Il Consiglio di Stato, nella decisione 31 marzo 2008 n. 1362, respinge l’appello con il quale la società AP Holding S.p.a. impugnava la sentenza del T.A.R. del Laziodi rigetto del ricorso proposto avverso gli atti relativi alla trattativa in corso tra la Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a. e la Air France – KLM, ai fini dell’integrazione industriale tra le due società e l’acquisizione del controllo sulla prima da parte della seconda.
Emiliana Matrone
Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 marzo 2008, n. 1362
REPUBBLICA ITALAIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 1774 del 2008, proposto da AP Holding S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. X, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma alla via Principessa Clotilde nr. 2,
contro
– la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente tempore,
– il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore,
entrambi rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliati ex lege in Roma alla via dei Portoghesi nr. 2;
– Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Y e W, con domicilio eletto presso il secondo in Roma alla via Udine nr. 6;
e nei confronti
– di Air France – KLM, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Silvano Enne, Filippo Troisi, Filippo Pacciani e Andrea Fedi, con domicilio eletto in Roma alla via XX Settembre nr. 1 (c/o Studio Legance);
– della Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pio Dario Vivone e prof. Ernesto Stajano, con domicilio eletto presso il secondo in Roma al viale G. Mazzini nr. 113;
– della Provincia di Varese, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti e Daniele Vagnozzi, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma alla via L. Bissolati nr. 76;
– del Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
– del Codacons (Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) e dell’Associazione Utenti del Trasporto Aereo, Marittimo e Ferroviario, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro termpore, rappresentati e difesi dall’avv. prof. Carlo Rienzi, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale Nazionale del Codacons in Roma, viale G. Mazzini nr. 73;
– dell’ANPAC – Associazione Nazionale Piloti Aviazione Commerciale, dell’ANPAV – Associazione Nazionale Professionale Assistenti di Volo e dell’AVIA – Assistenti di Volo Italiani Associati, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv.ti Antonio Pandiscia e Carlo Pandiscia, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma alla via dei Prefetti nr. 17;
per la riforma, previa misura cautelare
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, del 28 febbraio 2008, nr. 1861, e quindi
per l’annullamento, previa misura cautelare,
a) della decisione del Ministro dell’Economia e delle Finanze, in data 28 dicembre 2007, di cui al comunicato stampa in pari data, nr. 207, “favorevole” all’avvio di una fase di trattativa in esclusiva tra Alitalia ed Air France – KLM;
b) della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2007;
c) della nota del 10 gennaio 2008, prot. 3900, a firma del Ministro dell’Economia e delle Finanze;
d) per quanto possa occorrere, della delibera del Consiglio di Amministrazione di Alitalia del 21 dicembre 2007;
e) di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione delle Amministrazioni intimate, di Alitalia S.p.a., di Air France – KLM, della Regione Lombardia, della Provincia di Varese, del Codacons e della Associazione Utenti del Trasporto Marittimo, Terrestre e Aereo, dell’ANPAC, dell’ANPAV e dell’AVIA;
Viste le memorie prodotte in data 10 marzo 2008 dall’appellata Alitalia S.p.a. e dal Codacons e dall’Associazione Utenti del Trasporto Marittimo, Terrestre e Aereo;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio dell’11 marzo 2008, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Clarizia per l’appellante, l’avv. dello Stato D’Amato per le Amministrazioni appellate, gli avv.ti Scoca e Annoni per Alitalia S.p.a., l’avv. Enne per Air France – KLM, l’avv. Stajano per la Regione Lombardia, l’avv. Villata per la Provincia di Varese, l’avv. Rienzi per il Codacons e l’Associazione Utenti del Trasporto Marittimo, Terrestre e Aereo, l’avv. Gattamelata, in sostituzione dell’avv. Antonio Pandiscia, per ANPAC, ANPAV e AVIA;
Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 1268 dell’11 marzo 2008, con la quale è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione della sentenza impugnata;
Preso atto che le parti hanno concordemente rinunciato ai termini di legge per la definizione della causa nel merito;
Ritenuto e considerato quanto segue:
F A T T O
La società AP Holding S.p.a. ha impugnato la sentenza in epigrafe indicata, con la quale il T.A.R. del Lazio ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto avverso gli atti – anch’essi in epigrafe meglio indicati – relativi alla trattativa in corso tra la Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a. e la Air France – KLM, ai fini dell’integrazione industriale tra le due società e l’acquisizione del controllo sulla prima da parte della seconda.
