TAR Lazio Roma, Sez. III Quater, 3 marzo 2008, n. 1941
FATTO
Con il presente gravame il ricorrente ha chiesto l’annullamento del licenziamento con preavviso intimato il 31.3.1998, poi confermato con ordinanza n. 5 del 28.7.1998, e chiede la declaratoria del diritto alla reintegrazione nel posto.
L’azienda resistente si è costituita con memoria difensiva, depositando gli atti del procedimento.
Il ricorso è affidato alla denuncia di tre motivi di gravame relativi:
1. violazione dell’art. 7, comma 2 l. 300/70 per mancata e/o insufficiente motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 30 lett. d) del c.c.n.l. di categoria e contestuale violazione dell’art. 5 1.533/1973 per violazione di norme inderogabili di legge e del c.c.n.l. di comparto;
2. eccesso di potere per ingiustizia manifesta, per travisamento e/o mancata ed erronea valutazione dei fatti concretizzante irragionevolezza del licenziamento irrogato, nonché violazione ex art. 5 1.533/1973 per violazione di norme inderogabili attinenti a vizi di procedura
3. nullità e/o inesistenza dell’ordinanza n. 5 del 28 luglio 1998 a firma del commissario straordinario confermativa del licenziamento perché basato su atto emanato da organo assolutamente incompetente.
Con memoria per la Camera di Consiglio il ricorrente sottolineava le tesi difensive a sostegno del ricorso.
La richiesta di sospensione cautelare del provvedimento è stata respinta il 16/12/1998 con ordinanza n. 1727/98.
Con memoria per la discussione l’Azienda ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e nel merito la sua infondatezza.
All’udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il gravame è diretto avverso il licenziamento “con preavviso” motivato in relazione al rifiuto del trasferimento disposto per motivate “esigenze di servizio” ed arbitraria assenza ingiustificata dal servizio per un periodo superiore a 10 giorni consecutivi lavorativi. In particolare senza fornire alcuna giustificazione, il ricorrente si era del tutto assentato dal gennaio 1997 sino al 17 maggio 1997 ed in alcune giornate di assenza nel mese di dicembre 1997 e dal 1 al 27 gennaio 1998 e non aveva rispettato l’orario di lavoro nei mesi di ottobre – dicembre 1997.
Il ricorso è inammissibile oltre che infondato nel merito.
1. Quanto all’inammissibilità si deve sottolineare che l’atto introduttivo non impugna e non fa nemmeno alcuna menzione del diverso, e concomitante, provvedimento con il quale la medesima azienda resistente ha irrogato al ricorrente la ulteriore, e più grave, sanzione del licenziamento “senza preavviso” per ulteriori assenze senza giustificazione, dal 5.4.1998. Il provvedimento è stato emesso il 24 giugno 1998 e ricevuto il 13 luglio 1998 e quindi antecedentemente la notifica del presente gravame.
È dunque evidente che la mancata specifica impugnazione di un altro e concomitante provvedimento, adottato nelle more dell’impugnativa di quello qui gravato, rende inammissibile il presente giudizio per carenza d’interesse alla decisione. Nessuna utilità pratica infatti avrebbe il ricorrente dall’eventuale accoglimento del presente ricorso in quanto egli non potrebbe in ogni caso realizzare il vantaggio sostanziale perseguito con il presente gravame per il perdurare degli effetti preclusivi di quello qui non impugnato.
Il ricorso è dunque inammissibile
2. Quanto al merito il ricorso, come si diceva, è comunque infondato.
2.1. Per il ricorrente il provvedimento di licenziamento:
— sarebbe carente dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche e non sarebbe supportato da una sufficiente motivazione;
— in violazione dell’art. 7 comma 2 L. 300/1970, la contestazione dell’addebito disciplinare non avrebbe contenuto l’indicazione specifica dei fatti costitutivi l’infrazione; — l’assenza ingiustificata relativa al periodo temporale decorrente dal 23 al 31 dicembre 1997, non avrebbe integrato l’assenza superiore a 10 gg. prevista dall’art. 30 lett. d) CCNL di categoria ma avrebbe riguardato la fruizione di ferie.
L’assunto è infondato.
Deve in primo luogo rilevarsi come, a prescindere dalle cause che l’hanno determinata, dall’esame della documentazione prodotta emerge che l’Azienda aveva chiaramente contestato al ricorrente il ripetuto ed ingiustificato protrarsi di assenze.
Infine il provvedimento aveva puntualmente motivato le circostanza di fatto e di diritto che giustificavano il licenziamento qui impugnato.
Infine le assenze del dipendente erano state di gran lunga superiori ai dieci giorni consecutivi di lavoro previsti dal contratto per il licenziamento e non vi è alcuna prova che gli fosse stato consentito di restare in ferie per l’intero periodo.
