Il Consiglio di Stato, nella Decisione del 09/06/2008 n. 2872, precisa che in mancanza di esplicita disciplina, trova applicazione la regola della imprescrittibilità dell’azione di nullità, poichè la gravità delle patologie elencate dall’articolo 21-septies comporta che l’atto sia, in radice, inidoneo a produrre effetti giuridici.
Il nuovo articolo 21-septies della Legge n. 241/1990, recependo i risultati di una ricca elaborazione interpretativa, ha codificato la categoria concettuale del provvedimento amministrativo nullo, definendone i caratteri sostanziali. La disposizione, tuttavia, non ha espressamente indicato la disciplina dell’azione di nullità, con particolare riguardo ai termini di decadenza o di prescrizione. La carenza di disciplina espressa, come annunciato sopra, non impedisce di applicare, analogicamente, il nucleo essenziale delle norme contenute nel codice civile, riguardanti la nullità del contratto, nella parte in cui esse riflettono principi sistematici di portata più generale. In particolare, trova applicazione la regola della imprescrittibilità dell’azione di nullità. La gravità delle patologie elencate dall’art. 21 septies comporta che l’atto sia, in radice, inidoneo a produrre effetti giuridici. Questa assoluta inidoneità strutturale dell’atto comporta che l’interessato possa farne accertare la nullità, senza limitazioni temporali, ferma restando l’eventuale prescrizione delle connesse azioni di condanna.
Emiliana Matrone
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9231/2007, proposto da C. T. + 6, rappresentati e difesi dagli Avvocati Prof. Chiara Cacciavillani, Ivone Cacciavillani, Luigi Manzi ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via Confalonieri, n. 5.
contro
la Provincia di Venezia, rappresentata e difesa dall’Avvocato Francesco Caffarelli ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, Via Tigré, n. 37.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Terza, 1 agosto 2007, n. 2621.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 15 gennaio 2008, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli avv.ti Manzi, Cacciavillani e Caffarelli, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. La sentenza impugnata ha in parte dichiarato inammissibile e in parte dichiarato irricevibile il ricorso proposto dagli attuali appellanti, per l’annullamento dei seguenti atti:
a) deliberazione 2 marzo 2006, n. 20, con cui il Consiglio provinciale di Venezia aveva approvato il regolamento per l’elezione dei consiglieri provinciali stranieri aggiunti al Consiglio della Provincia di Venezia;
b) articolo 8-bis dello Statuto provinciale, introdotto con deliberazione consiliare 8 aprile 2004, n. 28, concernente la previsione della figura dei consiglieri provinciali stranieri aggiunti;
c) deliberazione 4 luglio 2006, n. 186, della Giunta provinciale di Venezia, che ha indetto l’elezione dei consiglieri provinciali aggiunti per l’aprile del 2007;
2. Gli appellanti contestano la pronuncia del tribunale e ripropongono i motivi disattesi dalla sentenza impugnata.
3. L’amministrazione resiste al gravame.
DIRITTO
1. Il Consiglio provinciale di Venezia, con la deliberazione 8 aprile 2004, n. 28, ha introdotto nello statuto dell’Ente l’articolo 8-bis, intitolato al “consigliere straniero aggiunto”, in rappresentanza di apolidi o cittadini stranieri, non appartenenti all’Unione europea.
2. La nuova norma statutaria prevede la seguente disciplina. «1. E’ istituita la figura del Consigliere Straniero aggiunto, riconoscendo ai cittadini stranieri maggiorenni, residenti nel territorio provinciale, il diritto di eleggere propri rappresentanti chiamati a partecipare ai lavori del Consiglio Provinciale con diritto di convocazione alle sedute del Consiglio Provinciale, di informazione preliminare sugli oggetti trattati, con solo diritto di parola. 2. Partecipa ai lavori delle Commissioni Consiliari permanenti e delle Commissioni Speciali con le stesse modalità previste al punto 1. 3. L’elezione della figura del Consigliere Straniero aggiunto, disciplinata da apposito regolamento, avviene, di norma, in coincidenza delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale. Questi rimane in carica per la durata del mandato dello stesso Consiglio Provinciale».
3. Il regolamento per l’elezione dei consiglieri stranieri aggiunti, cui si riferisce il punto 3 della disposizione statutaria, è stato poi approvato dal Consiglio provinciale, con la deliberazione 2 marzo 2006, n. 20.
