a cura di Giuseppe Matrone
Nell’ambito internazionale, la Santa Sede (o anche Sede Apostolica) e lo Stato della Città del Vaticano sono due soggetti di diritto distinti. Entrambi questi soggetti operano con una propria autonomia sovrana, in considerazione di specifiche prerogative.
Il punto essenziale di collegamento tra la Santa Sede e la Città del Vaticano è la loro comune guida: il Sommo Pontefice. Egli unisce in sé due funzioni: autorità suprema della Chiesa cattolica e sovrano regnante dello Stato della Città del Vaticano.
In tal modo, il Romano Pontefice è allo stesso tempo: una persona fisica, cioè l’uomo scelto dai Cardinali elettori, per ispirazione dello Spirito Santo, al ruolo primaziale di Vescovo di Roma; una istituzione ecclesiastica, cioè il Sommo Pontefice della Chiesa universale, successore del Santo Apostolo Pietro; un Capo di Stato, cioè il Sovrano dello Stato della Città del Vaticano.
Il Can. 332 – § 1 del Codice di Diritto Canonico sancisce che il Romano Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale.
Presupposto fondamentale per l’elezione del Pontefice è la vacanza della sede apostolica. La suddetta condizione consiste, canonicamente, nel tempo in cui nessuno riveste l’ufficio di Romano Pontefice della Chiesa universale, per cui la sede del Vescovo di Roma è sede vacante.
Invero, si incorre nella vacanza della Sede Apostolica nei casi di cessazione dall’ufficio del Romano Pontefice, le ragioni di questa cessazione possono essere: la morte del Pontefice; la certa e perpetua pazzia o totale infermità mentale dello stesso; il suo macchiarsi del crimine di apostasia, eresia o scisma; la decisione di operare una rinuncia.
La cessazione dell’ufficio del Romano Pontefice e la procedura per la sua elezione sono disciplinate dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici gregis, promulgata da san Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996 e riformata da Papa Benedetto XVI prima nel 2007 e poi nel 2013.
Tipicamente, l’evento che apre la procedura è la morte del Romano Pontefice. È interessante notare che in questo caso bisogna distinguere due momenti: la morte fisica dell’uomo, accertata dalla scienza medica; la dichiarazione formale, secondo il dettato normativo, della morte del Sommo Pontefice.
La citata Costituzione apostolica, prevede che: «appena ricevuta la notizia della morte del Sommo Pontefice, il Camerlengo di Santa Romana Chiesa deve accertare ufficialmente la morte del Pontefice alla presenza del Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, dei Prelati Chierici e del Segretario e Cancelliere della stessa Camera Apostolica, il quale compilerà il documento o atto autentico di morte». Sono al completamento di questa procedura si può applicare la disciplina della sede vacante. Vogliamo dire che, la morte fisica consiste nella fine della vita biologica dell’uomo che riveste la carica di Pontefice. Tuttavia, solo la dichiarazione della morte rende vacante l’ufficio del Romano Pontefice ed attiva le conseguenze giuridiche di questo evento.
Più teoriche, ma non impossibili, sono i casi in cui il Romano Pontefice perde il suo ufficio poiché non più in grado di assolvere opportunamente a tale incarico. Una grave perturbazione della salute psichica del Pontefice, porta alla dichiarazione della sede vacante da parte dei Cardinali, secondo le previsioni del diritto. Previsioni, tuttavia, non ancora complete per affrontare questa ipotetica condizione.
Maggiore approfondimento ha visto, invece, la possibilità della rinuncia del Romano Pontefice al proprio ministero di successore di San Pietro. In tal caso, il Codice di Diritto Canonico prevede i requisiti di validità dell’atto di rinuncia: Can 332 – § 2 «nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti».
Come si evince, il carattere essenziale di tale rinuncia deve essere la libertà con cui viene decisa, assunta e deliberata.
La piena libertà con cui il Sommo Pontefice può decidere di porre un termine volontario al proprio ufficio, trova conforto nella normativa codiciale, per cui al Can. 188: «la rinuncia fatta per timore grave, ingiustamente incusso, per dolo o per errore sostanziale oppure con simonia, è nulla per il diritto stesso».
Allo stesso modo, l’assoluta libertà che costituisce il requisito per la validità dell’atto, non può essere minacciata da qualsivoglia violenza fisica (Cfr. Can. 125 § 1), oppure da ignoranza ed errore (Cfr. Can. 126). Tali precisazioni salvaguardano l’ordinamento canonico, ed in questo caso il Pontefice, da una condotta dolosa esterna che minaccerebbe così la stessa Chiesa.
Nell’atto di rinuncia si esprime la suprema autorità del Romano Pontefice, poiché tale atto non può essere accettato da alcuno. Proprio perché, non vi è autorità superiore al Romano Pontefice stesso. La conseguenza della rinuncia è l’inizio della sede vacante, al pari della dichiarazione di morte del Romano Pontefice.