Di qui l’infondatezza del primo motivo.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 30 lett. d) CCNL di categoria in quanto l’amministrazione non avrebbe correttamente valutato lo stato psico-fisico del ricorrente che sarebbe stato assente per malattia dal mese di giugno 1997 sino al 29 ottobre 1997 per uno stato ansioso-depressivo ulteriormente aggravatosi fino alla incapacità alla deambulazione a cagione della separazione legale con la moglie la quale tuttavia, pur separata avrebbe continuato ad offrire la sua assistenza spirituale e materiale in quanto il ricorrente si sarebbe rifiutato di seguire terapie presso il Centro di Salute Mentale. Si dovrebbe quindi escludere qualsiasi forma di intenzionalità dello stesso nell’assunzione del comportamento tenuto.
Inoltre il ricorrente da un lato non avrebbe mai ricevuto la lettera di trasferimento del 27 agosto 1996 a firma del Direttore Sanitario; e dall’altro per il periodo dal 28 agosto 1996 al 18 settembre 1996 il ricorrente avrebbe usufruito di congedo ordinario.
L’assunto va disatteso.
Quanto alle condizioni di salute del ricorrente non vi è alcuna reale prova di uno stato alterato della personalità che possa dimostrare che la mancata presenza in servizio del dipendente non fosse correlata alla deliberata volontà di sottrarsi all’assolvimento delle proprie mansioni.
Del resto, anche considerando la presenza di sindromi depressivi, non può comunque giustificarsi l’assenteismo prolungato dal posto di lavoro per quattro mesi e mezzo (gennaio 1997-17 maggio 1997), il non rispetto dell’orario di lavoro per quasi un trimestre; e l’assenza ingiustificata prima per otto giorni nel dicembre 1997 e poi per ulteriori 27 giorni nel gennaio 1998
In contrario, è acclarato che il ricorrente – seppure in difficoltà – una volta che è stato sottoposto a visita medica collegiale è stato dichiarato idoneo al servizio d’istituto.
Conseguentemente del tutto tardivamente oggi si cerca di addebitare le assenze ad uno stato ansioso-depressivo e non ad una libera scelta del ricorrente di sottrarsi ai suoi doveri.
Del resto la giurisprudenza ha sempre ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente, disposto per le numerose assenze ingiustificate, ove sia stata fornita al dipendente, la possibilità di presentare le proprie giustificazioni in merito (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 8 febbraio 1991, n. 116).
Né, in relazione al prolungarsi per mesi delle assenze appare credibile, che anche solo una parte di queste potesse essere imputabile alle ferie, in quanto (come è noto) le ferie si maturano in proporzione al periodo di servizio effettuato nell’anno.
Infine, come esattamente rilevato dalla difesa dell’Azienda, è comunque irrilevante la pretesa mancata ricezione della nuova assegnazione perchè è documentato in atti che il ricorrente per l’intero periodo si era assentato ingiustificatamente dal lavoro, non prestando servizio né nel vecchio posto di lavoro né in quello di nuova attribuzione.
Al riguardo si ricorda come, quando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, il giudice non deve esaminarli atomisticamente, riconducendoli alle singole fattispecie previste da clausole contrattuali, ma deve valutare complessivamente la loro incidenza sul rapporto di lavoro (cfr, Cassazione civile, sez. lav., 5 aprile 2004, n. 6668).
Del tutto privo di riscontro probatorio è inoltre l’asserita mancata pubblicità del Regolamento aziendale in materia disciplinare.
Non vi sono ragioni per non credere alle dichiarazioni verbalizzate, in sede di audizione, del dirigente responsabile che ha attestato – assumendosi la responsabilità dell’affermazione – che il Codice disciplinare è stato affisso all’Albo Aziendale e nei luoghi di timbratura del personale fin dal 6.10.1995.
Il motivo va dunque respinto.
2.3. Infine con il terzo motivo si lamenta l’incompetenza del Commissario Straordinario a cagione della “notoria” pendenza “nei confronti del predetto commissario di una vicenda processuale affidata all’intestata Curia il cui esito ha indubbio riflesso nel presente giudizio per la lamentela quivi introdotta”.
L’assunto è generico, privo di riscontri e comunque infondato.
Il ricorrente non specifica realmente quale vicenda processuale e quale sarebbe stato il provvedimento inibitorio di questo TAR o di altra Autorità Giudiziaria che avrebbe determinato la pretesa incompetenza.
In difetto di tale indicazione, il Commissario Straordinario rappresentava pleno iure l’organo di vertice dell’azienda che concentrava sia la rappresentanza legale dell’ente che tutti i poteri gestionali ordinariamente facenti capo al Direttore Generale.
2.4. Tutti i motivi sono infondati e vanno respinti.
3. In conclusione il ricorso va respinto perché inammissibile oltre che infondato.
Sussistono, in relazione alla peculiarità della situazione personale del ricorrente, sufficienti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.III^-quater :
1) respinge il ricorso di cui in epigrafe perché inammissibile oltre che infondato.
2) Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.III^-quater, in Roma, nella Camera di Consiglio del 12 dicembre 2007.