4. L’articolo 1 del regolamento stabilisce che, ai sensi del citato art. 8-bis, al Consiglio provinciale sono aggiunti tre consiglieri stranieri, eletti secondo un sistema elettorale proporzionale, e definisce la formazione di tre collegi elettorali, elencando i Comuni inclusi in ciascuno di questi.
5. L’articolo 2 prevede l’istituzione di un ufficio centrale, cui sono affidate tutte le competenze in materia elettorale; gli articoli 3 e 4 disciplinano l’elettorato attivo ed i criteri per la formazione delle liste, mentre gli articoli da 5 a 17 regolano, nei diversi aspetti, le operazioni elettorali, e così le sezioni (art. 5), l’elettorato passivo (art. 7), la presentazione delle candidature (art. 9), l’ufficio elettorale di sezione (articoli 12 e 13), la votazione e le seguenti operazioni di scrutinio con la proclamazione dei risultati (articoli 14-17), la decadenza e la surrogazione (articoli 18 e 19).
6. L’art. 21, dopo aver riprodotto le previsioni contenute nell’art. 8-bis dello statuto, stabilisce che, per la partecipazione alle sedute del Consiglio provinciale e delle commissioni consiliari, ai consiglieri stranieri aggiunti è corrisposto il gettone di presenza e il rimborso delle spese di viaggio nella misura e con le modalità previste per i consiglieri provinciali.
7. A. T. + 8,- ciascuno «nella duplice veste di consigliere provinciale ed elettore della Provincia di Venezia» – hanno impugnato, dinanzi al competente TAR per il Veneto, il regolamento elettorale, nonché la delibera di giunta n. 186/2007, che ha indetto l’elezione dei consiglieri provinciali aggiunti per l’aprile del 2007e, per quanto possa occorrere, anche il citato articolo 8-bis, con ricorso notificato il 2 maggio 2006.
8. Secondo il tribunale, il ricorso è inammissibile, perché proposto da soggetti privi della necessaria legittimazione, e irricevibile, nella parte in cui mira a contestare un provvedimento (il regolamento elettorale), ritenuto meramente esecutivo di una precedente disposizione statutaria, concernente l’istituzione della nuova figura del consigliere straniero aggiunto, non tempestivamente impugnata.
La pronuncia ha escluso, in primo luogo, che la legittimazione dei ricorrenti possa scaturire dalla loro posizione di cittadini elettori della Provincia, “non potendo lamentare alcuna riduzione dei loro diritti elettorali; né ovviamente in tale veste – o in qualsiasi altra veste – essi possono fare valere violazioni della legalità che non siano correlate a proprie situazioni giuridiche sostanziali che si assumono lese dal provvedimento, da cui far derivare l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto: “altrimenti l’impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa” (così Cons. St., sez., IV, 28 agosto 2001, n. 4544)”.
9. Questa statuizione è contestata dagli appellanti, i quali sostengono che gli atti impugnati incidono sulla loro sfera giuridica di elettori, i quali hanno interesse, qualificato, alla regolare composizione dei collegi elettorali che formeranno l’assemblea elettiva.
10. La tesi degli appellanti è, in parte, condivisibile.
11. Va ricordato, al proposito, che la “qualità” di elettore è requisito sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso in materia di operazioni elettorali.
12. Le norme che disciplinano le modalità e i requisiti di partecipazione sono strettamente connesse allo svolgimento delle elezioni e, quindi, non può essere contestata la legittimazione dei cittadini elettori a contestare la legittimità delle determinazioni adottate dagli enti locali, suscettibili di influenzare la regolarità del procedimento.
13. Poiché la contestazione ha per oggetto immediato la legittimità delle impugnate norme statutarie e regolamentari, la questione del diritto all’elettorato attivo e passivo, che radicherebbe la giurisdizione ordinaria, resta in secondo piano e non incide sulla cognizione affidata al giudice amministrativo.
14. La sentenza ha ritenuto, poi, che nemmeno la posizione di consiglieri provinciali sia idonea a costituire idoneo titolo legittimante la proposizione del ricorso contro gli atti relativi all’istituzione della figura del consigliere aggiunto.
