In tema di riscatto di fondo rustico, il Tribunale di Nola ribadisce che la qualità di coltivatore diretto del fondo confinante va determinata con riferimento alla nozione fornita dalla legge 590 del 1965, secondo la quale è tale colui il quale direttamente ed abitualmente sia dedito all’attività di coltivatore diretto della terra, con forze lavorative proprie e del proprio nucleo familiare, con carattere di continuità e stabilità e non di mera occasionalità.
Infatti, nella sentenza del 12/04/2007, si legge che la circostanza per cui l’attrice risulta bracciante agricola in pensione non costituisce di per sé insuperabile prova contraria all’esistenza della dedotta qualità di coltivatrice diretta del fondo confinante con quello oggetto della domanda, dal momento che, secondo la consolidata giurisprudenza, quella circa l’esistenza della qualità di coltivatrice diretta costituisce un’indagine di fatto non vincolata dalle risultanze anagrafiche, contabili o previdenziali del soggetto, in relazione al quale essa si svolge. Emiliana Matrone
Tribunale di Nola, Dott. Giovanni Scotto di Carlo, sentenza del 12.04.2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Nola, dott. Giovanni Scotto di Carlo, pronunziando in funzione di giudice monocratico di primo grado ex art. 281 quater c.p.c., ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 3973/99 del Ruolo Generale, avente ad oggetto: azione di riscatto di fondo rustico
vertente TRA
Tizio e Mevia, elettivamente domiciliati in Marigliano …. Presso lo studio degli avv.ti … , che li rappresentano e difendono giusta procura a margine della comparsa di costituzione in sostituzione del precedente difensore -attori-
E
Caio e Sempronia, elettivamente domiciliati in Nola … presso lo studio dell’avv. … rappresentati e difesi dagli avv.ti … giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta -convenuti-
NONCHE’
Cicero, elettivamente domiciliato in Acerra … presso lo studio degli avv.ti … giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta -convenuto-
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Parte attrice concludeva riportandosi alla citazione ed ai propri atti difensivi e chiedeva l’accoglimento della domanda, con conseguente declaratoria della violazione della legge 817/71 da parte dei convenuti e di esistenza del diritto di prelazione in capo all’attrice Mevia, con conseguente modificazione della posizione contrattuale soggettiva della parte acquirente nel contratto stipulato per notaio Xxx in data 10.4.1999 e declaratoria di acquisto dell’immobile in proprio favore, fissando il termine per il versamento del prezzo di acquisto in misura pari a lire 113.000.000, con condanna dei convenuti al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese del giudizio.
I convenuti Caio e Sempronia concludevano riportandosi a quanto chiesto, dedotto ed eccepito nella comparsa di costituzione e nel corso del giudizio, chiedendo il rigetto delle avverse richieste ed impugnando ogni mutamento della originaria domanda.
Il convenuto Cicero concludeva chiedendo dichiararsi inammissibile, improcedibile ed infondata la domanda attrice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 14.10.99 gli attori premettevano di essere comproprietari del fondo rustico sito in Acerra alla c.da …, riportato nel NCT di detto comune alla partita –aaaaa- fol… p.lle …, coltivato costantemente da Mevia con l’ausilio dei familiari, confinante con il fondo rustico di proprietà di Cicero; esponevano quindi che il fondo confinante di proprietà Cicero , riportato nel NCT del comune di Acerra alla partita -bbbbb- fol… era stato alienato in data 10.4.99 ai coniugi Caio e Sempronia con atto per notaio Xxx di Acerra, senza l’osservanza delle norme disciplinanti il diritto di prelazione di cui all’art. 7 della legge n.817/1971, spettante all’attrice Mevia, convenivano in giudizio sia l’alienante del fondo in questione che gli acquirenti del medesimo al fine di sentir dichiarare la traslazione alla detraente Mevia della proprietà del fondo rustico in questione, sulla base ed alle condizioni di cui al contratto di vendita del 10.4.99 stipulato dal notaio Xxx, così modificando in favore della titolare del diritto di prelazione la titolarità soggettiva dell’acquisto, condannando il convenuto Cicero al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio.
