Secondo l’articolo 36-bis, comma 1, del d.l. 223/2006, convertito dalla legge 248/2006, “Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell’edilizia, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell’adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, (…), il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (…) può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell’ambito dei cantieri edili qualora riscontri l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria,(…)”.
Il Tribunale Amministrativo dell’Umbria -Perugia, con la sentenza 17 febbraio 2009 n. 49, in proposito, precisa che l’applicazione della sanzione della sospensione dei lavori, ancorché non debba conseguire necessariamente all’accertamento dell’illecito, non è però condizionata dalla previa valutazione del tipo di attività concretamente svolta dal lavoratore irregolarmente presente nel cantiere al momento dell’accertamento e del pericolo ad essa riconducibile.
Infatti, scopo della sanzione, come evidenziato dalla disposizione stessa, è quello di evitare il protrarsi sia della potenziale situazione di pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori (intrinsecamente connessa alla posizione irregolare in quanto solitamente comporta l’omissione degli obblighi di informazione del lavoratore) sia della sottrazione ai controlli previsti dalla legge ) sia, soprattutto, del pregiudizio che deriva al lavoratore come effetto della mancanza di copertura assicurativa.
Tutte queste situazioni negative vengono meno soltanto nel momento in cui il datore di lavoro regolarizza la posizione del dipendente; e rispetto a tale problema è irrilevante appurare quali compiti svolgano di fatto i lavoratori assunti irregolarmente.
Emiliana Matrone
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DELL’UMBRIA – PERUGIA
sentenza 17 febbraio 2009 numero 49
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FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente – all’epoca esecutrice di lavori di costruzione di edifici di edilizia residenziale in Gubbio, frazione Padule – impugna il verbale della Direzione Provinciale del Lavoro di Perugia prot. in data 16 febbraio 2007, con cui sono stati sospesi detti lavori.
La sospensione è stata adottata, ai sensi dell’articolo 36-bis, comma 1, del d.l. 223/2006, convertito dalla legge 248/2006, in esito ad un sopralluogo che ha evidenziato la presenza, tra le quattro unità lavorative operanti nel cantiere, di un cittadino extra-comunitario (ucraino) sprovvisto di regolare permesso di soggiorno.
2. Lamenta che gli ispettori del lavoro siano incorsi in violazione e falsa applicazione della disposizione citata, nonché in eccesso di potere per travisamento dei fatti e mancanza dei presupposti.
La sospensione dei lavori, in quanto revocabile soltanto dopo la regolarizzazione delle posizioni lavorative, non sarebbe applicabile qualora, come nel caso in questione, la legge, per altri motivi, non consenta la regolarizzazione, perché verrebbe meno la stessa ratio giustificativa della sanzione.
In ogni caso, la sospensione non avrebbe dovuto essere in concreto applicata, posto che l’attività svolta dal lavoratore in questione (mera ripulitura della malta debordante dai mattoni di un muro divisorio) era “meramente complementare” e comproverebbe la “natura estemporanea della sua presenza in cantiere e, soprattutto, l’assoluta carenza delle potenziali condizioni di rischio” connesse all’impiego di personale totalmente “in nero”.
3. Resiste per l’Amministrazione l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, senza svolgere concrete difese.
4. Il ricorso è infondato e pertanto dev’essere respinto.
4.1. Secondo l’articolo 36-bis, comma 1, del d.l. 223/2006, convertito dalla legge 248/2006, «Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell’edilizia, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell’adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, (…), il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (…) può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell’ambito dei cantieri edili qualora riscontri l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale (…)».
In base al successivo comma 2, «È condizione per la revoca del provvedimento (…) a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. È comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti; b-bis) il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto a quelle di cui alla lettera b), ultimo periodo, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate» (quest’ultima lettera, b-bis), è stata inserita dall’articolo 5 della legge 3 agosto 2007, n. 123).
Detti commi 1 e 2 sono stati abrogati dall’articolo 304 del d.lgs. 81/2008.
L’applicazione della sanzione della sospensione dei lavori, ancorché non debba conseguire necessariamente all’accertamento dell’illecito, non è però condizionata dalla previa valutazione del tipo di attività concretamente svolta dal lavoratore irregolarmente presente nel cantiere al momento dell’accertamento e del pericolo ad essa riconducibile.