15. A dire della pronuncia, “Per quanto poi riguarda l’interesse all’impugnazione che i ricorrenti possono avere nella loro veste di consiglieri provinciali, va intanto ricordato come, secondo la giurisprudenza consolidata, in linea di principio i consiglieri dissenzienti non hanno un interesse protetto e differenziato a impugnare le deliberazioni dell’organismo del quale fanno parte.
In quanto tali, cioè, essi non appaiono legittimati ad agire contro l’Amministrazione di appartenenza, “dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive; sicché, un ricorso di singoli consiglieri (…) può ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere” (così Cons. St., sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7122; cfr., altresì, per ulteriori riferimenti giurisprudenziali, Tar Veneto, sez. I, 8 novembre 2006, n. 3749).
4.5. Orbene, quando gli odierni ricorrenti affrontano la questione del pregiudizio arrecato ad essi, quali consiglieri, dai provvedimenti impugnati, affermano (così la memoria 22 febbraio 2007) di essere legittimati a far valere “il riverbero negativo” che sulle loro prerogative si produce “per effetto dell’estensione della qualità di consiglieri a soggetti ai quali – in assenza di legge statale – detta qualità non può assolutamente essere conferita”.
Peraltro, quando devono dare concrete dimensioni a tali affermazioni, essi individuano, anche nelle ultime difese, un novero assai limitato – e, si vedrà, inconsistente – di siffatti pregiudizi.
In particolare, secondo i ricorrenti, ai consiglieri provinciali stranieri è riconosciuto il diritto di partecipare ai lavori del consiglio e di prendervi la parola, e ciò influirebbe in via diretta sulle prerogative dei consiglieri ordinari.
Il diritto di parola, infatti, sarebbe “assoggettato a contingentamento dei tempi”, in forza dell’art. 67 del regolamento provinciale per il funzionamento del consiglio, sicché “la sua estensione a soggetti che non possono far parte del collegio incide direttamente sul tempo assegnabile per l’esercitabilità di quel diritto … da parte dei consiglieri provinciali ordinari”.
Inoltre, proseguono i ricorrenti, il diritto di parola può essere limitato, ex art. 78 del regolamento testé citato, se lo richieda un terzo dei componenti assegnati al collegio: e se tra questi rientrano anche i consiglieri aggiunti, anch’essi concorrono a formare il quorum richiesto per la richiesta della chiusura della discussione”.
4.6.1. Ora, anche tenuto conto di tali specifiche doglianze, non sembra al collegio che lo stesso art. 8 bis – e, a fortiori, le norme del regolamento elettorale – incida direttamente sul diritto all’ufficio dei consiglieri provinciali ricorrenti, ovvero, come sostiene il ricorso, sulle loro prerogative: dal tenore della disposizione non si desume quale, di tali prerogative, sarebbe stata così revocata o anche soltanto limitata, mentre le due sole ipotetiche restrizioni, prospettate dai ricorrenti e sopra esaminate, sono insussistenti, ancor prima che ipotetiche ed eventuali.
4.6.2. Per quanto riguarda la richiesta di chiusura della discussione, l’art. 78 consente che questa sia richiesta da un terzo dei consiglieri assegnati: ma, diversamente da quanto sembrano ritenere i ricorrenti, tra questi non possono essere inclusi i consiglieri stranieri poiché, con la predetta richiesta, si esprime una volontà decisoria, ed essi non hanno diritto di voto.
Pertanto, la loro inclusione nel quorum sarebbe illegittima, e vizierebbe gli atti conseguenti; se poi si dovesse ritenere che disponesse in senso opposto, sarebbe evidentemente l’art. 78 del regolamento del consiglio provinciale ad essere illegittimo, e non l’art. 8 bis dello statuto.
4.6.3. Ugualmente, non è chiaro per quale motivo l’esistenza dei consiglieri stranieri pregiudicherebbe le prerogative dei consiglieri ordinari in relazione all’art. 67 del regolamento.
A parte che la disposizione disciplina specificatamente le comunicazioni del Presidente della Provincia, essa non prevede affatto una ripartizione del tempo degli interventi con riguardo al numero degli iscritti, ma limita invece, in certi casi, gli interventi ad un solo oratore per ciascun gruppo, per un tempo massimo di cinque minuti: la scelta dell’interveniente, interna al gruppo, non ha ovviamente nulla a che vedere con la presenza nell’assemblea di consiglieri stranieri i quali, dunque, non possono influire sulla durata degli altri interventi.
