.A.R Campania Napoli, sez. V, 05 agosto 2008, n. 9776). E ciò tanto più nel caso di specie, nel quale, ad onta della veste impugnatoria del gravame, il «petitum» sostanziale consiste nella domanda del ricorrente di vedersi dichiarare il proprio diritto soggettivo al mantenimento del contributo a fronte della dichiarazione di decadenza formulata dall’Amministrazione ed oggetto di gravame. A diverse conclusioni non può indurre la riconduzione, da alcuni teorizzata, alla materia dei pubblici servizi, segnatamente alle attività di protezione civile, in quanto, la Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 204 del 2004, dichiarando l’illegittimità costituzionale, in parte qua, sull’art. 33, d.lg. n. 80 del 1998 come sostituito dall’art. 7 lett. a), l. n. 205 del 2000, ha fatto cadere la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutta la materia dei servizi pubblici (v. T.A.R Campania Napoli, sez. V, 07 maggio 2008, n. 3540).
In conclusione, il ricorso deve dichiararsi improponibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con conseguente attribuzione della controversia al giudice ordinario.
La declaratoria di inammissibilità esime il collegio dall’esaminare le questioni di merito.
In linea con quanto chiarito di recente dal Consiglio di Stato (Sez. VI – sentenza 13 marzo 2008 n. 1059) alla luce dei recenti arresti della Corte costituzionale (12 marzo 2007 n. 77) e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (22 febbraio 2007 n. 4109), il Collegio è dell’avviso che il principio della translatio iudicii sia operante anche nei rapporti tra giudice amministrativo e giudice ordinario perchè altrimenti si verificherebbe l’inaccettabile conseguenza di un processo che si conclude con una sentenza sulla sola giurisdizione senza decidere sull’esistenza o meno della pretesa.
Alla declinatoria di giurisdizione da parte di questo Tribunale deve pertanto seguire il rinvio della causa al giudice ordinario, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice privo di giurisdizione (così anche, Cons. Stato, VI Sez., 28 giugno 2007 n. 3801).
Al fine però di evitare l’inconveniente di un’azione sospesa sine die, e come tale nella disponibilità assoluta di una delle parti, insieme alla precisazione della salvezza degli effetti, occorre fissare un termine entro cui tale salvezza opera (il che conferma ulteriormente che la sentenza che declina la giurisdizione debba contenere la dichiarazione della salvezza degli effetti, anche al fine di delimitarne la durata).
Seguendo le indicazioni fornite da autorevole dottrina e come già affermato in alcune pronunce del giudice amministrativo (da ultimo, Sez. VI – sentenza 13 marzo 2008 n. 1059), per individuare tale termine può essere applicato analogicamente l’art. 50 c.p.c, questo perché, con l’affermazione del principio della translatio iudicii anche tra diverse giurisdizioni (e non sono tra diversi giudici appartenenti allo stresso plesso giurisdizionale), il difetto di giurisdizione diventa per molti aspetti analogo al difetto di competenza del giudice adito.
L’art. 50 c.p.c. prevede che sia lo stesso giudice che si dichiara incompetente a fissare il termine per la riassunzione davanti al giudice ritenuto competente; in mancanza di tale indicazione, il termine per la riassunzione è di sei mesi dalla comunicazione della sentenza.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, con rinvio davanti al giudice ordinario perché dia luogo al giudizio di merito.
Ai sensi dell’art. 50 c.p.c., sono dichiarati salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda e si fissa il termine di sei mesi dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione, per la riassunzione davanti al giudice ordinario.
Le spese del giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per la Campania – Sez. I di Salerno – definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2294/96, proposto da R. S. e F., lo dichiara improponibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Rimette, ai sensi dell’art. 50 c.p.c., le parti davanti al giudice ordinario perché dia luogo al giudizio di merito nei termini indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 19/03/2009