Ai sensi dell’art. 5, comma 3, del decreto legislativo n. 66 del 2003 il datore di lavoro non può fare eseguire ai propri dipendenti lavoro straordinario oltre le 250 ore annue ovvero oltre i diversi limiti temporali stabiliti dalla contrattazione collettiva.
Il superamento dei predetti limiti quantitativi e tipologici è soggetto alla sanzione amministrativa da € 25,00 a € 154,00; inoltre, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata nel corso dell’anno solare per più di cinquanta giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da € 154,00 a € 1.032,00 e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.
Per tale violazione non trova applicazione l’istituto della diffida di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004.
L’art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 2003 stabilisce che “il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi”.
La violazione della disposizione è punita con la sanzione amministrativa da € 25,00 a € 154,00; inoltre, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata nel corso dell’anno solare per più di cinquanta giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da € 154,00 a € 1.032,00 e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.
Per quanto concerne la definizione dell’illecito mediante diffida a regolarizzare, non sembrano sussistere ostacoli all’utilizzo della stessa, considerata sia la natura omissiva delle fattispecie contemplate, sia la possibilità di recuperare agevolmente l’interesse protetto.