(…) Il ricorso è parimenti inammissibile per difetto d’interesse giacché, secondo quanto si è detto sopra, con l’introduzione del consigliere straniero la sfera di attribuzioni dei consiglieri ordinari non è stata in alcun modo pregiudicata, sicché essi non sono legittimati ad impugnare i relativi provvedimenti.”
16. La tesi del tribunale non è condivisibile, perché sovrappone il profilo dell’interesse al ricorso con quello della fondatezza delle censure proposte.
17. I ricorrenti di primo grado sono componenti del Consiglio Provinciale di Venezia. In tale veste, hanno certamente interesse a contestare le disposizioni statutarie e regolamentari che disciplinano le modalità di funzionamento e l’articolazione strutturale dell’organo di governo assembleare. In tal modo, essi non fanno valere un generico interesse al rispetto della legalità amministrativa, ma agiscono per tutelare la propria posizione direttamente connessa allo svolgimento dell’ufficio pubblico elettivo al quale sono preposti.
18. In base alle disposizioni contestate, i “consiglieri aggiunti” entrano a far parte, formalmente, del consiglio provinciale, seppure con poteri meramente consultivi e senza funzioni deliberative.
19. E’ indiscutibile, quindi, che la disciplina regolamentare introdotta dalla Provincia di Venezia è potenzialmente idonea ad incidere sulle modalità di svolgimento dei lavori del consiglio, toccando la sfera degli interessi dei consiglieri provinciali.
20. Pertanto, questi hanno un interesse differenziato a contestare i provvedimenti amministrativi che disciplinano la composizione del collegio di cui fanno parte e definiscono le competenze dei consiglieri aggiunti.
21. E’ appena il caso di evidenziare, peraltro, che l’accertata legittimazione dei ricorrenti di primo grado non implica alcun riconoscimento della fondatezza dei motivi proposti. Questi devono essere valutati nel merito, in relazione ai diversi aspetti prospettati dagli interessati, compresi quelli che deducono l’illegittimità degli atti proprio nella parte in cui essi determinerebbero una limitazione dei diritti e dei poteri dei consiglieri provinciali.
22. La sentenza impugnata afferma, inoltre, che il ricorso è tardivo.
23. Secondo il tribunale, la lesione prospettata dai ricorrenti è direttamente correlata alla norma statutaria (articolo 8-bis), che ha introdotto la figura del consigliere aggiunto. Pertanto, il regolamento impugnato assume valore meramente esecutivo di una determinazione non impugnata tempestivamente.
24. La sentenza ritiene che “l’art. 8 bis non sia una mera norma programmatica, generica espressione di una volontà politica, ma priva di effetti immediati nell’ordinamento.
Al contrario, la disposizione in esame istituisce direttamente e compiutamente, nei suoi elementi essenziali, la figura del consigliere straniero, di cui stabilisce sia poteri e facoltà, sia la durata del mandato, e del quale definisce altresì l’elettorato attivo e passivo: soltanto la disciplina del procedimento per la sua scelta viene rinviata ad un successivo regolamento – necessariamente dello stesso organo – il quale ha, pertanto, un contenuto meramente attuativo della disposizione statutaria.
4.1.3. Il raffronto, sostenuto dai ricorrenti mediante il richiamo alla sentenza 2 dicembre 2004, n. 372, della Corte costituzionale, tra l’art. 8 bis dello statuto provinciale e l’art. 3, comma 6, dello statuto della Regione Toscana, appare del resto improponibile. Quest’ultimo, infatti, si limita a prevedere che «la Regione promuove, nel rispetto dei principi costituzionali, l’estensione del diritto di voto agli immigrati»: e questa è una disposizione, di evidente contenuto programmatico, inidonea perciò ad attribuire direttamente posizioni di vantaggio, diversamente da quella esaminata.
4.2. Non si può dunque accogliere la tesi, proposta dai ricorrenti, che l’art. 8 bis sia divenuto lesivo a partire dal momento in cui è stato introdotto il regolamento elettorale: o lo era già prima, quando è stato approvato – e dunque i termini per impugnarlo erano già ampiamente decorsi, quando il ricorso in esame è stato proposto – o non lo è neppure adesso; (…)
Le giustificazioni, esposte nel ricorso a fondare la presunta legittimazione dei ricorrenti, comprovano definitivamente che l’unico provvedimento, da cui essi si ritengono effettivamente pregiudicati, è l’art. 8 bis dello statuto, il quale ha riconosciuto ai consiglieri stranieri il diritto di partecipazione e di parola nel consiglio provinciale.