Allo scopo di ribadire il proprio interesse all’impugnazione de qua, l’appellante rammenta: a) di aver partecipato alla precedente procedura competitiva, promossa dal Ministero dell’Economia delle Finanze e conclusasi con esito infruttuoso, tesa alla dismissione della quota del capitale di Alitalia S.p.a. detenuta dallo stesso Ministero; b) di aver partecipato anche alla successiva fase, gestita direttamente da Alitalia S.p.a., avviando con quest’ultima contatti, poi interrottisi a seguito della decisione di privilegiare la trattativa in via esclusiva con la compagnia Air France – KLM; c) di aver comunque chiesto, sia agli organi sociali di Alitalia S.p.a. che alle Amministrazioni oggi appellate, che la trattativa venisse estesa anche ad essa appellante, con esito infruttuoso.
Ciò premesso, a sostegno delle proprie ragioni l’appellante:
– ha preliminarmente contestato la distinzione, su cui si fonda la sentenza impugnata, tra una prima fase pubblicistica, gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e finalizzata alla dismissione della (sola) partecipazione pubblica in Alitalia, con conseguente necessità di una procedura selettiva, e una successiva fase privatistica, nella quale Alitalia S.p.a., quale soggetto imprenditore, si sarebbe mossa liberamente sul mercato per cercare un soggetto con cui attuare un’integrazione industriale ai fini del rilancio e del risanamento dell’azienda (notoriamente in situazione di gravissima crisi);
– ha osservato, al riguardo, che l’Autorità governativa è stata parte attiva e sostanziale anche della seconda delle “fasi” suindicate, venendo chiamata in causa nel corso della trattativa con Air France – KLM ed esprimendo anche il proprio parere favorevole sulla stessa;
– più specificamente, ha rilevato l’erroneità della sentenza gravata quanto alla ipotizzata violazione dei principi rivenienti dall’art. 1 del d.l. 31 maggio 1994, nr. 332, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 1994, nr. 474, violazione che il giudice di primo grado aveva escluso proprio sulla base della richiamata distinzione concettuale tra fase pubblicistica e fase privatistica, laddove era evidente che l’operazione in itinere avrebbe comportato necessariamente anche la cessione della partecipazione pubblica ad Alitalia S.p.a., con la conseguente necessità di seguire modalità trasparenti e non discriminatorie – come imposto dalla norma testé citata e confermato anche dalla disposizioni del D.P.C.M. 3 febbraio 2005, specificamente riferite ad Alitalia S.p.a. -, necessità inevitabilmente frustrata dalla decisione di trattare per due mesi in esclusiva con un singolo e unico soggetto;
– ha osservato, ancora, che la tesi difensiva condivisa dal T.A.R. laziale, secondo cui la trattativa de qua sarebbe unicamente finalizzata alla ricerca di soluzioni di “integrazione aziendale” ovvero di “partnership industriale” (in disparte la vaghezza di contenuti di siffatte formule), risultava smentita dal coinvolgimento dell’Autorità ministeriale e governativa, il cui intervento con espressione di parere favorevole alla trattativa – peraltro espressamente richiesto da Air France – KLM – non avrebbe trovato alcuna ragionevole spiegazione, se non nella prospettiva di avallare un modus procedendi risolventesi in sostanziale aggiramento delle norme più sopra indicate e degli obblighi procedimentali che esse imponevano;
– ha di poi stigmatizzato l’affermazione del giudice di prime cure, secondo cui gli impugnati atti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Consiglio dei Ministri non sarebbero lesivi in quanto non comportanti alcun impegno vincolante alla futura cessione della partecipazione pubblica in Alitalia, evidenziando altresì che tale valutazione era banale, non essendo stata formulata ancora alcuna offerta vincolante da parte di Air France – KLM, ma che la lesività degli atti de quibus si sostanziava – appunto – nell’aver legittimato la trattativa in esclusiva, vanificando a monte le ridette esigenze di trasparenza e parità di informazioni;
– ha censurato la pronuncia di parziale inammissibilità del ricorso di primo grado, motivata proprio col non essere ancora intervenuta l’offerta vincolante di Air France – KLM e con la possibilità di un futuro inserimento di altri soggetti (ivi compresa l’odierna appellante) al momento della successiva offerta pubblica di acquisto o di scambio – necessaria ai fini della cessione della partecipazione pubblica -, sottolineando che la precostituzione di una posizione di privilegio a favore di Air France – KLM, a seguito della trattativa in esclusiva intrapresa con quest’ultima e della conseguente asimmetria informativa (avendo avuto modo la controinteressata, come è evidente, di accedere a ben maggiori dati in ordine alla situazione patrimoniale e alle esigenze imprenditoriali di Alitalia S.p.a.), avrebbe reso di fatto impossibile la formulazione di offerte concorrenti da parte di chiunque altro;
– ha lamentato la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il T.A.R., andando al di là di quanto chiesto in ricorso, espresso un giudizio di favorevole apprezzamento in ordine alle modalità della trattativa in questione anche sotto il profilo del rispetto dei principi civilistici di correttezza e buona fede;
– ha, infine, riproposto i motivi di ricorso non scrutinati in primo grado, con riferimento rispettivamente all’assenza di continuità tra la prima fase di dismissione della partecipazione pubblica in Alitalia (svoltasi – come detto – mediante procedura competitiva, alla quale Air France – KLM non aveva partecipato) e la seconda, condotta direttamente dalla società con le modalità anzi dette, ed alla circostanza, confermativa della scarsa trasparenza della trattativa, che quest’ultima abbia quale interlocutore un soggetto legato ad Alitalia S.p.a. da rilevanti interessi commerciali e imprenditoriali.
