Con sentenza 22-9-05 il Tribunale di Nola dichiarava A. Vincenzo responsabile, quale impiegato presso il Comune di Acerra: a) di tentata truffa ex artt. 56, 640 c. 2 n. 1 c.p., per avere posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il citato ente locale mediante artifici e raggiri, ossia facendo apparire la sua presenza in ufficio in determinati giorni ovvero il suo stato di malattia, mentre in realtà svolgeva attività presso un esercizio commerciale, per procurarsi l’ingiusto profitto consistente in indebita retribuzione di giornate lavorative, ai danni del Comune; B) di falso ex artt. 476, 479 c.p., per avere falsamente attestato, mediante sistema di rilevazione delle presenze e tramite certificato medico, la sua presenza presso l’ufficio comunale o la propria malattia; con la continuazione e le generiche prevalenti lo condannava a pena ritenuta di giustizia.
Tale decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Napoli con sentenza 29-11-07 avverso la quale ha a proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo vizio di motivazione in punto responsabilità con riguardo ad entrambi i reati.
Ecco cosa risponde la Corte di Cassazione, con la sentenza del 11 giugno 2008, n. 23623.
Emiliana Matrone