Peraltro, secondo quanto si è prima illustrato, la disposizione è efficace dal 2004, e, dunque, sin da quel momento immediatamente lesiva dell’interesse fatto attualmente valere, senza necessità di alcun provvedimento applicativo, e segnatamente del regolamento elettorale; il quale, d’altra parte, per tale non determina alcun pregiudizio diretto per i ricorrenti, poiché non è tale regolamento a conferire agli stranieri la legittimazione ad esprimere propri rappresentanti, quanto l’art. 8 bis.
Non può allora che conseguirne l’irricevibilità “in parte qua” del ricorso, poiché il provvedimento che ha modificato lo statuto provinciale, ed ha introdotto il citato art. 8 bis, avrebbe dovuto essere impugnato, al più tardi, entro 60 giorni dalla sua pubblicazione.
5.1. A questo punto, si può agevolmente concludere che il ricorso non può trovare accoglimento anzitutto perché irricevibile, quanto all’impugnazione del menzionato art. 8 bis, e conseguentemente inammissibile, quanto all’impugnazione delle norme contenute nel regolamento elettorale, le quali presentano un contenuto meramente attuativo del primo, sicché non v’è alcun interesse alla loro autonoma caducazione.”
25. In questa parte, la pronuncia del tribunale è largamente condivisibile. Tuttavia, la sentenza sembra trascurare la considerazione delle censure basate sull’asserita nullità della contestata disposizione statutaria; né valuta la tempestività delle censure direttamente riferite al regolamento elettorale.
26. In effetti, un ampio gruppo delle censure proposte dagli attuali appellanti riguardano la validità della decisione, in sé considerata, della istituzione della figura del consigliere straniero aggiunto.
27. La determinazione adottata al riguardo dall’amministrazione è racchiusa nella delibera recante la modifica dello statuto provinciale e, pertanto, avrebbe essere dovuta essere contestata tempestivamente.
28. Gli appellanti affermano, peraltro che detta previsione statutaria:
a) avrebbe carattere meramente programmatico, limitandosi ad indicare un indirizzo politico volto alla istituzione della nuova figura del consigliere straniero aggiunto;
b) è da considerarsi radicalmente nulla, perché adottata in carenza di potere, nell’ambito di una materia riservata, dalla Costituzione, alla legislazione esclusiva statale.
29. Nessuno dei due argomenti può essere condiviso.
30. La disposizione statutaria non si limita affatto a preannunciare un possibile intervento normativo, futuro ed eventuale, ma definisce chiaramente i compiti e il ruolo di una nuova figura destinata a integrare, a determinati fini, l’organo consiliare.
31. La norma stabilisce, inoltre, che le modalità di elezione del consigliere saranno disciplinate con apposito regolamento consiliare.
32. La previsione statutaria non riguarda una mera possibilità di modificare la struttura organizzativa degli organi della Provincia, ma indica il nuovo assetto dell’Ente, che deve essere obbligatoriamente realizzato mediante i necessari provvedimenti attuativi.
33. Ne deriva, quindi, che la delibera istitutiva della nuova figura del consigliere aggiunto costituisce un atto immediate lesivo delle posizioni giuridiche dei consiglieri. L’annullabilità dell’atto deve essere fatta valere tempestivamente dagli interessati, senza alcuna necessità di attendere l’adozione del regolamento elettorale o l’indizione del procedimento elettorale.
34. Peraltro, gli appellanti prospettano anche la nullità dei provvedimenti impugnati, con particolare riguardo alla contestata disposizione statutaria, asserendo che le determinazioni adottate dalla Provincia siano adottate in difetto assoluto di attribuzioni, trattandosi di materia riservata alla legislazione esclusiva statale, ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione, il quale prevede, al riguardo, una “riserva di legge assoluta”.
35. In tale parte il ricorso, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, è certamente tempestivo, considerando che l’azione di nullità dell’atto amministrativo, nella sua generale configurazione, delineata in ambito civilistico, non è sottoposta a termini decadenziali.