Pertanto, l’appellante ha concluso per la riforma della sentenza gravata, previa sua sospensione cautelare, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.
Resistono la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, opponendosi all’accoglimento dell’appello e chiedendo la conferma della sentenza impugnata; altrettanto ha fatto l’appellata Alitalia S.p.a. con propria articolata memoria, nella quale ha premesso la propria ricostruzione storica della vicenda per cui è causa.
Si sono costituiti, inoltre:
– la controinteressata Air France – KLM, la quale ha preliminarmente eccepito la carenza d’interesse all’impugnazione in capo all’appellante e il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e nel merito si è anch’essa motivatamente opposta all’accoglimento dell’appello;
– la Regione Lombardia e la Provincia di Varese, le quali, dopo aver ribadito il proprio interesse nel giudizio – con riferimento ai rilevanti interessi territoriali coinvolti nella vicenda, in particolare a seguito della decisione di ridimensionare drasticamente il traffico aereo di Alitalia sullo scalo di Malpensa -, si sono associati alle doglianze di parte appellante, chiedendone l’accoglimento;
– il Codacons, l’Associazione Utenti del Trasporto Marittimo, Terrestre e Aereo, l’ANPAC (Associazione Nazionale Piloti dell’Aviazione Commerciale), l’ANPAV (Associazione Nazionale Professionale Assistenti di Volo) e l’AVIA (Assistenti di Volo Italiani Associati), già interventori in primo grado, che hanno invece concluso per la conferma della sentenza impugnata.
Alla camera di consiglio dell’11 marzo 2008, questa Sezione ha respinto la domanda di sospensione della sentenza appellata; nella medesima circostanza, le parti hanno rinunciato ai termini di legge per la definizione nel merito della causa, che è stata quindi introitata per la decisione.
D I R I T T O
1. In ordine logico, appare prioritario l’esame della questione inerente alla sussistenza o meno, nella specie, della giurisdizione del giudice amministrativo: questione solo incidentalmente affrontata dal giudice di prime cure, e qui riproposta dall’appellata Air France – KLM, che trae argomento anche dalle affermazioni contenute nella stessa sentenza impugnata in ordine alla natura eminentemente privatistica e paritetica che caratterizzerebbe la trattativa che attualmente impegna Alitalia S.p.a. e la stessa Air France – KLM, in contrapposizione alla precedente procedura competitiva promossa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
La questione, invero, postula necessariamente la risoluzione del problema – centrale nella presente controversia – di quale sia la natura giuridica della trattativa predetta, e quindi degli atti, anche di promanazione governativa, impugnati da AP Holding S.p.a.
1.1. Al riguardo, può anticiparsi sin d’ora che il Collegio condivide, nelle sue linee essenziali, l’impostazione della sentenza impugnata in ordine al diverso atteggiarsi delle due “fasi” sopra indicate: la prima, a carattere pubblicistico, tesa alla dismissione della quota di capitale di Alitalia S.p.a. detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, e condotta mediante procedura competitiva; la seconda, gestita da Alitalia S.p.a. attraverso gli organi sociali d’intesa con i propri advisors e avente a oggetto la ricerca, in una logica imprenditoriale, di soggetti con i quali avviare operazioni di integrazione e partnership industriale, ai fini del rilancio e del risanamento dell’azienda.