Infatti, scopo della sanzione, come evidenziato dalla disposizione stessa, è quello di evitare il protrarsi sia della potenziale situazione di pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori (intrinsecamente connessa alla posizione irregolare in quanto solitamente comporta l’omissione degli obblighi di informazione del lavoratore) sia della sottrazione ai controlli previsti dalla legge ) sia, soprattutto, del pregiudizio che deriva al lavoratore come effetto della mancanza di copertura assicurativa. Tutte queste situazioni negative vengono meno soltanto nel momento in cui il datore di lavoro regolarizza la posizione del dipendente; e rispetto a tale problema è irrilevante appurare quali compiti svolgano di fatto i lavoratori assunti irregolarmente.
Risultano pertanto infondate le censure incentrate sull’omessa considerazione, da parte degli ispettori del lavoro, dell’attività svolta al momento dell’accertamento dal lavoratore irregolarmente presente nel cantiere. Senza contare che, in ogni caso, l’attività svolta dal lavoratore in questione, dato e non concesso che fosse proprio quella esposta nel ricorso, rientrava nel profilo professionale dell’operaio edile.
4.2. Per quanto concerne invece le censure legate alla stessa applicabilità della sanzione, occorre sottolineare come la situazione di un extra-comunitario privo del permesso di soggiorno, debba prima di tutto essere valutata alla luce della disciplina dettata dalle disposizioni del testo unico di cui al d.lgs. 286/1998, e s.m.i., incentrata sul sistema dei flussi e quindi del numero chiuso dei contratti di lavoro che possono essere legittimamente instaurati.
In particolare, ai fini dell’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato con un extracomunitario, viene richiesto la sottoscrizione del contratto di lavoro presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione, dopo che sia stato rilasciato il nulla osta all’ingresso in Italia con il visto per motivi di lavoro.
Allo stesso tempo, la presenza sul territorio nazionale dello straniero privo di permesso di soggiorno è sanzionata con l’espulsione, con divieto di rientro prima che sia trascorso un periodo pluriennale.
Non sembra dunque dubbio, in base alla disciplina oggi applicabile – vale a dire, in assenza di previsioni specifiche di “sanatoria”, che regolino l’emersione del lavoro irregolare, com’è accaduto, in ultimo, con l’articolo 33 della legge 189/2002 e l’articolo 1 del d.l. 195/2002, convertito dalla legge 222/2002 (norme, peraltro, di carattere eccezionale e non applicabili oltre i casi ed i tempi in esse espressamente considerati)- che la posizione del lavoratore in questione non si potesse regolarizzare.
4.3. In effetti, la sanzione della sospensione dei lavori, laddove non revocabile mediante la regolarizzazione del lavoratore extra-comunitario, non è in grado di soddisfare in concreto la prioritaria esigenza cautelare dichiarata dall’articolo 36-bis.
Infatti, il lavoratore deve essere allontanato dal cantiere per l’impossibilità di instaurare un valido rapporto di lavoro, ed anzi dovrebbe essere espulso dal territorio nazionale nel quale è irregolarmente presente.
Vero è che, anche in simili casi, la sanzione in esame potrebbe soddisfare l’ulteriore concorrente esigenza di disincentivare l’impiego di lavoratori stranieri, attraverso la comminatoria di una sanzione sostanzialmente non revocabile (se non dopo che sia trascorso il periodo di efficacia del divieto di rientro, e comunque ipotizzando l’esito favorevole di un procedimento di instaurazione del rapporto di lavoro sottoposto a diverse incognite: elementi che, quanto meno, determinerebbero il protrarsi della sospensione per molti anni); ciò che, ragionevolmente, determinerebbe nella maggior parte dei casi la risoluzione del contratto di appalto per i lavori oggetto di sospensione.