Si costituivano gli acquirenti del fondo, Caio e Sempronia, i quali deducevano l’inapplicabilità alla fattispecie della normativa invocata dalla parte attrice, sostenendo che la Mevia non potesse essere considerata coltivatrice diretta del fondo confinante, essendo titolare di pensione di invalidità erogata dall’INPS, oltretutto per essere stata in precedenza bracciante agricola, e quindi lavoratrice subordinata; aggiungevano altresì che il vero prezzo della compravendita, interamente versato all’alienante, era stato di lire 165.000.000, per cui chiedevano, in caso di accoglimento della domanda proposta dagli attori, la condanna dell’alienante alla restituzione di tale importo, superiore a quello indicato nell’atto pubblico.
Si costituiva altresì Cicero, il quale deduceva che prima di porre in essere l’alienazione del fondo aveva accuratamente accertato che i confinanti non fossero coltivatori diretti, ottenendo dall’INPS di Napoli certificazione dalla quale risultava che i coniugi Tizio e Mevia non sono mai stati coltivatori diretti, essendo, invece il Tizio operaio e la Mevia bracciante agricola in pensione, ragion per cui, contestando l’esistenza del diritto di prelazione in favore di quest’ultima, chiedeva il rigetto della domanda proposta dagli attori.
Espletata istruttoria, sulle conclusioni in epigrafe riportate la causa passava in decisione con la concessione dei termini di gg. 60 per comparse conclusionali e di gg. 20 successivi per repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda proposta dagli attori è infondata e va, pertanto, rigettata.
Il diritto di prelazione riconosciuto dall’art. 8 della legge 590 del 1965 in favore dell’affittuario, mezzadro, colono, o compartecipante che coltivi il fondo venduto da almeno due anni , esteso dall’art. 7 della legge 817 del 1971 anche in favore del coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con quelli offerti in vendita nel caso in cui su questi ultimi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari etc. non può essere riconosciuto in favore degli attori.
Ed invero, l’attore Tizio non ha in alcun modo dedotto o affermato di essere coltivatore diretto del fondo confinante con quello posto in vendita, del quale risulta invece essere solo comproprietario, sicchè non può proporre l’azione di retratto per difetto assoluto del requisito soggettivo di coltivatore diretto.
Quanto alla mevia, che oltre ad essere comproprietaria del fondo confinante se ne è dichiarata anche coltivatrice diretta, occorre rilevare che l’istruttoria espletata non ha fornito prova convincente dell’esistenza di tale requisito soggettivo, che è appunto onere di chi agisce per il retratto, dimostrare in giudizio.
In proposito, va premesso che la circostanza per cui la Mevia risulta bracciante agricola in pensione non costituisce di per sé insuperabile prova contraria all’esistenza della dedotta qualità di coltivatrice diretta del fondo confinante con quello oggetto della domanda, dal momento che, secondo la consolidata giurisprudenza, quella circa l’esistenza della qualità di coltivatrice diretta costituisce un’indagine di fatto non vincolata dalle risultanze anagrafiche, contabili o previdenziali del soggetto, in relazione al quale essa si svolge.
La qualità di coltivatore diretto del fondo confinante va infatti determinata con riferimento alla nozione fornita dalla legge 590 del 1965, secondo la quale è tale colui il quale direttamente ed abitualmente sia dedito all’attività di coltivatore diretto della terra, con forze lavorative proprie e del proprio nucleo familiare, con carattere di continuità e stabilità e non di mera occasionalità.
Orbene, nel completo ed insanabile contrasto delle deposizioni testimoniali rese in giudizio con riferimento alle circostanze in proposito rilevanti, un solo elemento è stato concordemente riferito ed è rimasto quindi sicuramente accertato, ovvero che il fondo di proprietà degli attori, del quale la Mevia sarebbe coltivatrice diretta, per rilevanti periodi dell’anno era completamente allagato, con la sola differenza, nelle varie deposizioni rese, circa la causa, la funzione e lo sfruttamento di tale allagamento, poiché, mentre i testimoni indicati dagli attori hanno affermato che tale allagamento veniva appositamente provocato ai fini della coltivazione per eliminare i vermi, i testimoni indicati dai convenuti hanno invece affermato che tale allagamento veniva provocato e sfruttato per trasformare stabilmente il fondo in questione in vasca di acquitrino per attrarre gli uccelli e quindi per sfruttare il fondo medesimo per l’affitto ai cacciatori, e per un utilizzo del terreno a fini venatori e non per la coltivazione.