Giova, in particolare, precisare che le due “fasi” testé indicate si situano all’interno di un più ampio e risalente percorso volto a superare la situazione di grave crisi in cui Alitalia S.p.a. versa almeno dal 2006 (se non da epoca anche anteriore); tale percorso, sulla scorta della documentazione versata in atti, può così sinteticamente ricostruirsi:
i) già nel settembre del 2006, in sede di approvazione dell’aggiornamento del piano industriale per il biennio 2006-2007, veniva reso noto l’intento dell’azienda di realizzare intese con altri vettori (intento che, quindi, è addirittura antecedente lo stesso tentativo di collocare sul mercato la partecipazione pubblica in Alitalia);
ii) a seguito di deliberazione del Consiglio dei Ministri del 1 dicembre 2006, veniva pubblicato l’invito a manifestare interesse all’acquisto di una quota non inferiore al 30 % del capitale di Alitalia S.p.a. e di nr. 1.207.147.404 obbligazioni convertibili del prestito “Alitalia 7,5 % 2002–2010 convertibile”, dando inizio alla procedura competitiva tesa alla dismissione dell’indicata partecipazione pubblica;
iii) quest’ultima si concludeva, dopo aver visto in una prima fase la partecipazione di numerosi soggetti dichiaratisi interessati, con l’indisponibilità manifestata da AP Holding S.p.a. – ultimo concorrente rimasto in gioco – a sottoscrivere il contratto definitivo di acquisto trasmessogli in bozza dall’Amministrazione (in particolare, a causa della ritenuta eccessiva brevità del termine ivi previsto per la sottoscrizione degli accordi con le associazioni sindacali);
iv) a seguito di ciò, con comunicato del 31 luglio 2007, il Consiglio dei Ministri confermava l’intento di cedere il controllo di Alitalia S.p.a. e, tuttavia, nel prendere atto dell’esito infruttuoso della procedura selettiva, rimetteva ogni ulteriore determinazione agli organi direttivi della società, auspicando che si procedesse a individuare soggetti disponibili ad acquisire il controllo della stessa nonché a promuoverne il risanamento;
v) successivamente, il consiglio di amministrazione di Alitalia S.p.a. deliberava il Piano Industriale 2008 – 2010, definito anche “piano di sopravvivenza/transizione” (deliberazioni del 30 agosto e del 7 settembre 2007);
vi) contestualmente era avviata, d’intesa con gli advisors della compagnia, l’attività tesa all’individuazione di potenziali investitori, al fine di valutarne gli eventuali progetti industriali e di verificarne la compatibilità con gli obiettivi di risanamento e rilancio dell’azienda (attività sfociata, poi, nella trattativa in esclusiva con Air France – KLM che forma oggetto del presente contenzioso).
Se tale è stato l’iter cronologico, può convenirsi con il giudizio del T.A.R. del Lazio, che ha ritenuto le attività da ultimo richiamate sub vi) ontologicamente diverse dalla procedura competitiva descritta, invece, ai punti ii) e iii); non solo e non tanto per la diversità dei soggetti “attori” (l’Autorità pubblica nella prima “fase”, Alitalia S.p.a. jure privatorum nella seconda), ma per la diversità di oggetto delle due procedure: la prima limitata alla cessione del capitale pubblico di Alitalia S.p.a., e quindi soggetta alle disposizioni in materia di dismissioni delle partecipazioni pubbliche ex d.l. 31 maggio 1994, nr. 332, convertito nella legge 30 luglio 1994, nr. 474, la seconda estesa a un piano di risanamento dell’azienda nel suo complesso, con la conseguente cessione totale del suo controllo, e come tale governata unicamente da norme e principi civilistici.
1.2. Parte appellante contesta la ricostruzione appena proposta, evidenziando come la cessione totale di Alitalia S.p.a. non potrà non comportare anche la dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, di tal che il considerare la trattativa in atto come di mera rilevanza privatistica non sarebbe altro che una fictio, una “dissimulazione” tesa a coprire un’operazione di cessione (anche) di capitale pubblico condotta in sostanziale aggiramento dei principi di trasparenza e par condicio cui dovrebbe in ogni caso sottostare (prova di ciò si ritiene di rinvenire proprio negli atti di promanazione governativa oggetto di impugnazione, sollecitati dalla stessa Air France – KLM).
