Il Consiglio di Stato, nella Decisione del 12 giugno 2008 n. 2888, osserva che l’onere di motivazione del livello qualitativo delle prove di concorso resta assolto anche con la sola attribuzione del punteggio, tanto più ove dal dato numerico possa risalirsi, in base a criteri predeterminati, ad aspetti e contenuti della prova ritenuti a tal fine rilevanti.
Inoltre, relativamente ai tempi dedicati alla correzione degli elaborati di un concorso, il Collegio soggiunge che non può essere sottoposto a censure il “tempo medio” di correzione di ogni singola prova calcolato in ragione del numero totale degli elaborati e del tempo dedicato allo loro correzione. Ed infatti, i revisori degli elaborati ben possono imbattersi in prove che, già ad una prima lettura, non presentino un livello di sufficienza, così come possono procedere anche a letture adeguatamente rapide, simultanee e coordinate dei vari elaborati, in modo da consentire anche una più significativa comparazione fra le varie prove
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato – Decisione 12 giugno 2008 , n. 2888
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 6401/2005, proposto dalla sig.ra P. D., rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Russo, con il quale selettivamente domicilia presso lo studio dell’avv. Giuliano Feliciani in Roma, Via San Saba n. 12;
contro
la REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo Baroni dell’Avvocatura regionale, con il quale elettivamente domicilia in Roma, Via Poli n. 29;
la COMMISSIONE DEL CONCORSO PUBBLICO PER ESAMI PER LA COPERTURA DI N. 52 POSTI DI “DIRIGENTE AMMINISTRATIVO” PRESSO LA REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio;
e nei confronti
dei dottori M. L., B. Z. e L. S., non costituiti in giudizio;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza n. 1307, in data 28 febbraio 2005, della Sezione III del T.A.R. per la Campania, sede di Napoli;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione intimata;
Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno della propria difesa;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 15 giugno 2007, il Consigliere Francesco GIORDANO;
Uditi gli avvocati Russo e Panariello per delega, quest’ultimo, di Baroni;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
L’attuale appellante impugna la sentenza specificata in epigrafe, con cui il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, ha respinto: a) il ricorso (n. 1215/2004) da lei proposto in primo grado, per l’annullamento in parte qua del decreto dirigenziale n. 36 del 14/1/2004, contenente l’elenco nominativo (graduatoria) relativo all’esito della prova preselettiva del concorso pubblico, per esami, indetto per la copertura di n. 52 posti di “dirigente amministrativo” presso la Regione Campania, nonché degli atti con cui la Commissione di concorso ha recepito e condiviso le “risposte esatte” indicate dal F. in riferimento ai quesiti nn. 7, 12, 20 e 40 oggetto della suddetta prova preselettiva; b) l’atto per motivi aggiunti, proposto per l’annullamento del giudizio di non ammissione della ricorrente alle prove orali del concorso, comunicato con raccomandata del 3/6/2004.
Si premette che con decreti dirigenziali nn. 14571/02 e 14678/02 fu indetto un concorso per la copertura di 52 posti di “dirigente amministrativo” presso la Regione Campania, al quale la ricorrente partecipò come interna essendo impiegata dell’Amministrazione regionale.
La sig.ra D., trovandosi, all’esito delle prove preselettive, collocata in posizione non utile per il prosieguo della procedura, propose ricorso al T.A.R. Campania, ottenendo in sede cautelare l’ammissione con riserva alle prove scritte del concorso.
In esito alla correzione delle suddette prove, la sig.a D. riportò in entrambe il punteggio di 20/30, inferiore a quello minimo (21/30) prescritto per l’ammissione alle prove orali.
Pertanto, con atto per motivi aggiunti, la stessa sig.ra D. impugnò il giudizio negativo emesso nei suoi confronti e venne nuovamente ammessa con riserva a partecipare (anche) alle prove orali del concorso in questione.
Sostenute favorevolmente le prove orali la sig.a D. si classificò, sia pure sub condicione, al …omissis… posto della graduatoria definitiva e, perciò, in posizione utile per conseguire uno dei posti messi a concorso, in virtù del meccanismo della riserva in favore degli interni.
Tuttavia, la causa promossa dinanzi al T.A.R. della Campania venne trattenuta per la decisione e definita con una pronuncia di rigetto, sia del ricorso principale che di quello per motivi aggiunti.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe la sig.a D. propone l’odierno atto di appello, affidandolo alle seguenti censure:
1) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3 e ss. L. n. 241/90). Eccesso di potere per falso presupposto, insufficiente motivazione, illogicità. Omessa considerazione di un punto saliente della controversia.