La rinuncia al Pontificato per di Benedetto XVI ha aperto la strada al titolo di Papa Emerito, per distinguere il Pontefice che ha effettuato la rinuncia, dal nuovo Pontefice eletto dal conseguente conclave.
Universi Dominici gregis disciplina il governo ecclesiastico durante la vacanza della Sede Apostolica. Essa prevede che: «al Collegio dei Cardinali, nel tempo in cui la Sede Apostolica è vacante, è affidato il governo della Chiesa solamente per il disbrigo degli affari ordinari o di quelli indilazionabili, e per la preparazione di quanto è necessario all’elezione del nuovo Pontefice».
La gestione ordinaria è organizzata attraverso una apposita Congregazione particolare costituita dal Cardinale Camerlengo e da tre Cardinali Assistenti, rinnovati ogni tre giorni, estratti a sorte tra i Cardinali elettori già pervenuti a Roma.
Difatti: «durante il periodo dell’elezione le questioni più importanti, se necessario, sono trattate dall’assemblea dei Cardinali elettori, mentre gli affari ordinari continuano ad essere trattati dalla Congregazione particolare dei Cardinali».
I Cardinali nell’esercizio collegiale del governo ordinario non possono disporre circa i diritti della Sede Apostolica e della Chiesa Romana, così come non possono correggere o modificare le leggi emanate dal Romano Pontefice.
La garanzia del rispetto dei diritti sanciti nelle norme vaticane è affidata alla cura di tutti i Cardinali, ed in particolare al Camerlengo di Santa Romana Chiesa.
La condizione della sede vacante del Romano Pontefice ha effetti profondi nella gestione di governo dello Stato Vaticano, poiché in mancanza del Sovrano, deve essere applicata la precipua disposizione di cui all’Art. 3 della Legge Fondamentale: «1. durante il periodo di Sede Vacante il Collegio dei Cardinali assicura la continuità delle funzioni dello Stato e ne esercita i poteri. 2. Il Collegio, tuttavia, può emanare disposizioni legislative solo in caso di necessità e urgenza e con efficacia limitata alla durata della vacanza, salvo che esse siano successivamente confermate dal Sommo Pontefice».
Allo stesso modo, fino alla elezione del nuovo Pontefice, non può esserci alcun cambiamento fondamentale nel governo ecclesiale, salvo ciò che è espressamente previsto nella legge.
In tema, si guardi il Can. 335: «mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze».
Una volta che è stata dichiarata la sede vacante, i Cardinali sono tenuti a recarsi a Roma, in risposta alla convocazione da parte del Cardinale Camerlengo, per dare inizio al processo di elezione del Pontefice.
Solo ai Cardinali, per diritto, è riconosciuta la facoltà di eleggere il Pontefice, in considerazione della millenaria tradizione di elezione del Vescovo di Roma da parte del Clero di Roma, rappresentato appunto dal Collegio cardinalizio. Si veda in punto il Can. 349: «i Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale».
Sono elettori quei Cardinali che non hanno superato gli ottanta anni di età, nel numero massimo di centoventi. La votazione avviene nel rispetto della massima riservatezza, escludendo qualsiasi interferenza che possa minacciare il pacifico e legittimo svolgimento della procedura. Il dovere del Conclave è eleggere il Romano Pontefice, attraverso una maggioranza dei due terzi dei Cardinali elettori presenti alla votazione. Universi Dominici gregis n. 62: «per la valida elezione del Romano Pontefice si richiedono i due terzi dei suffragi, computati sulla totalità degli elettori presenti».
Essenziale per essere eletto è lo status di battezzato. Invece circa la possibilità di essere eletti, almeno teoricamente, godono di tale diritto tutti i fedeli cattolici capaci di ricevere l’ordinazione episcopale (Cfr. Can. 378 – § 1).
Quando i risultati delle votazioni indicano un eletto al Pontificato, bisogna che questi esprima il consenso alla libera accettazione del risultato elettivo. L’elezione deve essere accettata dall’eletto ma non deve essere confermata da nessuno.
Da tal momento, la legge dispone l’immediato riconoscimento della sovranità primaziale, di Romano Pontefice, in capo a colui che, legittimamente eletto, ha accettato l’elezione ed è già costituito nell’ordine dell’episcopato. Difatti, ribadisce il n. 88 di Universi Dominici gregis :«dopo l’accettazione, l’eletto che abbia già ricevuto l’ordinazione episcopale, è immediatamente Vescovo della Chiesa Romana, vero Papa e Capo del Collegio Episcopale; lo stesso acquista di fatto la piena e suprema potestà sulla Chiesa universale, e può esercitarla.
Se, invece, l’eletto è privo del carattere episcopale, sia subito ordinato Vescovo».
Al Pontefice è riconosciuta la suprema autorità nella Chiesa in ragione del suo essere Vescovo della sede di Roma, la sede dell’Apostolo Pietro.