Per converso, dalla medesima ricostruzione la controinteressata Air France – KLM trae conseguenze del tutto opposte, evidenziando la carenza di contenuti pubblicistici negli atti testé indicati e, pertanto, l’insussistenza della giurisdizione del giudice adito.
Questo Collegio non intende eludere la delicata questione connessa alla profonda compenetrazione di rilevanti interessi pubblici con la trattativa Alitalia S.p.a./Air France – KLM, pur nella connotazione privatistica e paritetica che – come detto – la caratterizza: tale peculiare compenetrazione è evidente fin dapprincipio, allorché il Consiglio dei Ministri, nella già citata comunicazione del 31 luglio 2007, pur rimettendosi integralmente all’azione sul mercato della nuova direzione di Alitalia, nel contempo si riservò espressamente le proprie valutazioni in ordine alle “modalità tecniche di cessione del controllo” che sarebbero state in concreto proposte.
Sul punto, il giudice di prime cure ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo proprio in ragione di questo profondo intreccio tra l’interesse aziendale al risanamento che guidava l’azione di Alitalia S.p.a. nella ricerca di un partner e le esigenze di carattere pubblicistico che in ogni caso andavano salvaguardate, stante il ruolo primario svolto dalla compagnia nell’espletamento di un servizio essenziale di pubblica utilità: in particolare, si legge nella sentenza appellata che le decisioni del 28 dicembre 2007, con cui era comunicato il “parere favorevole” del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia e delle Finanze alla trattativa in esclusiva con Air France – KLM, pur non avendo – né potendo avere – carattere di impegno vincolante a una futura cessione, sono innegabilmente connotate da “forte orientamento al pubblico interesse”, proprio nella misura in cui concretizzano quell’intervento in funzione di controllo circa la salvaguardia di fondamentali esigenze pubblicistiche, che il Governo si era espressamente riservato.
Insomma, comunicando il proprio orientamento favorevole alla trattativa in questione, il Governo esprimeva un primo giudizio sulla compatibilità del piano industriale prospettato da Air France – KLM con i rilevantissimi interessi pubblici che esso Governo era chiamato a tutelare anche in vista della successiva procedura di dismissione, scongiurando il rischio che una lunga e complessa contrattazione potesse poi, alla fine, rivelarsi inidonea a sfociare in un accordo praticabile, con la conseguente sostanziale certezza – dato il tempo inutilmente impiegato in tale contrattazione – di rendere irreversibile la crisi di Alitalia S.p.a. (un rischio, invero, che la stessa Air France – KLM si era rappresentata, al punto da sollecitare essa stessa il parere “preventivo” dell’azionista pubblico).
Non appare pertanto contraddittorio, rispetto a quanto fin qui affermato in ordine alla natura giuridica della trattativa de qua, ribadire il carattere amministrativo e autoritativo dei provvedimenti impugnati, con conseguente radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Venendo al merito delle censure svolte dall’appellante, gli argomenti fin qui sviluppati inducono il Collegio a concludere nel senso di una loro integrale infondatezza.
2.1. Ed invero, se non appare contestabile la ricostruzione del quadro normativo di riferimento proposta da parte appellante, non sono invece condivisibili in punto di fatto le conclusioni cui essa perviene in ordine sia alla illegittimità che alla attuale lesività degli atti impugnati.
Infatti, non è revocabile in dubbio che il d.P.C.M. 3 febbraio 2005, specificamente dedicato alla disciplina delle procedure di dismissione della partecipazione pubblica in Alitalia S.p.a., va letto nella “cornice” dei principi generali rivenienti dalla già citata legge nr. 474 del 1994 – che il predetto decreto, oltre tutto, richiama in premessa -, con la conseguente necessità che le procedure di dismissione, quali che siano in concreto, rispettino le prescrizioni generali di non discriminazione, trasparenza e concorrenzialità (in tal senso dovendo concordarsi col giudice di primo grado sulla infondatezza della doglianza, ancorché proposta in via subordinata, di illegittimità del citato d.P.C.M.).
Tuttavia, per un verso tale normativa – come evidenziato nella sentenza impugnata – non è applicabile a una trattativa puramente privatistica, e per altro verso, con riguardo alle operazioni specificamente prodromiche alla cessione della partecipazione pubblica in Alitalia nonché a quelli che ne sarebbero stati gli sviluppi successivi, va escluso che i principi sopra indicati siano stati in fatto violati.