L’appellante contesta l’attribuzione del voto numerico, sotto il profilo dell’insufficiente motivazione.
2) Error in iudicando. Violazione art. 2727 Codice Civile. Insufficiente motivazione.
E’ oggetto di censura anche il “tempo medio”, dedicato dalla Commissione alla correzione degli elaborati.
3) Riproposizione dei motivi dichiarati assorbiti in primo grado.
Conclude l’istante per l’accoglimento del ricorso, con ogni conseguenza di legge.
Nella sua memoria di costituzione la Regione Campania controdeduce in ordine ai singoli motivi di doglianza, chiedendo il rigetto del ricorso in appello, con le conseguenze di legge in ordine a spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ad integrazione, infine, di quanto esposto nel ricorso introduttivo, l’appellante formula ulteriori deduzioni in una memoria successivamente prodotta, insistendo per l’accoglimento dell’appello, con ogni conseguenza di legge.
DIRITTO
L’appello è infondato e, come tale, va respinto.
Preliminarmente il Collegio condivide l’ordine logico seguito dal primo giudice, nella prioritaria trattazione del ricorso per motivi aggiunti proposto dalla sig.a D., avverso il giudizio della Commissione di non ammissione dell’interessata alle prove orali del concorso de quo.
In effetti, appare assolutamente incontrovertibile l’avviso secondo cui l’eventuale esito negativo della valutazione concernente tale fase della procedura concorsuale, renderebbe del tutto superfluo l’esame della questione posta col ricorso introduttivo, volto a sindacare la lamentata violazione della riserva dei posti messi a concorso in favore degli interni, nonché ad affermare la correttezza delle risposte date in relazione a quattro quesiti formulati dal F. nelle prove preselettive.
E’ evidente, al riguardo, che la disposta non ammissione alle prove orali della sig.a D., ove ritenuta legittima, precluderebbe comunque alla medesima l’ulteriore partecipazione alla procedura concorsuale e condurrebbe all’inevitabile assorbimento delle censure dedotte nel ricorso introduttivo, con riferimento alla fase prodromica concernente l’esito della c.d. prova preselettiva del concorso per dirigente.
Ciò premesso, va disatteso il primo motivo di doglianza dell’interposto appello, col quale l’istante ha lamentato l’insufficienza della motivazione inerente al criterio numerico di valutazione, utilizzato dalla Commissione giudicatrice nella revisione delle prove scritte del concorso.
In proposito il giudice di prime cure ha rilevato che “la Commissione aveva predeterminato e ribadito i criteri per la correzione degli elaborati scritti secondo parametri sufficientemente analitici”, come risulterebbe dal verbale n. 5 dell’11 marzo 2004 versato in giudizio.
“Inoltre, unitamente alla attribuzione del voto numerico, per ciascun elaborato, era stato formulato anche un giudizio che, con riguardo alle prove scritte della ricorrente, aveva avuto il seguente tenore: per la prima prova, <
Pertanto -ha concluso il primo giudice- “anche a voler aderire alla più rigorosa delle tesi prospettate in giurisprudenza”, “la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove (…), accompagnata dalla formulazione anche di un esaustivo ed articolato giudizio finale, rende ampiamente percepibile l’iter logico che costituisce il percorso motivazionale sintetizzato nel voto finale di insufficienza”.
Osserva il Collegio che le considerazioni svolte dal T.A.R. per la Campania meritano di essere pienamente condivise, giacché -non potendo ritenersi affatto generici i criteri stabiliti dalla Commissione per la correzione degli elaborati scritti e non ravvisandosi, quindi, la necessità di predisporre alcuna “sub-griglia” di valutazione né alcuna serie di “sottocriteri”, in quanto si rivelavano sufficientemente idonei a consentire un’adeguata ed equilibrata valutazione del contenuto delle prove d’esame, quelli riportati nel verbale n. 5 dell’11 marzo 2004- l’avere supportato il voto numerico con giudizi, sia pur sintetici, in ordine al livello qualitativo degli elaborati svolti dalla ricorrente, ha reso, ove mai ce ne fosse bisogno, vieppiù chiaro ed intelligibile, sotto il profilo motivazionale, il percorso logico seguito nella circostanza dalla Commissione giudicatrice del concorso.