36. La Sezione osserva, al riguardo, che il nuovo articolo 21-septies della legge n. 241/1990, recependo i risultati di una ricca elaborazione interpretativa, ha codificato la categoria concettuale del provvedimento amministrativo nullo, definendone i caratteri sostanziali.
37. La disposizione, tuttavia, non ha espressamente indicato la disciplina dell’azione di nullità, con particolare riguardo ai termini di decadenza o di prescrizione. La carenza di disciplina espressa, variamente criticata dalla dottrina, non impedisce di applicare, analogicamente, il nucleo essenziale delle norme contenute nel codice civile, riguardanti la nullità del contratto, nella parte in cui esse riflettono principi sistematici di portata più generale.
38. In particolare, trova applicazione la regola della imprescrittibilità dell’azione di nullità. La gravità delle patologie elencate dall’articolo 21-septies comporta che l’atto sia, in radice, inidoneo a produrre effetti giuridici. Questa assoluta inidoneità strutturale dell’atto comporta che l’interessato possa fare accertarne la nullità, senza limitazioni temporali, ferma restando l’eventuale prescrizione delle connesse azioni di condanna.
39. Ne deriva, quindi, che il ricorso di primo grado, nella parte in cui esso deduce la nullità dei provvedimenti impugnati, non può essere considerato irricevibile.
40. Secondo la Provincia, la deduzione della nullità del regolamento e della norma statutaria, in riferimento agli articoli 48 e 117, comma secondo, lettera p) della Costituzione, è compiuta ora, solo nel giudizio di appello e, pertanto, costituisce domanda nuova, inammissibile in questo grado.
41. L’eccezione non è condivisibile.
42. In primo grado, i ricorrenti hanno sostenuto la radicale nullità dei provvedimenti impugnati, svolgendo articolate deduzioni difensive, che, nel presente grado di giudizio, sono state arricchite di ulteriori argomentazioni, anche con riferimento alla indicazione delle norme costituzionali che si ritengono violate.
43. Il “titolo” della prospettata nullità concerne, in sostanza, l’asserito difetto di attribuzioni della Provincia a dettare la disciplina riguardante l’elezione dei consiglieri stranieri aggiunti. La causa petendi della domanda, letta nel suo effettivo contenuto sostanziale, è rimasta immutata in secondo grado, non essendo determinante la circostanza che soltanto in appello sia stato effettuato un esplicito richiamo alla ipotizzata violazione dell’articolo 48 della Costituzione.
44. Nel merito, tuttavia, le censure di nullità degli atti impugnati sono infondate.
45. In linea di principio, è pienamente condivisibile l’impostazione ricostruttiva indicata dagli appellanti, che richiamano, correttamente, un orientamento interpretativo consolidato, seguito anche dalla giurisprudenza consultiva di questo Consiglio (Sez. I, n. 9771/04 del 16 marzo 2005; Sez. I e II, n. 11074/04 del 13 luglio 2005, Sez. II, n. 8007 del 28 luglio 2004, riguardanti i casi dei comuni di Genova e Forlì).
46. Ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione, spetta alla legislazione esclusiva statale la materia “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.
47. La potestà autorganizzativa degli enti locali, pure riconosciuta e incoraggiata dalla stessa Costituzione, incentrata sul valore essenziale del principio autonomistico (articolo 5), è, in questa parte, subordinata alla disciplina legislativa statale, diretta a fissare regole omogenee in ambito nazionale e consentire eventuali margini di autonoma scelta ai singoli enti.
48. Le disposizioni contestate, tuttavia, se considerate nel loro effettivo contenuto, non sono destinate ad alterare la struttura e le funzioni degli organi di governo della Provincia e, segnatamente, dell’assemblea consiliare e, pertanto, non determinano alcuna concreta invasione nella sfera dei poteri normativi statali.
49. Se è vero, infatti, che la formula utilizzata dalle determinazioni adottate dalla Provincia (“consigliere provinciale aggiunto”), isolatamente considerata, potrebbe indicare un’alterazione della composizione del consiglio, la reale consistenza della figura è tale da scongiurare qualsiasi ingerenza nelle materie riservate alla legislazione statale. In altri termini, il dato formale e lessicale tende ad enfatizzare il significato latamente politico della scelta compiuta, senza, per questo, indicare, effettivamente, una modifica strutturale dell’organo di governo assembleare e delle sue funzioni “fondamentali”.