2.2. Vale la pena di approfondire il secondo dei profili da ultimo richiamati (mentre quanto al primo possono richiamarsi le ampie considerazioni che si sono svolte, in condivisione della sentenza impugnata, in ordine alla natura giuridica della seconda “fase”).
Infatti, parte appellante si duole del periodo di trattativa in esclusiva che Alitalia S.p.a., con l’avallo dell’Autorità governativa, avrebbe riconosciuto ad Air France – KLM, sottolineandone gli effetti sperequativi e discriminatori anche in vista della eventuale e successiva presentazione di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio finalizzata all’acquisto della partecipazione pubblica, ai sensi del più volte citato d.P.C.M. 3 febbraio 2005.
Tuttavia, siffatte doglianze pretermettono una serie di dati fattuali estremamente significativi, che è dato invece evincere dalle deduzioni di controparte e dalla documentazione in atti, e alla luce dei quali può escludersi con tranquillante certezza che vi siano stati, o possano esservi in futuro, i paventati effetti discriminatori.
Si vuole sottolineare, insomma, che anche la seconda delle due “fasi” più volte individuate, pur non dovendo per sua natura sottostare necessariamente alle disposizioni della legge nr. 474 del 1994, si è caratterizzata, nella misura in cui è destinata a sfociare (anche) nella dismissione della partecipazione pubblica, per assoluto rispetto dei principi generali di trasparenza, concorrenzialità e parità di trattamento tra gli operatori interessati.
In questo senso, appare tutt’altro che inconferente – contrariamente all’assunto di parte appellante – il rilievo contenuto nella sentenza di primo grado secondo cui anche la cosiddetta “fase privatistica”, per le modalità con cui si è svolta in concreto, è stata pienamente rispettosa dei principi di correttezza e buona fede che informano i rapporti interprivati.
2.3. Sul punto può osservarsi in primo luogo, come evidenziato da Alitalia S.p.a., che al principio della fase de qua l’appellante AP Holding S.p.a. non poteva dirsi posta in condizione di svantaggio rispetto ad altri soggetti potenzialmente interessati alla trattativa, potendo anzi a buon diritto ritenersi che – all’opposto – essa godesse già in partenza di un surplus di informazioni, avendo partecipato (al contrario di altri, e segnatamente di Air France – KLM) alla procedura competitiva tenutasi in precedenza, e pertanto avendo avuto accesso a una gran quantità di dati e documenti relativi alla situazione patrimoniale ed alle esigenze industriali di Alitalia: e, anzi, tale patrimonio di pregresse conoscenze era tanto più profondo e utile in quanto AP Holding – come detto – era giunta a un passo dalla sottoscrizione del contratto definitivo di acquisto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (rinunciandovi, poi, per le ragioni sopra richiamate).
Pertanto, se anche potrebbe essere avventato assumere che ab initio AP Holding si trovasse addirittura in posizione di vantaggio rispetto ad altri potenziali aspiranti acquirenti, non è però inverosimile affermare che le informazioni acquisite potevano renderle quanto meno più agevole e rapida la predisposizione di nuove offerte.
Ma, quel che più conta, anche le successive attività di “sondaggio” del mercato, di ricerca di possibili interlocutori e di stimolo alla presentazione di offerte risultano condotte da Alitalia S.p.a. in maniera per nulla anticoncorrenziale o discriminatoria; dette attività, infatti, risultano per tabulas essersi snodate attraverso le seguenti tappe:
I) inizialmente, vi è stata una serie di contatti preliminari e informali (anche a mezzo telefono) con ben 28 operatori, ivi compresi tutti quelli che avevano partecipato alla precedente procedura selettiva;
II) di questi, solo 7 si sono detti interessati ad approfondire i contatti con Alitalia; il numero si riduceva poi a tre (fra cui AP Holding e Air France – KLM), essendo risultati gli altri privi delle necessarie garanzie di affidabilità;
III) a questo punto, Alitalia S.p.a., con l’ausilio degli advisors, poneva in essere le condizioni idonee a consentire ai tre soggetti rimasti di formulare offerte non vincolanti, predisponendo una Data Room informatica cui gli interessati potevano accedere (ma ad essi venivano inviate, in seguito, anche tutte le ulteriori informazioni eventualmente richieste) e quindi inviando loro un documento (“term sheet”) contenente la specifica indicazione degli elementi da considerare nella formulazione dell’offerta non vincolante: è appena il caso di assumere che le informazioni così fornite in maniera paritaria ai tre operatori interessati non concernevano il semplice acquisto della partecipazione pubblica, ma dovevano servire alla predisposizione di un piano industriale su cui avviare la successiva trattativa;
IV) nel suddetto “term sheet” era precisato, altresì: a) che la successiva integrazione industriale sarebbe avvenuta mediante offerta pubblica di acquisto o di scambio rivolta a tutti gli azionisti di Alitalia S.p.a.; b) che, esaurita la fase delle proposte non vincolanti con l’individuazione di quella ritenuta più adeguata, si sarebbe sviluppato con l’operatore così individuato un periodo di trattativa in esclusiva, la cui durata era rimessa all’indicazione dell’operatore stesso;
V) tutti e tre gli operatori interessati presentavano una proposta non vincolante (AP Holding, in particolare, dopo aver chiesto e ottenuto una proroga del termine di scadenza originariamente fissato);
VI) nella seduta del 21 dicembre 2007, il consiglio di amministrazione di Alitalia esaminava le tre offerte pervenute, esprimendo – per quanto qui interessa – “apprezzamento negativo” per quella dell’odierna appellante, ritenuta non adeguata agli obiettivi di risanamento e rilancio che ci si proponeva, e individuando invece come “appropriata” quella di Air France – KLM;
VII) si apriva così la fase di trattativa in esclusiva con l’operatore così individuato, della durata di due mesi.