Orbene, osserva questo giudice che non è assolutamente credibile quanto affermato dai testimoni indicati dagli attori ( ed in particolare dai testimoni Px e Rx), ovvero che il fondo di proprietà dei predetti veniva allagato per circa sessanta o novanta giorni l’anno al fine di eliminare i vermi che danneggiano le colture, essendo ben noto – secondo nozione di comune esperienza che non presuppongono specifiche conoscenze agricole e tecniche – che per l’eliminazione di insetti e parassiti si utilizzano specifici prodotti e che, viceversa, l’allagamento del fondo ne determina gravissimi danni dal punto di vista dello sfruttamento agricolo, provocando la completa perdita di qualsivoglia coltivazione vegetale ed arborea sullo stesso impiantata; inoltre, risulta palese nonché fortemente indicativa della diversa realtà dei fatti, la contraddizione in cui sono caduti i due testimoni innanzi indicati, ovvero Px e Rx, laddove il primo ha affermato che il fondo veniva allagato (oltretutto proprio per mano sua) per circa ottanta-novanta giorni nei mesi di novembre e dicembre, mentre il secondo ha riferito che l’allagamento avveniva per circa sessanta giorni, ma nei mesi di luglio ed ottobre, ammettendo altresì che in tale periodo i cacciatori vi accedevano.
Considerato poi che i testimoni indicati dai convenuti hanno tutti concordemente riferito dell’esistenza di una vasca per l’uccellagione sul fondo degli attori, precisando che esso veniva quindi stabilmente frequentato dai cacciatori e che non lo vedevano altrimenti utilizzato, appare chiaro che il fondo in questione non può ritenersi essere stabilmente e costantemente utilizzato dalla Mevia per lo svolgimento dell’attività di coltivatrice diretta, il che determina non solo l’assoluta mancanza di prova circa l’esistenza di tale requisito per l’azione proposta, ma addirittura l’emersione della prova contraria.
Mette conto aggiungere che neppure la documentazione la documentazione prodotta dalla attrice, avente ad oggetto l’acquisto da parte della medesima di piantine di lattuga nonché di patate nell’anno 2000, fornisce elementi di prova a sostegno della dimostrazione della qualità di coltivatrice diretta del fondo confinante con quello venduto: ed invero, il documento di trasporto n.76 del 3.7.2000, riferito alla fattura n.54 del 31.7.00, entrambi emessi dalla azienda agricola KKK, documentano l’acquisto da parte della Mevia di 30.000 piantine di insalata audran, ma nel contempo indicano quale recapito della acquirente e, soprattutto, quale luogo di destinazione e consegna di tale merce, l’indirizzo di Maddaloni (CE) via …. N…, ovvero un luogo ben diverso – nonché alquanto distante – dal fondo in questione, sicchè non dimostrano affatto che il fondo di Acerra veniva coltivato direttamente dalla Mevia, analogamente, anche la fattura rilasciata da Qxx per la fornitura di patate, indica come recapito dell’acquirente, il comune di Maddaloni (CE), e non già il fondo in questione, sito in Acerra (NA).
Ne consegue l’inevitabile rigetto della domanda, non essendo stato dimostrato il requisito soggettivo di coltivatrice diretta in capo alla attrice Mevia e non essendo stato neppure dedotto tale requisito dall’altro attore.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il giudice del Tribunale di Nola, sezione seconda civile, definitivamente pronunziando in funzione di giudice monocratico di primo grado, disattesa ogni contraria istanza , difesa ed eccezione, così provvede:
1-rigetta la domanda proposta da Tizio e Mevia;
2-condanna Tizio e Mevia al pagamento delle spese processuali in favore di Caio e Sempronia, che liquida in Euro 75,00 per esborsi, Euro 1.866,00 per diritti ed Euro 3.200,00 per onorari, oltre IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dei procuratori anticipatari avv.ti …;
3-condanna Tizio e Mevia al pagamento delle spese processuali in favore di Cicero, che liquida in Euro 70,00 per esborsi, Euro 1.682,00 per diritti ed Euro 2.600,00 per onorari, oltre IVA e cpa, con distrazione in favore del procuratore anticipatario avv. …
Così deciso in Nola il 12.04.2007
Il Giudice
Dott. Giovanni Scotto di Carlo
Sentenza pubblicata da: www.iussit.eu
Si ringrazia l’Avv. Pietro D’Antò per aver consentito la pubblicazione della richiamata sentenza anche su www.consulenza-legale.info