50. Le norme statutarie della Provincia di Venezia chiariscono, dettagliatamente, i compiti dei consiglieri aggiunti, che assumono connotazione partecipativa, conoscitiva e consultiva, senza assumere alcun peso determinante nella fase strettamente decisionale del Consiglio. I consiglieri aggiunti non votano alcuna delibera, non esercitano poteri di “veto”, non entrano a far parte del quorum strutturale e funzionale del consiglio.
51. Al proposito, è opportuno chiarire che, contrariamente a quanto paventato dagli appellanti, i consiglieri aggiunti non integrano affatto il quorum strutturale del consiglio. Pertanto, la loro presenza o assenza non influisce in alcun modo sulla maggioranza necessaria in funzione dell’auto-scioglimento dell’organo.
52. Inoltre, i consiglieri aggiunti non partecipano al quorum necessario per la richiesta di chiusura della discussione o per il “contingentamento” dei tempi di intervento.
53. Anche il “diritto di parola” attribuito ai consiglieri aggiunti risulta strettamente connesso alla funzione partecipativa del ruolo. Pertanto, tale diritto non comprende quello di presentare emendamenti, ordini del giorno, mozioni, trattandosi di atti riconducibili alle funzioni tipiche del consiglio quale organo di governo dell’ente.
54. Si deve escludere, allora, che un diritto di partecipazione così definito possa alterare, nella sostanza, il potere spettante al consiglio provinciale, modificando significativamente il corretto esercizio della funzione di governo dell’ente locale.
55. Dunque, le determinazioni adottate dalla Provincia di Venezia non toccano materie affidate alla legislazione esclusiva statale. Pertanto, non è configurabile la dedotta nullità degli atti per difetto assoluto di attribuzione.
56. Restano da considerare i vizi propri del regolamento impugnato.
57. Gli appellanti sostengono, anzitutto, che il regolamento sia illegittimo perché privo di copertura finanziaria.
58. La censura è infondata.
59. Il regolamento prevede alcune funzioni aggiuntive delle strutture dell’ente, demandandone la copertura alle risorse già stanziate dall’ente. Non assume particolare rilevanza il fatto che il bilancio non contempli interamente la spesa preventivata, dovendosi valutare, concretamente, la disponibilità di somme in relazione ai successivi atti esecutivi.
60. Gli appellanti affermano, ancora, che il regolamento sia illegittimo nella parte in cui esso regola la composizione dell’organo elettorale, stabilendo che esso è formato esclusivamente da dirigenti e funzionari dell’ente.
61. La censura è infondata.
62. E’ vero che, in linea di principio, la disciplina legislativa statale prevede particolari garanzie soggettive degli organi titolari delle funzioni riferite al procedimento elettorale dei consigli degli enti locali, esigendo una composizione che valorizza la provenienza “neutrale” dei membri degli uffici elettorali.
63. Ma nel caso di specie non si è in presenza di un procedimento riconducibile alla tipica funzione elettorale riguardante l’assemblea elettiva dell’ente, titolare dei poteri di governo della Provincia. Il consigliere provinciale straniero aggiunto svolge funzioni meramente partecipative alla vita pubblica dell’ente.
64. Ne consegue che l’organo elettorale può essere legittimamente costituito anche solo da funzionari dello stesso ente, senza che ciò determini alcuna potenziale lesione delle garanzie democratiche dell’organo locale.
65. In definitiva, quindi, l’appello, nella parte in cui ripropone le censure disattese dal tribunale deve essere respinto.
66. La sentenza appellata deve essere confermata, pur non essendo pienamente condivisibili le statuizioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso originario.
67. Le spese possono essere compensate, considerando la complessità delle questioni giuridiche trattate.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello, compensando le spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 gennaio 2008, con l’intervento dei signori:
– Emidio Frascione – Presidente
– Giuseppe Severini – Consigliere
– Marco Lipari – Consigliere Estensore
– Caro Lucrezio Monticelli – Consigliere
– Aniello Cerreto – Consigliere
IL PRESIDENTE
Emidio Frascione
L’ESTENSORE
Marco Lipari
IL SEGRETARIO
Agatina Maria Vilardo
Depositata in Segreteria il 9 giugno 2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
Antonio Natale