È appena il caso di sottolineare che, fino a questo momento, nessuna sperequazione informativa era stata posta in essere da Alitalia S.p.a. a vantaggio o a danno di alcuno dei potenziali interessati, e che l’odierna appellante non risulta aver eccepito alcunché in ordine al giudizio di inadeguatezza espresso in ordine al piano industriale che aveva proposto (né – può aggiungersi – censure al riguardo risultano formulate nel presente giudizio, laddove ci si duole soltanto di irregolarità procedimentali).
2.4. A quanto fin qui osservato può aggiungersi, con riguardo alla successiva fase della eventuale presentazione di offerta pubblica da parte di Air France – KLM (a tutt’oggi ancora da svolgersi), che anche questa si svolgerà in modo da garantire la piena concorrenza sul mercato, consentendo a tutti gli operatori potenzialmente interessati (ivi compresa l’odierna appellante), una volta reso noto il documento informativo con l’indicazione dettagliata dei termini dell’offerta pubblica de qua ai sensi della vigente normativa in materia, di presentare controfferte meritevoli di considerazione.
Anche per queste ragioni, nella sentenza impugnata, si evidenzia la mancanza di lesività attuale degli atti impugnati, stante la ricordata mancanza, allo stato, di qualsivoglia impegno vincolante da parte dell’Amministrazione.
2.5. Resta da approfondire tuttavia, al di là di quanto fin qui rilevato, la questione della legittimità in sé del periodo di ben due mesi di trattativa riservata di cui Air France – KLM avrebbe, a dire dell’appellante, indebitamente beneficiato: ciò in quanto – sempre ad avviso di AP Holding – sarebbe proprio in tale periodo che si sarebbe consolidata a favore della stessa Air France – KLM una posizione di vantaggio tale, in forza della “asimmetria informativa” venutasi a creare rispetto a qualsiasi altro operatore, da rendere di fatto impossibile che chiunque altro possa formulare offerte competitive.
Orbene, il Collegio reputa che la circostanza testé richiamata non sia tale da autorizzare l’ipotesi, paventata da parte appellante, di un surrettizio aggiramento dei più volte citati principi di trasparenza e concorrenza in vista della successiva dismissione della partecipazione pubblica in Alitalia; ciò non solo in considerazione dei dati di fatto sopra ricordati, ma anche tenuto conto proprio di quelle ineludibili esigenze di salvaguardia degli interessi pubblici che, come si è detto, nella specie sono strettamente intrecciati agli interessi di natura privatistica, connessi alle necessità di risanamento e rilancio dell’azienda, che Alitalia S.p.a. ha perseguito.
Tali esigenze, invero, non potevano non comportare un’attenta e puntuale verifica dell’adeguatezza del piano industriale proposto – perché questo, e non altri, è l’oggetto della contestata trattativa -, quale che fosse l’operatore da cui questo proveniva; una verifica, quest’ultima, che non avrebbe potuto prescindere da una fase di contraddittorio diretto tra società e potenziale acquirente.
