Il consumatore, titolare dell’abbonamento Tim (già Telecom) per la linea fissa ed adsl nella propria abitazione domestica, constatava che nella fattura di luglio 2018 (era stato incluso il servizio “internet pay – contenuti web” per il costo di € 20.00.
Non avendo mai richiesto né voluto detto servizio (non sapendo, in realtà, neppure in cosa consistesse simile servizio) il consumatore, prontamente, contattava ripetutamente il “Servizio Clienti 187” per avere spiegazioni e, quindi, contestava la fattura e disconosceva il servizio ingiustamente addebitatogli.
Ma, gli operatori telefonici — sapientemente indottrinati — gli ripetevano che non era stata la loro azienda ad attivare il servizio in discussione, quanto piuttosto tale servizio era stato attivato dallo stesso consumatore, magari anche inconsapevolmente, durante la navigazione in internet.
Ovviamente, la Tim non forniva né era in grado di fornire al cliente alcuna prova della veridicità delle giustificazioni propinate.
Gli operatori del 187, altresì, rispondevano che non potevano disattivare il servizio non avendolo attivato loro, ma che doveva essere lo stesso cliente a curarsi della disattivazione accedendo al sito https://selfcare.internetpay.tm.it.
Il consumatore provvedeva a disattivare il servizio non richiesto attraverso il sito web https://selfcare.internetpay.tm.it.
Inoltre, il consumatore, diligentemente, contestava la fattura per iscritto, a mezzo invio di messaggio pec, e decideva di non pagare la bolletta alla scadenza in attesa della soluzione della controversia.
La medesima lettera di contestazione veniva trasmessa per conoscenza anche all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per i dovuti accertamenti e l’adozione di provvedimenti necessari.
La Tim, non rispondeva a nessuno dei reclami telefonici. A distanza di molte settimane, la Tim riscontrava la contestazione scritta e rispondeva quanto segue: “ti informiamo di aver effettuato le dovute verifiche dalle quali non sono emersi elementi che ci consentano di accogliere la tua richiesta in quanto il servizio Internet Pay non risulta attivato da noi. E (da notare che Tim non usa l’accento sul verbo, sic!) possibile disattivare l’abbonamento al servizio in qualunque momento attraverso il sito https://selfcare.internetpay.tm.it, accedendo all’Area di Self care dedicata e cliccando su “I Tuoi Acquisti” oppure chiamando il Servizio Clienti 187”.
Nel frattempo, nonostante la disattivazione eseguita per vie telematiche e le numerose e ripetute segnalazioni, perveniva al consumatore la fattura di agosto 2018 ed anche tale fattura risultava maggiorata della somma indebita di € 20,00 per il medesimo servizio mai richiesto.
Il cliente, allora, si determinava ad affidare la tutela dei propri diritti all’avvocato di Sua fiducia.
Il professionista incaricato, dunque, in nome e per conto del proprio assistito, con lettera pec, indirizzata a Tim Spa, in persona del legale rappresentante pt, con sede alla Via Gaetano Negri n. 1 in 20123 Milano, pec: telecomitalia@pec.telecomitalia.it, fax: 800000187, contestava sistematicamente le fatture di luglio ed agosto 2018 ed insisteva per la disattivazione immediata del servizio in quanto mai richiesto né voluto e già disconosciuto formalmente e, per l’effetto, chiedeva la decurtazione dalle fatture contestate delle somme indebite.
Su suggerimento dell’avvocato, al fine di evitare le possibili conseguenze del mancato pagamento e/o azioni di recupero da parte di Tim, il cliente provvedeva a pagare le somme non contestate e cioè eseguiva per ciascuna fattura il pagamento parziale o in acconto attraverso “Lis Ip Spa” (decurtando € 20,00 da ciascuna fattura).
Infine, la Tim, in riscontro della lettera dell’avvocato, così scriveva: “comunichiamo a lei e al suo assistito …, che ci legge in copia, di aver provveduto alla cessazione di Internet Pay e al rimborso dei suddetti costi presenti sulle fatture TIM Luglio 2018 e Agosto 2018, per l’importo di E 40,00 (IVA inclusa), che troverà sotto la voce “ Altri importi” della prossima fattura Tim o, al massimo, di quella successiva”.
Tim, dunque, accoglieva l’istanza del professionista e, tuttavia, in maniera del tutto semplicistica, pretendeva dal consumatore il pagamento delle fatture scoperte per l’intero importo, prevedendo che, poi, con la “prossima fattura Tim o, al massimo, di quella successiva” ne avrebbe ricevuto il rimborso.
Tale soluzione appariva inadeguata ed in ogni caso non particolarmente conveniente per il consumatore, che avrebbe dovuto pagare comunque tutto per poi averne un giorno il rimborso.
Soluzione molto più “normale” sarebbe stata quella di richiedere al consumatore il pagamento della fattura già decurtata dell’indebito, oltre a fare le scuse al cliente per il disagio arrecato, che non sono mai pervenute.
L’avvocato, a questo punto, comunicava alla Tim che il cliente aveva già provveduto al saldo di quanto realmente dovuto, come da ricevute Lis Ip Spa che allegava e che, quindi, nulla era più dovuto.
Il problema veniva risolto in questo modo ed, infatti, le bollette successive nono riportavano la voce Servizio “internet pay – contenuti web”.