Ma una simile conseguenza appare sproporzionata rispetto alla suindicata finalità, se si considera che l’impiego di lavoratori extra-comunitari irregolari è già sanzionato penalmente. E, soprattutto, che lo stesso articolo 36-bis, a fronte della presenza nel cantiere di lavoratori irregolari, oltre a far salva l’applicazione delle sanzioni amministrative e penali previste dalle vigenti disposizioni (comma 2, lettera b) ed a prevedere un incremento di un quinto delle sanzioni complessivamente irrogabili (comma 2, lettera b-bis), dispone una quantificazione specifica delle sanzioni stesse, a modifica dell’articolo 3, comma 3, del d.l. 12/2002, convertito dalla legge 73/2002 (comma 7, tuttora in vigore), che risultano applicabili indipendentemente dall’applicazione della sanzione della sospensione dei lavori.
4.4. Fin qui, la ricostruzione della effettiva portata applicativa dell’articolo 36-bis, offerta dalla ricorrente, può condividersi.
Deve dunque ritenersi, in linea di principio, che, nonostante il tenore letterale dell’articolo 36-bis non preveda eccezioni, la revoca della sanzione inibitoria, qualora la situazione del lavoratore extracomunitario non sia regolarizzabile, non possa essere condizionata a detta regolarizzazione.
4.5. Il Collegio rileva come tale orientamento, stando agli atti acquisiti al giudizio, risulti recepito anche dalla Direzione provinciale del lavoro di Perugia, nell’irrogare la sanzione impugnata.
Nel provvedimento di sospensione dei lavori nell’ambito del cantiere n. in data 16 febbraio 2007 (che risulta contestualmente notificato alla società ricorrente, ed i cui estremi vengono riportati nel ricorso, per individuare l’oggetto dell’impugnazione), adottato dal Servizio Ispezione del lavoro della Direzione Provinciale del Lavoro di Perugia, si legge che “il provvedimento sarà revocato esclusivamente a condizione che si accerti” – non la “regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria” (opzione che non risulta sbarrata nel verbale prestampato, bensì – “in caso di impiego di personale extracomunitario (in calce indicato) privo del prescritto permesso di soggiorno, il pagamento della sanzione amministrativa di cui all’art. 36 bis, comma 7, lett. a) della legge n° 248/06, il versamento dei relativi contributi previdenziali e assicurativi, nonché il pagamento delle connesse sanzioni civili” (opzione che risulta sbarrata e in parte sottolineata).
Anche il verbale di ispezione con lo stesso numero, redatto in data 7 marzo 2007, trasmesso con nota prot. 818-819 in data 15 marzo 2007, e relativo al medesimo accertamento, che viene redatto “al fine di contestare le violazioni di legge relative all’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, con indicazione degli adempimenti a cui il soggetto ispezionato dovrà esattamente provvedere affinché questo Ufficio possa emettere il provvedimento di revoca della sospensione dei lavori”, non fa menzione della regolarizzazione del lavoratore, ma è corredato da una diffida concernente unicamente l’adempimento di consegnare al lavoratore il prescritto prospetto di paga (che avrebbe dovuto essere consegnato all’atto della corresponsione delle retribuzioni).
Agli atti figura anche la nota prot. 816 in data 15 marzo 2007, di contestazione di illecito, concernente la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’articolo 36, comma 7, succitato.
Dunque, il provvedimento impugnato ha sì disposto la sospensione dei lavori, ma subordinandone la revoca al pagamento delle sanzioni e degli oneri evasi, non anche alla regolarizzazione del lavoratore extracomunitario; dando, così, all’articolo 36-bis, un’applicazione restrittiva (rispetto a quella ipotizzabile sulla base della considerazione del solo tenore letterale), che pone la norma al riparo dalle perplessità sopra evidenziate.
4.6. Non si ravvisano invece motivi per trarre, dalla circostanza della non regolarizzabilità del lavoratore extracomunitario, l’ulteriore conseguenza dell’inapplicabilità in radice della sospensione dei lavori nel cantiere.
Nell’interpretazione accolta, la sospensione dei lavori, anche in casi come quello in esame, in quanto revocabile a seguito del pagamento delle sanzioni e degli oneri evasi, può comunque svolgere una funzione disincentivante dell’impiego di manodopera in nero, senza assumere una portata sproporzionata e ingiustificatamente penalizzante per l’impresa.
Pertanto, anche le censure in esame risultano infondate.
5. Sussistono tuttavia giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Respinge il ricorso in esame.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 14/01/2009