Del resto, non sono ignoti al nostro ordinamento meccanismi tramite i quali, laddove vi sia necessità di individuare un’offerta da assumere a parametro di base per il successivo svolgimento di una procedura selettiva, tale offerta, una volta prescelta, sia oggetto di modifiche e adeguamenti in contraddittorio tra offerente e Amministrazione, al fine di renderla pienamente aderente alle esigenze di quest’ultima: il richiamo immediato – ferme restando le diverse peculiarità della fattispecie, trattandosi in questo caso di vera e propria procedura di evidenza pubblica – è alla normativa in materia di project financing, e in particolare alla peculiare disciplina che connota la fase della scelta del promotore, laddove, pur nell’ambito di un iter procedimentalizzato (al punto che esso, secondo la prevalente giurisprudenza, fa tutt’uno con la successiva fase della gara vera e propria, malgrado la forte discrezionalità che ne caratterizza le valutazioni), è lo stesso legislatore a riconoscere che alla proposta individuata come la più conveniente possano essere apportate, d’intesa con la P.A., modifiche e correzioni che non ne stravolgano l’impianto di base (art. 154 d.lgs. 12 aprile 2006, nr. 163).
Insomma, poiché nella specie il problema era di individuare, prima della formulazione di un’offerta pubblica, un piano industriale che fosse il più possibile funzionale agli obiettivi di risanamento e rilancio di Alitalia S.p.a., a questo serviva la previsione di un periodo di trattativa in esclusiva con l’offerente che sarebbe stato individuato (e di ciò la stessa AP Holding si sarebbe avvalsa, se la sua proposta non fosse stata giudicata inadeguata già nella fase di valutazione delle offerte non vincolanti); né sembra possa affermarsi, tenuto conto di quanto osservato in ordine alla piena trasparenza e parità informativa che ha informato le fasi precedenti, e che per legge avrebbe necessariamente connotato anche quelle successive alla formale presentazione di un’offerta pubblica vincolante, che tale periodo possa ex se aver alterato l’assetto pienamente concorrenziale in cui si è svolta l’intera procedura per cui è causa.
3. I rilievi fin qui svolti danno integrale conto dell’infondatezza di tutte le censure articolate dall’appellante.
Ad essi, tuttavia, può aggiungersi ad abundantiam, con riguardo alle doglianze di cui si è lamentata l’obliterazione in primo grado:
– che non costituisce affatto motivo di illegittimità, come è ormai facilmente comprensibile alla luce della loro profonda diversità ontologica, la soluzione di continuità esistente tra le due “fasi” più volte citate (quella del tentativo di dismissione della partecipazione pubblica in Alitalia S.p.a. e quella della ricerca di un operatore con cui realizzare obiettivi di integrazione industriale);
– che l’esistenza di interessi commerciali comuni tra i due soggetti attori della trattativa, al di là del carattere suggestivo del rilievo, non aggiunge e non sottrae nulla alla validità e alla correttezza della trattativa medesima, per le ragioni sopra evidenziate.
5. È appena il caso di aggiungere che, delle numerose doglianze esaminate nel presente giudizio, nessuna investe neanche direttamente la questione del ridimensionamento del traffico aereo di Alitalia sullo scalo di Malpensa: decisione, quest’ultima, risalente al “piano industriale di sopravvivenza/transizione” approvato dal consiglio di amministrazione il 7 settembre 2007, e quindi ben anteriore all’individuazione di Air France – KLM quale possibile interlocutore e da essa del tutto autonoma, siccome dettata dalla constatazione delle gravissime perdite economiche causalmente riconducibili soprattutto a tale operatività.
Tanto si precisa non già per mettere in discussione i rilevanti interessi economici e territoriali che hanno determinato la presenza in giudizio della Regione Lombardia e della Provincia di Varese (sulla cui ammissibilità ci si riporta a quanto affermato nella sentenza impugnata), ma al fine di sgombrare il campo da suggestioni rinvenibili anche negli scritti difensivi delle due Amministrazioni da ultimo citate, oltre che – e più diffusamente – nella “vulgata” mediatica relativa alla vicenda che occupa (talora influenzata, forse, anche dall’odierna congiuntura elettorale), in forza delle quali si ascrivono pressoché esclusivamente al progetto industriale di Air France – KLM sia la suddetta decisione “strategica” relativa allo scalo di Malpensa, sia soprattutto le sue prevedibili ricadute sull’economia e sui livelli occupazionali delle zone a detto scalo interessate.
6. Attesa l’evidente complessità delle questioni trattate, sussistono certamente giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, respinge l’appello.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11 marzo 2008 con l’intervento dei signori:
(omissis)