Né può, del resto, ritenersi illogica o riduttiva una siffatta conclusione, ove si tenga presente il più recente orientamento, pressoché unanime, di questo Consiglio sul tema che ci occupa.
Ha statuito il giudice di appello che l’onere di motivazione del livello qualitativo delle prove di concorso resta assolto anche con la sola attribuzione del punteggio, tanto più ove dal dato numerico possa risalirsi, in base a criteri predeterminati, agli aspetti e contenuti della prova ritenuti a tal fine rilevanti (Cons. Stato, Sez. VI, 12 luglio 2006, nn. 4382 e 4390).
Quanto, poi, al rilievo concernente la “traccia” assegnata ai candidati, a cui l’appellante attribuisce carattere di punto saliente della controversia, si osserva che la pretesa ambiguità del tema -che è tutta da dimostrare e che non traspare affatto dalla sua formulazione letterale, trattandosi di un argomento volto ad impegnare i candidati sotto il profilo dell’interpretazione e della ricostruzione normativa- non ha comunque impedito ad altri candidati di partecipare con esito positivo alle prove d’esame del concorso in questione.
Priva di pregio si rivela anche l’ulteriore doglianza, che la sig.a D. aveva dedotto nei motivi aggiunti proposti in primo grado e che ora forma oggetto del secondo mezzo di gravame del presente atto di appello.
L’istante lamenta che il primo giudice avrebbe erroneamente disatteso le censure, mosse avverso l’incongruità del “tempo medio” dedicato dalla Commissione alla correzione degli elaborati di tutti i candidati e, presumibilmente, anche di quelli della D. giudicati insufficienti.
Al riguardo, il T.A.R. ha richiamato una decisione del Consiglio di Stato (Sez. IV, 17/12/2003, n. 8320) nella quale si rilevava che la censura era stata prospettata non in relazione ad un dato assoluto, vale a dire al tempo effettivamente occorso alla correzione dei compiti dell’interessato, ma ad un dato relativo, cioè ai tempi medi di correzione, e si concludeva affermando che non vi era alcuna prova o indizio dell’asserita incongruità del tempo occorso alla correzione delle prove dell’interessato, risultando dai verbali solo l’indicazione del tempo occorso alla correzione degli elaborati svolti da un certo numero di candidati.
Orbene, si osserva che nell’atto introduttivo del presente giudizio si riferisce come il tempo medio di correzione dei 348 elaborati sia stato pari a minuti 15,51.
In disparte, dunque, la considerazione che tale valore “medio” non appare eccessivamente ristretto, avuto riguardo alla preparazione ed alla competenza che si richiedono ai componenti di una commissione giudicatrice di concorso, va tenuto presente che i revisori degli elaborati ben possono imbattersi in prove che, già ad una prima lettura, non presentino un livello di sufficienza, così come possono procedere anche a letture adeguatamente rapide, simultanee e coordinate dei vari elaborati, in modo da consentire anche una più significativa comparazione fra le varie prove (cfr. C.S., Sez. VI, n. 3147/2006, cit.).
Tale modo di operare permette di realizzare economie significative e rende del tutto plausibili i “tempi medi” impiegati dalla Commissione.
Discende da quanto sopra esposto che la sentenza del giudice di prime cure merita conferma, rivelandosi del tutto inutile procedere all’esame delle ulteriori censure poste a base del terzo ed ultimo motivo di appello e che, in primo grado, avevano supportato il ricorso proposto in principalità con riguardo all’esito conseguito dalla ricorrente nelle prove preselettive.
In conclusione, con assorbimento delle censure non espressamente esaminate, l’appello va respinto perché destituito di fondamento giuridico.
Quanto alle spese di lite, si ritiene che le stesse possano essere integralmente compensate fra le parti del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, respinge il presente atto d’appello e dispone l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2007, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:
– Raffaele Iannotta – Presidente
– Raffaele Carboni – Consigliere
– Chiarenza Millemaggi Cogliani – Consigliere
– Caro Lucrezio Monticelli – Consigliere
– Francesco Giordano – Est. – Consigliere
IL PRESIDENTE
Raffaele Iannotta
L’ESTENSORE
Francesco Giordano
IL SEGRETARIO
Agatina Maria Vilardo
Depositata in Segreteria il 12 giugno 2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
Livia Patroni Griffi